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Karzai, il salariato CIA

di Mario Lombardo - 01/05/2013

 
    


Un articolo pubblicato questa settimana dal New York Times ha descritto nel dettaglio di come la principale agenzia di intelligence americana da più di un decennio stia trasferendo clandestinamente ingenti somme di denaro contante nelle casse del governo afgano del presidente Hamid Karzai. Secondo quanto rivelato dalle autorità di Kabul, le decine di milioni di dollari così versati servirebbero a coprire una serie di voci di spesa del governo, mentre in realtà finiscono per consolidare il potere della famiglia Karzai ed alimentare la corruzione ampiamente diffusa ad ogni livello del fragile stato centro-asiatico.

Il cosiddetto “denaro fantasma” - secondo la definizione dell’ex vice capo di gabinetto del presidente, Khalil Roman - viene consegnato in maniera segreta da funzionari della CIA direttamente negli uffici di Karzai in “valige, zaini e, occasionalmente, in buste di plastica con cadenza mensile”.

Il reporter Matthew Rosenberg del New York Times sostiene che con questi pagamenti la CIA intende mantenere la propria influenza sul regime di Kabul, acquistando di fatto libero accesso ai vertici del governo, anche se negli ultimi tempi Karzai sembra però tenere un atteggiamento di sfida nei confronti dei propri padroni di Washington.

Candidamente, l’articolo del giornale americano ammette che i soldi della CIA vengono in parte destinati al pagamento di politici e leader locali spesso coinvolti nel fiorente traffico di droga che prospera in Afghanistan o, addirittura, legati ai Talebani che gli USA dovrebbero combattere strenuamente. I finanziamenti della CIA, perciò, sostengono “reti clientelari che la diplomazia americana… cerca senza successo di smantellare, lasciando fondamentalmente il governo nelle mani di organizzazioni criminali”.

In definitiva, lo scenario così delineato sembra suggerire una certa schizofrenia della politica degli Stati Uniti in Afghanistan, con l’agenzia di Langley che agisce al di fuori di ogni supervisione e, apparentemente, in aperto contrasto con gli obiettivi del proprio governo. Le elargizioni di denaro per assicurarsi i favori di gruppi armati o fazioni all’interno di governi stranieri non sono d’altra parte una novità per la CIA che, sempre in Afghanistan, ha per così dire investito svariati milioni di dollari già durante l’invasione del 2001 per ottenere l’appoggio necessario nel paese per rovesciare il regime dei Talebani.

Il sistema dei pagamenti, inoltre, sembra essere stato manipolato dallo stesso Karzai, il quale a partire dalla fine del 2002 richiese espressamente alla CIA di ricevere presso i suoi uffici di Kabul tutto il denaro stanziato, così da centralizzarne la distribuzione ai vari “signori della guerra” sparsi nel paese e garantirsi la loro fedeltà.

Poi, prosegue il racconto del New York Times, nel dicembre 2002 gli iraniani si sono “presentati al palazzo presidenziale a bordo di un S.U.V. carico di denaro contante”. Per ammissione dello stesso Karzai, infatti, anche il governo di Teheran per anni ha finanziato Kabul per cercare di estendere la propria influenza in Afghanistan e sganciare quest’ultimo paese dalla dipendenza da Washington. La rivelazione dei pagamenti iraniani al governo afgano scatenò qualche anno fa una campagna piuttosto aggressiva da parte degli USA nei confronti della Repubblica Islamica, proprio mentre la CIA stava facendo la stessa cosa ma su scala ben superiore.

Al contrario degli Stati Uniti, comunque, l’Iran ha interrotto il flusso di denaro verso Kabul almeno a partire dallo scorso anno, quando Karzai ha siglato un accordo di partnership strategica con l’amministrazione Obama.

Se l’ammontare degli importi elargiti dalla CIA non è del tutto chiaro, alcun testimonianze indicano singoli trasferimenti che vanno da qualche centinaia di migliaia di dollari ad alcuni milioni. Tra gli uomini a libro paga della CIA vi sono ovviamente figure tutt’altro che irreprensibili, come il leader della minoranza uzbeka in Afghanistan, Abdul Rashid Dostum, al quale sarebbero stati pagati tra gli 80 mila e i 100 mila dollari al mese.

Un altro personaggio discutibile che si è arricchito enormemente grazie alla gestione diretta del denaro della CIA è Mohammed Zia Salehi, responsabile amministrativo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, l’organo di governo attraverso il quale passano i pagamenti. Salehi, ricorda il New York Times, venne arrestato nel 2010 perché al centro di un’indagine americana su un traffico di droga e denaro sporco nella quale erano coinvolti anche i Talebani.

La sua detenzione non durò però a lungo, dal momento che il presidente Karzai intervenne in prima persona per ordinarne la liberazione mentre, successivamente, i vertici della CIA si sarebbero adoperati con l’amministrazione Obama affinché l’intera indagine venisse abbandonata.

Le rivelazioni della testata newyorchese sono state confermate nella giornata di lunedì dallo stesso Hamid Karzai, il quale nel corso di una visita in Finlandia ha ribadito che il denaro della CIA è stato utilizzato a “svariati fini” ed ha espresso gratitudine agli Stati Uniti per il supporto finanziario. Da Kabul, inoltre, una dichiarazione ufficiale emessa dal palazzo presidenziale ha elencato alcune voci di spesa che i fondi americani avrebbero coperto, tra cui l’assistenza ai soldati afgani feriti e i sussidi al pagamento degli affitti.

La notizia o, meglio, la conferma ufficiale dei continui pagamenti da parte della CIA al governo fantoccio dell’Afghanistan in questi anni contribuisce dunque a smascherare qualsiasi residua pretesa da parte statunitense di operare in questo paese per la promozione dei principi democratici o di una qualche efficienza nella gestione dell’apparato dello stato.

Installato dagli americani alla guida del paese all’indomani dell’invasione seguita ai fatti dell’11 settembre, Hamid Karzai, oltre ad avere garantito l’arricchimento dei propri familiari e della sua cerchia di potere, presiede infatti ad un regime autoritario e violento, nonché, grazie anche ai fiumi di denaro garantiti dalla CIA, costantemente agli ultimi posti dell’indice mondiale relativo ai livelli di corruzione.