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Le autostrade dei cani perduti

di Danilo Arona - 08/07/2013

Fonte: carmillaonline


HauntedHighway

Esistono tanti argomenti e altrettante parole da dedicare alla sinistra antologia curata da Gian Filippo Pizzo e Walter Catalano Sinistre presenze (Bietti Editore) e ci tornerò al più presto. Ma intanto approfitto di uno dei racconti più efficaci e fulminanti, quello di Dario Tonani cui rubo anche il titolo per questa puntata  della rubrica, per tracciare abbozzi di percorsi e sinergie tra autori lontani nel tempo e nello spazio quanto vicini in quella dimensione ideale e condivisa che potremmo chiamare “paesaggistica della mente”.

L’autostrada dei cani perduti, racconto straordinario e scioccante, che s’ispira alla orripilante piaga italiana dell’abbandono degli animali durante la stagione estiva, presuppone che le povere piccole vittime del nostro cinismo cerchino, in autostrada, di tornare a casa dai loro padroni che li hanno appena abbandonati. E qui non mi dilungo, perché lo spoiler sta a un millimetro, ma l’apologo, per quanto fantastico, gronda di realismo domenicale e di surreale vacanziero. Dalle parti, insomma, di quel fantastico quotidiano così codificato da un critico cinematografico che si chiamava Leo Pestelli che fu folgorato all’inizio degli anni Settanta dalla visione di Duel, il film che Spielberg trasse da un racconto del maestro Richard Matheson (di cui siamo orfani da poco).

Matheson, Spielberg, Pestelli, Tonani…: come vedete, bastano poche righe per scoprire unità d’intenti e visioni “connesse”. Ma ci si può spingere ben oltre. Ovvero, lanciare lo sguardo al di sopra di un fertile magma divulgativo che comprende la genialissima raccolta di racconti di Carlo Lucarelli Autosole (Rizzoli, 1998), short stories tutte ambientate in coda sull’autostrada, nerissime e borderline, tramite le quali la stessa autostrada si trasforma nel biblico serpente demoniaco “dalle scaglie fitte che lentamente si allunga, si stende, abbagliante di riflessi e attende, immobile, sotto al sole, respirando piano al ritmo roco dei motori accesi”, per poi transitare a un più che rappresentativo racconto dell’autore californiano Dennis Etchinson, Solo di notte, contenuto nell’antologia curata da Giuseppe Lippi e Kirby McCauley Racconti senza respiro (Mondadori, 1981), per il quale si scrisse: «Chiunque ha viaggiato a lungo in automobile può rendersi conto di come questa storia colpisca perfettamente nel segno». Ed è vero perché stiamo parlando di un autentico incubo on the road ambientato nel quanto mai funzionale deserto del Mojave, attraverso il quale si può viaggiare “solo di notte”, con  motel ai lati del percorso che paiono aperti ma non lo sono. Per citare anche qualcosa che mi riguarda molto da vicino (perché ogni tanto lo si può fare), ovvero il racconto Codalunga scritto dalla mia metà oscura Fabienne Brusca (in senso letterale trattandosi di mia moglie), che descriveva nel 1988 un mondo in cui capitavano cose del genere:

«E’ da sei mesi che c’è la coda in autostrada. E’ come se il week-end non si fosse mai interrotto. Si sono messi in marcia tutti assieme ed è cominciata così. L’esodo sta ancora durando e Codalunga, da quella notte, sta massacrando dei bambini. Ma non capisci? Lo hanno creato loro, Codalunga. E’ il loro senso di colpa, che in qualche modo è riuscito a darsi forma per il lercio egoismo di cui sono imbevuti. Fino a poco tempo fa c’erano i cani al posto dei bambini e nessuno protestava perché sembrava tutto normale. Si va in vacanza e paf!, una pedata al bastardino e chissenefrega se subito dopo qualcuno lo tritura sotto una tonnellata di ferraglia? Chissenefrega? Lo abbiamo fatto per anni. E stanotte eccoci qui a stupirci. a inorridirci, perché… perché CI SONODEI BAMBINI AL POSTO DEI CANI?»

Capita, vero, l’antifona?

Peraltro è innegabile che il magma di cui sto parlando di nutra da un lato si autentiche suggestioni provenienti dalla cronaca e dall’altro di una lunga e radicata tradizione cinematografica proveniente in prima battuta dal noir degli anni Quaranta e Cinquanta e dal genere fantastico a seguire. Per la cronaca non vorrei incupire ancora di più il mio affezionato lettore un po’ incline al masochismo e alla depressione. Però il dato di fatto inconfutabile è che in autostrada in Italia si ambienta una buona parte di un repertorio mediaticamente censurato perché in combutta molto da vicino con quello che King ha definito tanti anni fa “il fascino perverso dell’incidente stradale”, colpa del quale mandrie di voyeur con il cellulare e videocamera inserita spesso si sgomitano per riprendere dettagli infilmabili. Ma tantissima cronaca nera transita in autostrada, dal mistero del fantasma di San Pelagio, al secolo Melissa, ai troppi, spesso oscuri, suicidi dai viadotti (una geografia clamorosamente inquietante), dai corpi che nessuno reclama abbandonati ai margini alle scomparse misteriose, soprattutto di donne, spesso passate sotto silenzio. Su quest’ultima casistica, concedendoci una fuga in altra zona del pianeta, esiste addirittura in Canada un’autostrada, la Highway 16, in cui sono scomparse negli ultimi anni 40 donne in transito con parecchi cadaveri mutilati delle medesime ritrovati qua e là. Un caso a dir poco eclatante sul quale non si riesce a far luce.

Eminentemente visivo, l’horror on the road domina ovviamente sul grande schermo a scapito della letteratura. Figlio, come accennavo, di tante idee circolanti nelle pieghe dei generi popolari (il noir, il western, il biker movie e la fantascienza – si pensi solo al finale de L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, in cui Kevin McCarty, preso per matto, corre per le affollate highway urlando: «Loro stanno arrivando!»), il filone parte alla grande con Duel per proseguire sino ai giorni nostri con un mare magnum di titoli tra i quali vanno obbligatoriamente ricordati La macchina nera, Christine la macchina infernale, Maximum Overdrive, The Hitcher, Le strade della paura e tutta quella lunghissima lista di film basati sul “Wrong Turn”, la deviazione fatale, il Detour che ancora detta legge, memore dei modelli di Un tranquillo week-end di paura e Non aprite quella porta. Eterni ritorni sul grande schermo per spettatori onnivori e un po’ monotematici.

Ma mi piace richiamare, come conclusione di queste veloci riflessioni, una nota scritta dal maestro Franco La Polla nel ’78 a proposito del film di Jack Starrett In corsa con il diavolo: «Una pellicola che passò inosservata quando uscì nel 1975, eppure si tratta di un’opera esemplare: vi fermentano gli incubi più classici della cultura americana, quel demonismo innominabile che ha dominato gran parte dell’opera di Nathaniel Hawthorne e in genere la fantasia nera d’oltre Atlantico, da Charles Brockdewn Brown a Poe, da Bierce a Lovecraft. Si pensi a come la casuale osservazione di un sacrificio umano da parte di due coppie partite per un tranquillo week-end in roulotte diventi il primo grado di un orrore che giunge alla fine a invadere tutto il paese. L’incubo insomma non rimane più un fatto personale, e in qualche modo risolvibile, ma la sostanza stessa della nazione. Essa ha contaminato tutti, rappresentanti della legge e del potere in primo luogo. Non c’è via di scampo; il nemico potrebbe essere chiunque»,

Considerazioni che a distanza di 35 anni si applicano come un mantra al film di Mark Tonderai, Hush- Panico, nel quale una coppia che viaggia in autostrada avvista per qualche secondo all’interno del  portellone di un camion che li precede una donna insanguinata che chiede aiuto. Scopriranno a loro spese  che c’è tutto un sistema criminale al lavoro sull’autostrada dedito a una vera e propria “tratta delle bianche”, formato da poliziotti, inservienti di autogrill e personale di sorveglianza. Non so quanto siamo distanti dalla realtà – una realtà in cui solo in Italia scompaiono 28 persone al giorno -, ma quel che accade sulla Highway 16 in Canada non è affatto un’invenzione del cinema.

E a questo punto grazie a Dario Tonani per avere saputo compendiare in sette straordinarie cartelle tutta questa mole di spunti che lasciamo al vostro approfondimento. Peraltro le “sinistre presenze” hanno proprio questo scopo. Devono allarmarvi. Perciò, state attenti. In autostrada, soprattutto.