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L'ideologia dominante che lava i cervelli

di Martino Mora - 29/05/2013



La Palma d'Oro a Cannes è stata assegnata ad un film di amore(?)che racconta la passione  tra due giovanissime lesbiche. In realtà chi ha già visto il film  parla di qualcosa che assomiglia ad un mix tra un film porno-lesbo ed un film strappalacrime. In fondo è la miscela che oggi sembra piacere di più ai nostri cineasti: sentimentalismo patetico più erotismo sfrenato. La scelta di Steven Spielberg (presidente della giuria), di Nicole  Kidman, di Ang Lee e degli altri giurati, va comunque nel senso del  solito moralismo immorale, tipico  delle elite mondialiste che rappresentano. A parte il solito schiaffo alla decenza comune, siamo alla costante  imposizione della normalizzazione dell'omosessualità nella società e nel costume.  Le elite occidentali da diversi anni fanno di tutto, ma proprio di  tutto, per imporre  questa normalizzazione.  Il Potere evidentemente la vuole, e da anni, insieme agli altri mass media , si serve anche del cinema, strumento di propaganda senza pari, che già Mussolini definiva "l'arma più forte". Siamo in un nuovo totalitarismo, che si presenta dolce, tollerante e permissivo, ma che mira all'obiettivo più ambizioso: il lavaggio di massa dei cervelli umani.

 A Dominique Venner, lo storico francese che si è suicidato a Notre Dame come un antico samurai,come Yukio Mishima, Jan Palach o Bobby Sands,  bisogna riconoscere, coraggio a parte, almeno  un merito  - nonostante l'atto del  suicidio sia per un cattolico come me sempre ingiustificabile e sacrilego, tanto più sull'altare di una Chiesa -:   aver indicato nei suoi ultimi messaggi la stretta unione che c'è tra l'omosessualismo e l'immigrazionismo, tra la distruzione della famiglia in nome dell'uguaglianza e dei "diritti", e la distruzione della società attraverso l'immigrazione, pure qui  in nome dell'eguaglianza e dei "diritti". Tutto questo è decadenza, anche se  il mondo cattolico, a differenza di Venner, sembra incapace di capire lo stretto rapporto che lega  omosessualismo ed immigrazionismo.
Occorre però andare oltre all'intuizione di Venner, e proporre un' analisi. Per chi ha un po' di pratica con lo studio e la riflessione sulle idee, lo stretto rapporto tra omosessualismo ed immigrazionismo si trova  nell' individualismo egualitario, nell'idea che ci siano solo individui atomi, perfettamente uguali e intercambiabili,  le cui differenze (sessuali, culturali, religiose, etniche,ecc.) siano ininfluenti e non debbano essere considerate. A tutti si deve dare lo stesso. Gli immigrati devono poter vivere dove vogliono, come gli omosessuali o i drogati devo poter vivere come vogliono; gli immigrati devono avere gli stessi "diritti" di chi è qui da sempre, come gli omosessuali devono avere gli stessi "diritti" di chi è eterosessuale e può procreare. Le differenze non devono contare. Altrimenti   ecco spuntare la  "discriminazione", il vero belzebù immaginario dell'ideologia egemone.
Nell'ottica dell'ideologia dominante, la famiglia, il territorio, le comunità politiche di appartenenza, la fede religiosa, persino la stessa idea di natura umana,  non devono contare, sono solo zavorra d'ostacolo alla  marcia gloriosa verso la desiderata  cosmopolis egualitaria. Sono un freno alla libertà incondizionata dell'individuo sovrano.Sono un ostacolo alla realizzazione della sacra eguaglianza.
L'individualismo egualitario, con la sua  la retorica dei diritti individuali, è il legame comune tra immigrazionismo e omosessualismo. Non ci vuole molto a capirlo. Basta un poco di lavoro del pensiero.

 Ecco spuntare in tv, nell'intervallo della finale di Coppa Italia  Lazio-Roma, il simpatico faccione del presidente del Senato Piero Grasso, che come un entusiasta neofita ci spiega che oggi “dobbiamo andare verso i diritti di tutti, senza differenze di razza, di religione, di genere”. Come volevasi dimostrare. Per il progressismo anche lo sport diventa un' occasione per indottrinare le menti.
A tutto questo si aggiungono le solite mistificazioni giornalistiche. Giornali e tv hanno definito il defunto don Gallo  "prete scomodo e controcorrente". Col piffero! Se fosse stato davvero "scomodo e "controcorrente" le tv e i giornaloni non lo avrebbero esaltato come hanno fatto per giorni interi ("il prete degli ultimi",ecc),
 Gallo era tutt'altro che scomodo e controcorrente, ma al contrario uno pseudo uomo di Chiesa del tutto subalterno all'ideologia dominante. Forse un sessantottino che ha sbagliato carriera.
E' tipico della mistificazione giornalistica far passare per controcorrente e ribellistico tutto ciò che fa il gioco del potere.
Occorre reagire a questo indottrinamento e a questa mistificazione continua. Prima che sia troppo tardi.