Siria: per le elezioni presidenziali del 2014, l’occidente cerca voti dai “profughi siriani!”
di Nasser Sharara - 08/10/2013
La carta dell’opzione militare è caduta dalla mano dei nemici occidentali e regionali del Presidente Bashar al-Assad, decisi a eliminarlo dal potere nell’evidente speranza di distruggere lo Stato siriano, come è avvenuto per tanti altri prima di lui. Ma Washington ha un’altra opzione, eliminarlo politicamente alle prossime elezioni presidenziali del 2014, se potranno contare sugli “elettori sfollati”, immersi nell’ambiente pro-opposizione dei vari Paesi obbligati ad ospitare la “diaspora siriana” che continuano a favorire… Prima di indulgere nella traduzione dell’articolo di Sharara su questo argomento, vorrei raccontare una piccola storia di tutti quei politici che si giustificano sostenendo di voler salvare l’”amichevole Libano” dagli artigli “della nemica Siria”. Mi ricordo quando lessi la lista dei nuovi membri del “club dei calunniatori” chiaramente incaricati di condizionare gli elettori siriani all’estero sotto l’egida di Elizabeth Guigou in persona. Il nostro ex-ministro della Giustizia è direttamente coinvolto nella distruzione della Siria? Mistero? In breve, una tavola rotonda si è tenuta il 1° ottobre presso l’Assemblea nazionale per un preteso “Sostegno al popolo siriano… Per sentire le voci della Libera Siria… la voce dell’opposizione democratica in Siria…”! I link [1] e [2] forniscono l’elenco di questi coraggiosi democratici che invocano il bombardamento della loro patria o di tentare di sabotare la prevista Conferenza Ginevra 2, tra cui la cosiddetta “Free Syrian Radio Rozana”, che trasmette da Parigi. Rozana! Passata la sorpresa, diciamo che il nome è azzeccato.
Infatti, al tempo dell’occupazione ottomana, una nave di Izmir si diresse verso Beirut, con l’unico scopo di inondare il mercato di prodotti essenziali, soprattutto alimentari, venduti a prezzi molto bassi per strangolarne l’economia. L’invasione a sorpresa poteva essere catastrofica per i commercianti di Beirut, se la “Camera di Commercio di Aleppo” non avesse inviato i suoi rappresentanti a comprare a un prezzo più alto, i loro beni divennero invendibili e ne limitarono l’impatto [3]. Allora camion con questi prodotti presero la strada per le città siriane… La nave pirata ottomana si chiamava “Rozana”! Rozana è anche il titolo di una delle più popolari canzoni in Libano e Siria. Fu scritta per riconoscimento della solidarietà dei commercianti di Aleppo ai loro fratelli di Beirut. Eric Chevallier, l’ex-ambasciatore francese in Siria che onorava della sua presenza il Club dei calunniatori, non l’ha sentita tra le tante calde serate dove veniva ricevuto da amico. Ascoltando la versione originale dell’incomparabile Sabah Faqri, diventata simbolo di Aleppo, ormai distrutta dall’interesse neo-ottomano con approvazione del governo francese. [4] Allora ascoltate questa seconda versione moderna, eseguita da una cittadina armena [5], quando gli armeni siriani vengono sfollati in Armenia da una guerra a forse un’altra… [6]. Grazie. [NdT]
Domina una sorta di guerra fredda nelle relazioni internazionali sulla questione della candidatura del Presidente Bashar al-Assad a un nuovo mandato, nel 2014. Dall’inizio degli eventi in Siria, i cosiddetti “Amici del popolo siriano” si sono fissati sul suo licenziamento e questo dopo non essere riusciti a cambiarne le posizioni secondo la formulata agenda dell’ex-segretario di Stato degli Stati Uniti Colin Powell, nel corso del suo famoso incontro nel 2003. Numerose conversazioni tra i diplomatici indicano che, dopo il fallimento dell’opzione militare per rimuoverlo dal potere, come teorizzava Robert Ford l’ex ambasciatore statunitense a Damasco, Washington ora passa a una nuova opzione del suo rovesciamento politico, sia impedendogli di candidarsi alle elezioni presidenziali, previste per il 2014, sia usando tutti i mezzi che per farlo perdere, se l’occidente non riesce ad impedire lo svolgimento di queste elezioni, con Bashar al-Assad candidato. Non è più un segreto che la Russia, l’Iran e gli Stati Uniti siano divisi su questa azione, ma finora molti non erano a conoscenza del fatto che Washington e i suoi alleati occidentali e arabi cercano di superare questo ostacolo, lavorando segretamente e di concerto nelle loro rispettive “sale operative”, pianificando progetti che garantiscano la sconfitta del presidente siriano, se le elezioni si terranno.
Sondaggi occidentali comprati con i soldi del Qatar
L’anno scorso, la “Qatar Foundation“, supervisionata da sheiqa Mozah, moglie dell’ex-emiro, ha commissionato un sondaggio dell’opinione pubblica mirata al probabile esito della “libera” elezione presidenziale in Siria. Va notato che ciò era compito di una squadra degli Stati Uniti, responsabile dell’indagine e che l’indagine doveva concentrarsi su due campioni di cittadini siriani: gli elettori in Siria, e gli elettori siriani sfollati o rifugiati negli Stati di Golfo, Africa e Levante. L’indagine ha mostrato che il 54% dei siriani all’interno erano per la candidatura del Presidente Assad e la continuazione di un suo altro mandato, mentre il 46% era contrario. Al contrario, l’83% dei siriani sfollati nel Golfo, il 93% degli sfollati in Africa e il 64% degli sfollati nel Levante era contro. Questa prima indagine fu seguita da altre indagini inedite, ordinate da società statunitensi e francesi, e ancora finanziate con soldi arabi. Queste indagini hanno mostrato essenzialmente gli stessi risultati: più del 50% dei siriani all’interno favoriva al-Assad, e oltre il 60% dei siriani rifugiati all’estero era contrario. Queste percentuali sono sostanzialmente molto importanti, perché hanno spinto Washington a concentrarsi su due aspetti specifici nel suo approccio alla crisi siriana, impedire ad al-Assad di rimanere nel 2014, per timore che vinca le elezioni, sulla base di questi dati ritenuti attendibili, e perseguendo la politica d’incoraggiamento dei Paesi vicini alla Siria per accogliere ancora più sfollati siriani. Una politica giustificata da considerazioni umanitarie, ma in realtà dettata dal fatto che la coalizione anti-Assad era costretta ad accettare una soluzione politica che prevede elezioni presidenziali con la sua partecipazione. In questo caso, il “miglior elettore” per rovesciare Assad diventa “l’elettore profugo!”
D’altra parte, queste società di sondaggio occidentali trovano che l’83% dei siriani che vive nei Paesi del Golfo e il 68% dei siriani che vive nel Levante, si opporrebbero alla rielezione, da ciò si spiega l’insistenza di Washington affinché il Libano apra le frontiere a tutti i siriani senza restrizioni… Gli Stati Uniti cercano di aumentare i dati degli oppositori in modo che quando arrivi il momento, i profughi siriani possano bloccare la prevista vittoria di Bashar al-Assad. Turchia e Giordania hanno rifiutato di accogliere altri rifugiati per motivi di sicurezza interna, il Libano è l’unico Paese che può aiutarli a raggiungere questo obiettivo. Così, uno dei piani attualmente sviluppato dagli statunitensi prevede, in vista della conferenza di Ginevra e della “transizione politica e l’istituzione di un organo di governo di transizione“, d’imporre un accordo che attribuisca ai profughi il diritto di voto all’estero e di organizzare seggi elettorali nel Paese in cui risiedono. Ma Damasco insiste sul fatto che il voto si svolga in Siria e se vi sarà una supervisione internazionale, sarà siriana e internazionale allo stesso tempo! Questo perché il conflitto è focalizzato sull’ambiente in cui i profughi potranno votare. E’ chiaro che la maggior parte dei Paesi che ospitano un gran numero di profughi siriani sono ostili ad Assad, in particolare i Paesi del Golfo e la Turchia, che operano per sconfiggerlo. Inoltre, i rifugiati in Giordania e Libano sono volutamente costretti a stabilirsi in zone in cui il clima politico sia ostile al governo siriano, e sono apertamente coinvolti nel sostegno all’opposizione siriana. Inoltre, il primo ministro libanese Najib Miqati ha detto in pubblico e in presenza di diplomatici, che il flusso di siriani in Libano è trattato al di fuori delle norme internazionali sull’accoglienza dei rifugiati. Un diplomatico chiaramente ha risposto: “Secondo le dichiarazioni di Miqati, è chiaro che il modo di affrontare l’afflusso di profughi non sia casuale!”.
Washington e i suoi alleati si rendono conto perfettamente che il clima politico-elettorale in Siria è sempre più a favore del regime, il che significa che non possono contare sugli elettori siriani in patria. La prova migliore è che il dollaro è sceso del 50% rispetto alla sterlina siriana, da quando Washington ha ritirato la minaccia di attacchi aerei contro la Siria (il dollaro è passato da 300 a 150 sterline siriane). La lettura politica di ciò, tra gli altri fatti, indica che l’élite urbana siriana, a maggioranza sunnita, è sollevata dal fatto che la minaccia di rovesciare il governo con la forza si sia dissipata, e ritiene che il parziale ritorno alla stabilità sia dovuto alla continuità e alla forza del governo che s’impone sulla scena internazionale. Pertanto, il “miglior elettore” anti-Assad è ancora “l’elettore profugo”; chi appartiene al blocco più grande non può essere manipolato per votare contro un nuovo mandato del presidente siriano. Un blocco basato su un’ampia e plurale base sociale che ha un solo nemico, “il sostituto sconosciuto” e il “terrorismo” che promettono alla Siria il destino di Afghanistan, Libia e dell’Iraq.
La forza di Assad proviene dall’interno
E’ chiaro che l’attuale teoria della rimozione del presidente siriano, sia creare un “effetto leva elettorale” fuori dal territorio siriano, facendo votare all’unisono con l’ambiente pro-opposizione. Ma altri fattori vengono presi in considerazione. Un fattore importante deriva dal fatto che grandi aree della Siria sono sotto il controllo diretto o indiretto del cosiddetto Stato Islamico dell’Iraq e del Levante [SIIL], del Fronte al-Nusra o di altri gruppi radicali terroristici, in cui votare o partecipare alle elezioni è proibito per motivi religiosi! Pertanto, è probabile che il giorno delle elezioni in Siria, il SIIL potrà commettere contro il voto lo stesso tipo di sanguinosi attacchi suicidi dell’Iraq, influenzando l’affluenza alle urne nelle zone tenute dai terroristi. Un altro fattore da comprendere è che al-Assad sarà l’unico candidato “pro-stabilità” contro diversi candidati che rappresentano il contrario. Inoltre, sarà facile a Paesi come la Turchia, l’Arabia Saudita, la Francia e gli Stati Uniti accordarsi su un unico candidato anti-Assad, per evitare la dispersione dei voti dell”opposizione; se tali Paesi potranno far votare gli oppositori nei rispettivi territori o Paesi in cui essi esercitano la loro influenza. Alcune fonti riferiscono che Riyad favorisce le elezioni in due turni, perché servirebbero ad accordarsi su un unico candidato anti-Assad, una volta che i numerosi candidati dell’opposizione saranno eliminati al primo turno.
Una TV per le “minoranze”
Recenti notizie indicano che, nel contesto dei preparativi elettorali del campo anti-Assad, spicca nei piani dell’opposizione siriana, su richiesta di Arabia Saudita e la Francia, la creazione di una rete satellitare per le cosiddette “minoranze” in Siria e il Medio Oriente. L’obiettivo sarebbe attrarre il maggior numero di voti cristiani e curdi, soprattutto per contrastare il discorso del Vaticano preoccupato dal futuro dei cristiani in Siria e Medio Oriente con la cosiddetta primavera araba.
Note:
[1] Invito alla tavola rotonda presso l’Assemblea Nazionale: la voce della Siria libera!
[2] Il blog di Filippe Baumel
Invito giustificato, tra l’altro, dall’amministrazione “delle zone sottratte dal controllo del potere.” Ecco le famose “zone liberate” dagli zombie assassini e dai ladri di petrolio venduto a poco prezzo, nel nord della Siria… forse sfuggiti al controllo dei loro sponsor. Ma di cui Baumel se ne frega. E’ sulla cresta dell’onda dicendo di portare il progresso laddove non ce lo aspettavamo: “La politica di fermezza auspicata dal Presidente della Repubblica verso il regime di Bashar al-Assad, che non ha esitato a lanciare massicci attacchi con i gas contro la popolazione civile, ha favorito lo sviluppo del piano di monitoraggio delle sue armi chimiche, negoziato a Ginevra tra i russi e gli americani. Senza la minaccia dell’uso della forza, che ha convinto Mosca a fare pressione su Damasco per riprendere il dialogo con Washington, il piano sarebbe presto stato lettera morta, come gli accordi precedenti. Fatte salve le possibilità di successo in un paese devastato, è chiaro che il dittatore ha decisamente ripreso bombardamenti e uccisioni, arresti e torture. Nessuna soluzione politica può prevalere se non tiene in considerazione le aspirazioni del popolo siriano e le sofferenze che ha dovuto sopportare per due anni e mezzo nella ricerca della libertà. Dobbiamo aiutare l’opposizione democratica siriana ad avere più voce. Combattendo con le unghie e i denti gli apologeti della repressione e fanatici della jihad, cerca ancora di difendere ed amministrare le aree sottratte al controllo del potere, cercando di tracciare la prospettiva di una società della tolleranza in Siria. Le sue grida di aiuto possono essere ignorate?“
[3] as-Safir 27/09/2013: Il debito morale di Beirut verso Aleppo…
[4] Rozana: versione interpretata da Sabah Faqri di Aleppo
[5] Rozana: versione moderna eseguita da Lena Chemamian
“Dio punirà Rozana per quello che ci ha fatto…
Voi che andate ad Aleppo, il mio amore è con voi…
Sotto le uve che portate, e le mele…“
[6] AFP: L’Azerbaijan accusa l’Armenia di insediare i rifugiati siriani in Nagorno Karabakh
Nasser Sharara è giornalista ed analista politico libanese.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora