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Il Padre liberatore e l’Esodo verso la libertà

di Claudio Risé - Riccardo Caniato - 08/04/2013


padre

Professore, un nuovo libro sul padre, perché è urgente parlarne?
Perché (tra l’altro) è un’emergenza sociale. «Dobbiamo fare di più per incoraggiare la paternità. Ciò che fa di te un uomo non è la capacità di generare un figlio. È il coraggio di crescerlo. Famiglie forti creano comunità forti». Non sono parole di un conservatore attardato, ma del Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale ha sentito il bisogno di dirle e insistervi nel suo recente Discorso sullo Stato dell’Unione, il primo dopo la rielezione (contraddicendo così altre sue note posizioni sulla famiglia, maggiormente destinate alla propria immagine mediatica). Gli Stati più avanzati (anche nella disgregazione familiare) devono però riconoscere – seppur tra mille contraddizioni – il loro “bisogno di padre”, almeno per evitare guai peggiori.
L’Occidente è impantanato in una liquidazione (in parte autoliquidazione) della figura e responsabilità paterna che ha contribuito alla disgregazione familiare, al crescente disagio psicologico, e all’avvento di quella “società liquida” nella quale identità e sentimenti perdono le proprie forme trasformando il campo delle relazioni in quella “terra di nessuno” di cui parla Pietro Barcellona nella forte prefazione che ha fatto al mio libro.

Nel suo libro risale a un archetipo paterno rintracciabile nell’arco della cultura occidentale dall’Esodo e dal Cristianesimo fino a noi… Che cosa incarna questo archetipo?
Rappresenta la figura dell’origine e dello sviluppo umano. Il Padre che ti mette nel mondo, ti riaccoglie e ti conforta nel corso della vita, fornendoti le energie e direzioni necessarie a rimanere liberamente capace di amare e donare, e aiutandoti a capire il senso della perdita, e anche della morte.

Come è vista la figura del padre oggi, perché è profondamente in crisi?
Fondamentalmente perché il modello tecnoscientifico oggi dominante nella cultura occidentale rifiuta l’idea dell’uomo come “creatura”, e accarezza l’idea di un’umanità onnipotente e superiore a tutto. Da qui la rivolta contro il Padre archetipico, Dio (considerato il prodotto dell’immaginazione di pochi squilibrati), e l’emarginazione della sua temporanea controfigura umana, il papà.

Da questa crisi del padre lei fa dipendere anche la crisi della coppia, della famiglia e dei giovani che attraversa la società contemporanea…
Senza il padre lo sviluppo della stessa capacità di relazione viene fortemente limitato. Le statistiche dei malesseri psichici che colpiscono le attuali società senza padri lo provano ampiamente.
Il disturbo di personalità narcisistico è oggi presente in modo endemico nel mondo occidentale, ed ugualmente diffuse sono le molte forme di disturbo presenti nel cosiddetto “spettro autistico”. Entrambi i disagi riducono e in qualche caso annullano la capacità di relazione, sostituendola con dipendenze più o meno feroci.
All’origine di tutto ciò ha grande importanza l’assenza di un padre capace di aiutare il figlio ad uscire dalla simbiosi con la madre, nella quale si trova nella formazione prenatale e subito dopo la nascita. La simbiosi si trasforma poi in una fusione psicologica e affettiva, di grande rilievo nel primo periodo della vita, ma che deve lasciare gradualmente spazio alla formazione di una personalità autonoma. Il padre è indispensabile perché questo processo avvenga armonicamente.

Anche la figura materna sembrerebbe molto provata, con la donna che lavora sottoposta a uno schema maschile ed espropriata del suo ruolo centrale nella vita domestica, affettiva e materna appunto…
Infatti la donna che accetta il modello, fortemente finora raccomandato, della famiglia “divorziabile”, resta spesso sola. Frequentemente, non c’è un uomo che aiuti neppure lei ad uscire con l’amore dalla simbiosi col figlio, una situazione che durante la gravidanza e subito dopo è una preziosa esperienza di realizzazione femminile, ma dopo diventa una pesante dipendenza per entrambi, madre e figlio.
Nel modello della “famiglia liquida” spesso non c’è più (o non c’è mai stato) un marito, un uomo che sia padre al figlio e stabile compagno per la donna.
Le “carriere” professionali, d’altra parte, non considerano e non tutelano la sua identità femminile (se non per ingabbiarla dentro “quote” a volte umilianti) e materna, non scostandosi dai criteri rigidamente performativi richiesti ai maschi.
Tutti, donne, uomini, figli, si ritrovano così molto spesso soli, e contemporaneamente dipendenti (da persone, ruoli, sostanze etc.), proprio perché non hanno fatto l’esperienza di legami affettivi forti, personali: gli unici in grado di formare individui davvero liberi.

Nel suo libro ha affrontato un tema nuovo e molto curioso: si è soffermato sui casi di possessione guariti da Gesù nei Vangeli e ha notato delle coincidenze molto forti con i disturbi psichici più diffusi nella nostra società. Vuol ricordare brevemente qualche esempio?
L’uomo che vaga tra le tombe di Gerasa percuotendosi con le catene che ha spezzato, rappresenta bene le forme autodistruttive che prendono spesso forma tra i rimpianti di un passato non più attuale. La madre siro fenicia divorata dall’ansia per la figlia ribelle è la perfetta rappresentazione di una fusione psicologica madre-figlia prolungata oltremisura, che Gesù interrompe esigendo dalla madre un atteggiamento non invasivo e più umile. Così come il “demone muto” che possiede il ragazzo portato a Gesù dal padre, rappresenta con precisione aspetti delle forme autistiche negli adolescenti.
Si tratta di disturbi antichi come l’umanità, la cui cura richiede il controllo e la trasformazione di spinte istintuali a cui non a caso Freud, l’ateo fondatore della psicoanalisi, attribuiva una “forza demoniaca”.

Venendo all’attualità lei fa invece alcuni riferimenti alle stragi verificatesi negli Stati Uniti a opera di adolescenti e, anche in questo caso, rinviene negli esecutori le tracce dell’assenza della figura paterna…
Purtroppo è un dato di fatto. Le statistiche della Confederazione degli Stati Uniti rilevano come nel gruppo di testa di tutti gli atti aggressivi e autoaggressivi si trovino persone cresciute in case dove non c’era il padre. Ed anche in queste cronache, che ripercorro nel libro, domina la rabbia contro una madre da cui questi ragazzi sono rimasti dipendenti, e contro gli altri bimbi visti come competitors nell’amore della madre e spesso aggrediti e uccisi…

In relazione agli episodi evangelici e a questi fatti recenti lei mette qui in rapporto di causa effetto la malattia psichica come conseguenza della perdita della libertà… In questo contesto il padre si staglia come potenziale efficace strumento di guarigione, proprio perché figura liberatrice, apportatrice di libertà…
La malattia si sviluppa quando l’individuo non può agire liberamente, ma è “coatto”, posseduto da affetti e pulsioni “slegate” (non controllate dalla coscienza) che lo costringono ad agire in un certo modo. In queste “schiavitù” pulsionali e affettive il Padre rappresenta la forza di vita e d’amore all’origine della nostra storia, il depositario e custode del nostro destino di libertà in quanto suoi figli. La psiche profonda lo cerca quando l’uomo si trova nella sofferenza della dipendenza e della malattia.
Il Padre ci offre una forza di cambiamento e di guarigione (la ricchezza del Padre del figliol prodigo), che ritroviamo quando ci rivolgiamo a lui. Dopo un percorso che è sempre un Esodo, un’uscita dalla schiavitù della dipendenza da aspetti materiali, secolari, che non rispettano la nostra libertà.

Lei dice che lo Stato dalla Rivoluzione francese in poi è nemico del padre, perché il fine della libertà è trasmettere appunto autonomia e responsabilità, mentre lo Stato tende a formare una società indistinta, di schiavi al proprio servizio… Ho capito bene?
La modernità è tendenzialmente autoritaria, omologante, moltiplica i controlli, le norme che dirigono ogni aspetto della vita umana. L’aveva ben capito Michel Foucault, indagando per primo il “biopotere”, l’estensione del potere dello Stato sulla vita anche intima, sessuale dell’uomo. Verso il controllo e la direzione dell’intima vita umana si è orientata da tempo la politica, il diritto, la legislazione, la tecnica. Fino ad entrare in modo sempre più invadente nella riproduzione umana, cercando di sostituire con interventi tecnici l’atto fondativo della vita e dei legami effettivi, l’incontro d’amore tra uomo e donna.
I grandi totalitarismi, con la loro passione per l’eugenetica e i loro stermini di massa, sono un’espressione degli Stati moderni. Le organizzazioni burocratiche di massa, come gli Stati moderni, se non sorvegliati dalla passione per la libertà del Cristianesimo, producono schiavitù di massa…

In altre parole la figura paterna sarebbe un katechon della Democrazia?
E’ un fatto che i grandi sistemi totalitari, comunismo e nazismo, hanno cercato di ridurre il padre a funzionario di partito. Altrimenti andava denunciato, magari dalla moglie o dai figli, e privato di ogni carisma.

Ed è sempre in questo senso che lei vede un’operazione culturale ben precisa – di matrice ideologica – dietro all’indifferenziazione dei generi maschile e femminile oggi in atto? In che cosa lei riconosce oggi i segni di un totalitarismo strisciante?
Maschile e femminile, con le loro rispettive forze vitali, affettive e simboliche, perpetuano i saperi legati ai legami naturali e quindi il valore della libertà personale, tenendo così lo Stato al suo posto, di natura strettamente funzionale. Ciò non viene però accettato dalla volontà di potenza delle burocrazie nazionali e sovranazionali della modernità, oltre che dagli interessi economici legati alla sostituzione del laboratorio alla riproduzione naturale. Di qui le biopolitiche di indebolimento delle identità tradizionali, maschile e femminile, quotidianamente rivelate da procedure e fatti per lo meno curiosi.
Per esempio il fatto che alla Comunità Europea si lavori senza nessuna esplicita informazione e autorizzazione dei popoli interessati ad una nuova carta d’identità (sembra che dovrebbe entrare in vigore nel 2016), in cui il termine sesso dovrebbe essere sostituito con la dizione IG (identità di genere), e i termini maschio e femmina con cinque (pare) generi di orientamento sessuale.
Bisogna essere molto ingenui, oppure molto in malafede, per presentare simili iniziative come liberali, e non vedere come gli organi di controllo statuali e sovranazionali passino in questo modo dall’osservazione del dato biologico (con la sua oggettiva neutralità) a quello psicologico e affettivo, trasformando dati personali in fatti ufficiali, di cui quindi si informano le pubbliche autorità. Sarebbe la prima volta che nella storia umana si produce una simile invasione dell’intimità personale. Oltretutto contribuendo a “fissare” aspetti tutt’altro che stabili nella psiche umana, come appunto l’orientamento sessuale.

Eppure ci sono anche segnali e fatti diversi. Per esempio, fino a poco tempo fa le madri, in caso di separazione dal marito, erano generalmente premiate nell’affidamento dei figli, come se fossero il vero e unico agente educativo e di crescita. Ma ora questo modello sembra andare in crisi, e oggi si parla sempre più spesso di affido congiunto e di coinvolgimento del padre. Che cosa sta accadendo?
L’affido congiunto, che esisteva già da anni nella maggior parte degli Stati europei, non era più rinviabile. Molti genitori lo chiedono e sono ormai noti in campo pedagogico, educativo, psicologico e medico i danni provocati dall’eliminazione di uno dei genitori. Inoltre le iniziative dei padri separati e discriminati nelle decisioni giudiziali hanno dato visibilità a un problema umano e politico, appunto l’eliminazione sistematica del padre, non perpetuabile in quel modo plateale in un regime democratico. Si è quindi proceduto – con grande fatica – a riconoscerlo per legge. Va peraltro ricordato che molti tribunali si rifiutano tuttora di applicarla.

In definitiva Lei conclude che oggi come sempre «serve un padre per differenziarsi dalla madre e riconoscere il proprio Sé»… Ci spiega?
Ognuno di noi nasce unito alla madre. La formazione dell’Io, della coscienza e personalità individuale, è un lento processo di separazione e differenziazione dalla fusione originaria madre figlio. Certamente ricca e preziosa, ma dalla quale poi occorre uscire per evitare danni psichici anche molto gravi. Per nascere come persone e riconoscere il proprio personale destino.
Tuttavia la mia risposta, come la sua domanda, rimangono parziali.
Uno dei motivi che mi hanno indotto a scrivere questo libro è quello di riabituarci a guardare ai fenomeni della vita (come i suoi personaggi: madre, padre, figlio) con stupore e mistero, senza pretendere di spiegare e trovare “ragioni” per tutto. “Le ragioni – diceva Falstaff – sono comuni come le more”. Siamo tutti vittime di un tardo illuminismo, estenuato, che considero asfissiante. Per questo il libro inizia con una mia poesia sul padre, che propone per questo incontro uno sguardo forse più innocente e affettivo.