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La sfida occidentale all’integrazione eurasiatica

di Nikolaj Malishevskij - 05/10/2013


76253Recentemente, ufficialmente Varsavia e ufficiosamente Stoccolma hanno preso una serie di misure per rafforzare i loro successi in Oriente, al fine di acquisire nuova merce di scambio per il prossimo vertice del partenariato orientale di Vilnius, per novembre 2013, che sarà dedicato allo sviluppo di un politica unificata verso est dei Paesi europei. Secondo una dichiarazione dell’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, questo vertice avrà “l’opportunità di approfondire i rapporti” tra l’Unione europea e i Paesi membri del partenariato orientale. Il fatto che i capi di tutti gli Stati membri dell’UE hanno intenzione di presenziarvi, lo conferma. Il partenariato orientale, avviato da Washington e Bruxelles, è stato costituito su suggerimento di Varsavia e Stoccolma dopo il fallimento dell’aggressione georgiana all’Ossezia. Essenzialmente è diventato una specie di continuazione del GUAM, che ha dimostrato la sua inadeguatezza politica e militare nell’agosto 2008. La partecipazione di Bielorussia e Armenia (che non sono membri del GUAM) è una sorta di ‘vendetta’ per la sconfitta militare e politica della Georgia. Si potrebbe definire il partenariato orientale uno strumento del colonialismo energetico, per trasformare la Russia in un mero fornitore di materie prime dell’occidente, “respingendola” nel nord-est del continente eurasiatico e creando un “cordone sanitario” per la raccolta energetica lungo i confini tra il Mar Nero e il Baltico. Non per niente molti in Russia considerano il partenariato orientale una sorta di ‘calco’ dell’idea di Adolf Hitler di conquista del Lebensraum in Oriente.
I principali attori del piano sono la Svezia a nord, la Polonia a ovest e la Turchia, membro della NATO, a sud… Ucraina, Bielorussia e Moldavia sono stati assegnate alla Polonia, con il suo neo-sarmatismo e le simpatie cattoliche. Alla Turchia con il suo neo-turanismo, sono stati assegnati Azerbaigian, Georgia e Armenia (e in qualche misura le repubbliche dell’Asia centrale, non ufficialmente, attraverso gli interessi economici personali dei loro leader di Ankara, come in Kirghizistan per esempio). Gli scandinavi, con il sostegno di strutture internazionali come la Fondazione Soros, hanno un avido interesse su Carelia, penisola di Kola, isole del golfo di Finlandia e la loro risorse minerali e forestali, nonché ad opporsi ai piani della Russia sull’Artico.

Nord. Supervisionate dalla Svezia, che agisce attraverso la Finlandia, convenientemente situata vicino alla ‘capitale del nord’ San Pietroburgo, le operazioni condotte utilizzano i seguenti strumenti:
a) cittadini di lingua svedese della Finlandia che hanno stretti legami con l’elite politica finlandese, funzionari pubblici che apertamente esprimono opinioni revansciste anti-russe, come Mikael Storsjo, l’editore del sito terrorista Caucasus Center e presidente dell’associazione Pro-Caucasus,  condannato per l’emigrazione illegale di decine di terroristi, tra cui i parenti di Basaev;
b) le strutture per comunicazioni quali il centro web in Svezia del sito Caucasus Center (lo stesso sito dichiarato risorsa terroristica dalle Nazioni Unite, che vi operava fin quando non è stato dislocato in Finlandia nel 2004) e i mediattivisti anti-russi finlandesi (Kerkko Paananen, Ville Ropponen, Esa Makinen, Jukka Malonen, ecc) che sostengono l’“opposizione del nastro bianco” in Russia;
c) le strutture pubbliche come l’associazione Pro-Caucasus, registrato in Svezia, il Forum Civile finlandese-russo (Finrosforum, Suomalais-Venäläinen kansalaisfoorumi), e organizzazioni per i diritti umani filo-USA, come il Gruppo Helsinki, Amnesty International, ecc.
I finanziamenti provenienti da nord, confinante direttamente con la Russia attraverso la Finlandia (da cui, in modo simile, passava l’“esportazione della rivoluzione” e il denaro dei banchieri statunitensi ed europei prima del 1917), nel tentativo di unire tutte le forze anti-russe in Europa e nella stessa Russia, dai terroristi ceceni, per cui viene organizzato “il passaggio turco”, all’eterogenea opposizione del “nastro bianco” (sostenitori di Nemtsov, Navalnij, Limonov, Kasparov, ecc.)

Occidente. La Polonia, che non condivide un confine con la Russia (tranne che per l’enclave di Kaliningrad), opera lungo il perimetro di un ampio ‘arco’ geopolitico. Da Kaliningrad a nord (già chiamata ‘Królewiec’ dai diplomatici di Varsavia sul sito ufficiale del Consolato Generale di Polonia), attraverso Bielorussia e Ucraina, considerati come potenzialmente territori ‘amichevoli’ ad est, alla Crimea a sud. Riguardo l’Ucraina e la Moldavia, le ambizioni di Varsavia, che corre verso la creazione della quarta Rzeczpospolita e ha una sua visione futura delle terre sulla sponda destra dell’Ucraina che in gran parte coincide con quelle di Romania e Ungheria. La Polonia cattolica  essenzialmente coordina la propria politica con la correligionaria Ungheria, avendo dei punti di vista su una serie di questioni coincidenti e complementari, permettendogli di sviluppare una strategia comune. Riguardo la Bielorussia, qualcosa di simile (con qualche riserva) accade con Lettonia e Lituania, compreso il supporto tramite la Scandinavia all’opposizione filo-occidentale di Minsk, che ha trovato comprensione presso ‘i nastri bianchi’ e i funzionari pubblici che simpatizzano con loro in Russia. Nella prima metà del 2013, il Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR), il “pensatoio dell’Unione europea”, che conduce le analisi sulla politica estera e di sicurezza, ha distinto cinque settori della politica estera della Polonia. La Polonia viene riconosciuta leader nella realizzazione dei piani nel quadro della politica estera e di sicurezza comune della NATO, e viene elogiata per la sua politica (dei visti) verso Russia, Ucraina e Moldova e per la  politica estera per “una maggior attività nella democratizzazione” della Bielorussia. Il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, dopo una discussione sull’attuazione dei programmi del “partenariato orientale”, a un vertice dei ministri degli esteri dell’Unione europea a Bruxelles ha riferito, il 18.02.2013, che la politica orientale del suo Paese ha avuto numerosi successi, dicendo: “Si noti che parliamo con i nostri partner orientali di accordi di associazione e non di guerra. Allo stato attuale, l’Oriente è un luogo in cui l’Europa conduce una politica riuscita. Resta solo da formalizzare questi successi sotto forma di accordi bilaterali”.

Sud. Nel sud, Varsavia opera all’unisono con Ankara, dal momento che la simpatia della popolazione tartara di Crimea verso la Turchia, membro della NATO, facilita la comprensione tra i turchi locali e il membro della NATO Polonia. Nel 2013 hanno avuto luogo diversi eventi, come ad esempio una conferenza stampa per la tutela dei diritti dei tartari di Crimea, in cui non solo il presidente dell’Unione dei tartari polacchi, Selim Chazbiewicz, il capo del dipartimento per la comunicazione della Majlis Tartara di Crimea, Ali Khamzin, e altri hanno preso parte, ma anche influenti politici polacchi come Lech Walesa e l’ex ministro degli Interni Jadwiga Chmielowska. Precedentemente, a Simferopol un centro per i visti e un Consolato Generale della Repubblica di Polonia sono stati aperti, che oggi mostrano una notevole attività nella vita pubblica e culturale della regione autonoma e a Sebastopoli, in particolare nella collaborazione con la Majlis dei tartari di Crimea e screditando il movimento russo. E la Polonia è diventata il secondo Paese, dopo la Russia, il cui consolato in Crimea ha ricevuto lo status di consolato generale. Dalla Turchia, attraverso la Finlandia ed i suoi cittadini di origine svedese, viene organizzato il passaggio degli estremisti che istigano la jihad separatista nel “ventre meridionale” della Russia (compresi i terroristi ceceni del battaglione di Shamil Basaev degli attentatori suicidi ‘Riyad-us Saliheen‘). Gli scandinavi coordinano l’attività con i turchi anche nei media. Ad esempio, l’amministratore del sito dei terroristi Caucasus Center, Islam Matsiev, è arrivato in Finlandia dalla Turchia. Dal lato turco, la fondazione IHH di Basaev raccoglie fondi in Turchia, Dubai, Stati Uniti, Inghilterra e Francia per finanziare la rete terroristica internazionale chiamata ‘Emirato del Caucaso’, il cui portavoce è il Caucasus Center (il rappresentante ufficiale in Turchia è Musa Itaev, e in Finlandia è Islam Makhauri, fratello di Rustam Makhauri, il “ministro della Difesa dell’emirato del Caucaso”, guardia del corpo personale di Doku Umarov e rappresentante del terrorista Ali Taziev (‘Magas‘).)
Un evento tenutosi a Washington, a fine giugno 2013, presso uno dei più vecchi ed autorevoli ‘think tank’ degli Stati Uniti, la Heritage Foundation, era dedicato al futuro dell’Unione Eurasiatica e alla “tutela degli interessi di vitale importanza degli Stati Uniti e dei loro alleati in questo campo”, con la partecipazione di diplomatici, studiosi e analisti a dimostrazione che gli strateghi occidentali non  nascondono più il fatto di esserne consapevoli e di osservare da vicino gli eventi nella ex-Unione Sovietica. E non stanno fermi, ma costruiscono attivamente i propri strumenti per resistere alla rinascita e all’integrazione dell’Eurasia.

La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora