Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La sinistra nazionale in armi: dal Risorgimento ai Nar…

La sinistra nazionale in armi: dal Risorgimento ai Nar…

di Ivan Buttignon - 26/08/2013

Fonte: mirorenzaglia


È sicuramente maggioritaria la quota del fascismo di sinistra che ritiene di riconoscersi e di collocarsi, ipso iure et facto, nella tradizione della cosiddetta “sinistra nazionale”. È un’espressione politica, questa, storicamente costituita da due grandi indirizzi: quello mazziniano dei repubblicani  e quello socialisteggiante dei radicali. Entrambi esprimono la tradizione democratica (un discorso a parte meriterebbe la declinazione autoritaria e nazionalista di Francesco Crispi[1]) e s’ispirano alle esperienze della Rivoluzione francese e della Costituzione americana.

Tuttavia, qualche divergenza, anche importante, non manca. Rispetto ai repubblicani, i radicali propongono una ricetta politica maggiormente caratterizzata da contenuti sociali; federalista à la Cattaneo; che guarda all’ideologia proudhoniana del piccolo produttore e al volontarismo patriottico di Garibaldi; che – specialmente – non pone la pregiudiziale repubblicana sul piano istituzionale. In altre parole, i radicali (nella versione antecedente al secondo dopoguerra), si ispirano soprattutto al socialismo patriottico di Carlo Pisacane, al sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel e al nazionalismo sociale di Filippo Corridoni[2].

I repubblicani sono invece forti di una chiara identità programmatica, scandita da due principali coordinate: la riconferma delle idealità mazziniane, vero fulcro del loro programma, e la prospettiva di una democrazia sociale svincolata dalla logica prioritaria della lotta di classe di chiara fatta socialista[3].

Che sia essa mazziniana o piuttosto socialista non internazionalista, la sinistra nazionale subisce una straordinaria e definitiva frattura in coincidenza dell’avvento del fascismo. L’episodio storico la separa in due tronconi: tra chi sostiene la causa mussoliniana e chi la combatte[4].

Nel secondo dopoguerra, ben lo sanno gli esponenti della grossa corrente missina che porta questo nome (“Sinistra Nazionale”, appunto, che annovera tra i suoi esponenti anche il primo Giorgio Almirante) e che tenta spesso la conciliazione con l’omonima antifascista, ormai polverizzata tra il PRI, il PSDI e, in misura inferiore, il PCI e il PSI. Ma il dado è tratto e la divisione risulta risolutiva: l’antifascismo rappresenta ormai quel fiume che scorre impetuoso e che separa furiosamente le sponde avverse, fascista e antifascista, della sinistra nazionale.

Una trentina di anni più tardi, ben lo sapranno anche quei sinistri nazionali neofascisti che imbracciano le armi e che le puntano contro lo Stato, appostati nelle casematte che si chiamano di volta in volta “Costruiamo l’azione”, “Nuclei Armati Rivoluzionari”, “Terza Posizione”, “Movimento Rivoluzionario Popolare” o con molti altri nomi meno altisonanti, tutte nate tra il 1977 e il 1979 e disciolte entro il fatidico spartiacque del 1980.

Parecchi saranno i militanti armati che faranno un uso strumentale del sacro sigillo di paladino della giustizia sociale (le icone di Mazzini e di Garibaldi di salodiana memoria non sono più di moda negli ambienti neri), forse per confondere o semplicemente per schermarsi. O ancora, che è anche peggio, per giustificarsi.

Altro discorso è il programma politico di riferimento, che assume spesso e volentieri tinte vermiglie, come nei casi che seguono.

Tra le tante organizzazioni armate definite nere, “Costruiamo l’azione” sembrerebbe mantenere, durante il corso della sua breve esistenza e forse un po’ ingenuamente, posizioni sinistrorse scandite da forti rivendicazioni sociali che a tratti paiono quasi marxiste.

Definita quasi all’unanimità dai politologi che la studiano una specie di Autonomia neofascista (questo perché parecchi sono gli elementi ideologici in comune rispetto all’Autonomia classica, operaia e rossa[5]), l’organizzazione nasce nel 1977 per iniziativa di Paolo Signorelli.

Durante gli anni di attività, dal 1978 al 1980, “Costruiamo l’azione” insegue leitmotiv irrorati da linfa antisistemica e antimperialista, accompagnati dalla continua e insistente proposta rivolta all’estrema sinistra, definita “unica e naturale alleata”, di costituire un fronte unito[6]. Di unificare quindi un’improbabile estrema sinistra nazionale.

Il linguaggio che domina le espressioni dell’organizzazione è molto pragmatico, quasi “popolare”; rifiuta con severità dogmi, dottrine, catechismi e ritualismi[7]. Avversa cioè i principali assi sui quali di norma si fonda il funzionamento di qualsiasi struttura neofascista.

Da “Costruiamo l’azione” esce nel 1979 il gruppo “Movimento Rivoluzionario Popolare”, nomen omen. Il simbolo dell’organizzazione scissionista si articola in un mitra e una vanga incrociati a mo’ di falce e martello. Una via di mezzo tra provocazione ai limiti del paradosso e affettazione rivoluzionaria a forti tratti rossi, i leader Paolo Aleandri e Marcello Iannilli puntano a “una composizione anche di classe, dell’ambiente rivoluzionario”. Obiettivo questo evidentemente troppo ambizioso (o poco sincero?) che si risolverà in una bolla di sapone[8].

La prima struttura neofascista che si scontra politicamente in modo piuttosto aspro con i propri padri politici sono invece i Nuclei Armati Rivoluzionari, NAR. Con venature ribellistiche di sapore sessantottino, i Nuclei lanciano in termini chiari e perentori un’alleanza di intenti e di strategie paramilitari con la sinistra armata anti-borghese[9]. È un tentativo che supera per carattere eversivo quello di “Costruiamo l’azione”, che si rivela più cauta quando parla di strategia armata (alcuni elementi daranno vita a iniziative terroristiche solo dopo l’ondata di arresti del 1980 che spazza via il quartier generale dell’organizzazione e che mette la parola fine all’esperienza).

“Terza Posizione”, in questa cornice, riveste un ruolo molto particolare. Le analisi politologiche che la riguardano considerano questa struttura “unica nel suo genere”. È contemporanea a “Costruiamo l’azione”, viene fondata ufficialmente a Roma nel 1978 e si esaurisce nel 1980. Raccoglie voci critiche, quando non di condanna, nei confronti del MSI, avviato ormai da tempo verso posizioni che i terzaforzisti giudicano “reazionarie”, e perciò venefiche[10]. Alle parole non seguono però i fatti e “Terza Posizione” preferirà collaborare proprio con quelle forze “reazionarie” che dichiara di combattere[11].

Messi in naftalina i simboli storici del fascismo e in qualche caso anche i padri ideologici, diverse organizzazioni extraparlamentari nere si collegano in misura diretta ai programmi della “sinistra nazionale”, senza evidentemente coglierne il senso profondo e le direttrici storiche. Ma forse, sotto sotto, l’unico obiettivo che vale la pena di essere perseguito è quello di fare concorrenza a chi, dall’altra parte della barricata e quindi in salsa antifascista, ha fatto della giustizia sociale e del fervore antisistemico la sua bandiera.




[1]N. Valeri, La lotta politica in Italia. Idee, movimenti, partiti e protagonisti dall’Unità al fascismo (1945), Le Monnier, Firenze, 1998, p. 131.

[2] A. Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Garzanti, Milano, 1973, p. 23.

[3]M. Ridolfi, Il partito della Repubblica. I repubblicani in Romagna e le origini del Pri nell’Italia liberale (1872-1995), Franco Angeli, Milano, 1988, pp. 356-359.

[4] M. Ridolfi, Storia dei partiti politici. L’Italia dal Risorgimento alla Repubblica,  Mondadori, Milano, 2008, p. 11.

[5]Cnfrt. U.M. Tassinari, Guerrieri. 1975/1982, storie di una generazione in nero, Immaginapoli, Napoli, 2005.

[6]Cnfrt. U.M. Tassinari, Naufraghi. Da Mussolini alla Mussolini: 60 anni di storia della destra radicale, Immaginapoli, Napoli, 2007.

[7]Cnfrt. N. Rao, Il Piombo e la Celtica, Sperling & Kupfer, Milano, 2009.

[8]Cnfrt. N. Rao, Il Sangue e la Celtica, Sperling & Kupfer, Milano, 2008.

[9]G. Flamini, L’ombra della piramide, Teti, Roma, 1989, p. 37.

[10]Cnfrt. U.M. Tassinari, Fascisteria, Castelvecchi Editore, Roma, 2001.

[11]G. Cingolati, La destra in armi, Editori Riuniti, Torino, 1996, p. 151.