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Debito: la verità che non vi dicono… (E cosa rispondo a chi mi critica)

di Marcello Foa - 06/09/2013

Fonte: ilgiornale


Il mio ultimo post ha suscitato un dibattito vivacissimo – e in molti casi ben argomentato – e una notevole viralità in Rete. Accetto, come sempre, molto volentieri le critiche, che anzi mi spingono ad integrare il mio pensiero con queste riflessioni.

Primo, le riforme che esige la Troika dovrebbero basarsi sul presupposto che sia possibile ridurre significativamente il debito pubblico italiano e, addirittura, in teoria, azzerarlo. Sarò forse troppo pratico, però l’evidenza dei numeri dimostra come il debito pubblico sia ormai fuori controllo e non più riducibile tramite manovre fiscali ordinarie. Il debito pubblico italiano ha superato i 2mila miliardi di euro e continua ad aumentare nonostante il fatto che, dagli inizi degli anni Novanta, tutti i governi italiani, sotto pressione della Ue, si siano sforzati di tenere i conti in ordine.

Questo significa che occorrono manovre supplementari. Facciamo due conti: secondo i dati ufficiali, gli interessi che lo Stato deve pagare ogni anno sul debito di 2mila miliardi sono pari quasi a 100 miliardi (dati stimati per il 2015).

Questo significa che per ridurre il debito pubblico lo Stato italiano dovrebbe da un lato non generare più deficit e dall’altro, contemporaneamente, contare su saldi positivi superiori a 100 miliardi all’anno. Se volessimo ridurre dell’un percento il debito ci vorrebbero manovre da 120 miliardi, del 3% da 160 miliardi e dovrebbero essere ripetute a lungo.

Il che significa lacrime e sangue permanenti. E’ uno scenario improponibile e irrealistico nanche perché cure di questo tipo di solito generano l’effetto opposto a quello ipotizzato, come ha dimostrato l’esperienza del governo Monti, che applicando le ricette bgradite a Bruxelles, Fmi e Banca Mondiale ha mandato l’Italia in recessione e fatto letteralmente esplodere il debito pubblico, che in pochi mesi è passato da circa 1’800 miliardi a 2mila miliardi.

La verità, che nessun politico è disposto ad ammettere, è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile. Altrimenti bisognerebbe pensare che sia possibile ricompattare una valanga in continua caduta su un pendio scosceso. Siete disposti a continuare a credere a un’illusione?

Un secondo punto importante riguarda le ragioni della crescita del debito pubblico europeo. L’anno X è stato il 2009 quando quasi tutti gli Stati hanno dovuto prendere misure straordinarie per salvare il sistema bancario e dare ossigeno a un’economia che stava precipitando. La causa di quella crisi la conosciamo: mutui subprime, derivati fuori controllo, follie di poche grandi banche “too big to fail”. La conseguenza è stato il peggioramento impetuoso dei conti pubblici di quasi tutti gli Stati.

Cos’è successo in seguito? Che le banche centrali hanno messo in atto misure straordinarie per salvare le banche; in misura minore la Bce (che però ha comunque pompato molta liquidità nel sistema bancario), in misura colossale, come dimostrato nel mio ultimo post, la Federal Reserve. Operazioni che sono ancora in corso, finanziate con moneta elettronica e per somme, nominali, impressionanti.

Ma nel frattempo nessuno ha soccorso i singoli Stati che hanno visto esplodere – per colpe non loro ovvero per salvare proprio le banche – il debito pubblico, con le conseguenze che ben conosciamo: Grecia sul lastrico, Irlanda, Spagna, Portogallo, in fortissima difficoltà, come in parte Italia e persino, sebbene in misura minore, Francia e Olanda.

L’intervento di salvataggio delle banche ha violato le regole del mercato e creato un azzardo morale o, se volete, uno squilibrio morale. Perché si fa di tutto per salvare le banche mentre si permette al sistema finanziario di mettere al tappeto gli Stati, offrendo “salvataggi” che in realtà – come sta avvenendo in Grecia – non risolvono nulla e di fatto schiavizzano intere nazioni?

Il mio ragionamento è molto semplice: se un’eccezione – pesantissima – è stata accordata alle banche, occorre che un’altra eccezione sia accordata agli Stati, non fosse che per riportare le lancette dell’orologio al 2009.

Sia chiaro: devono essere misure straordinarie, uniche, non ripetibili e corredate da altre misure di buon senso.

Ad esempio: per le banche reintroduzione della legislazione Glass Steagall Acrt, ovvero della legislazione che imponeva la separazione tra banche d’affari e banche commerciali, più altri provvedimenti volti non a impedire la speculazione, ma a delimitare il rischio del contagio in caso di fallimento di un banca che oggi invece, resta endemico.

Per gli Stati: nuove norme severissime di contenimento della spesa pubblica accompagnate, in Europa, da un nuovo patto di Maastricht che includa altri parametri oltre a quelli esistenti. Liberalizzazioni reali che creino vera concorrenza, anziché come capita spesso oggi, sostituire di fatto monopoli pubblici con monopoli, o nel migliore dei casi, oligopoli privati.

Per le Banche centrali: trasparenza assoluta sulle loro modalità di gestione (modalità che restano in gran parte riservatissime).

Insomma l’obiettivo dovrebbe essere quello di ricreare una normalità. Sì una normalità fatta di mercati che funzionano senza correttivi o salvataggi indebiti, di Stati messi nelle condizioni di non abusare del proprio potere, di tassazioni regionevoli che incentivino il consumo e il risparmio e non penalizzino – anzi premino – gli impreditori che creano ricchezza e posti di lavoro; una normalità in cui le banche e le Banche centrali non siano più onnipotenti e politici, cittadini, banchieri, imprenditori siano chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Tutto questo è davvero irragionevole?