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Piccolo è sempre più bello, l’altra economia raccontata da una giovane vicentina

di Alessio Mannino - 16/10/2013

Fonte: nuovavicenza



Chiara Spadaro

Chiara Spadaro

Domenica 13 ottobre al Presidio No Dal Molin nel mercato dei prodotti locali organizzato dal gruppo d’acquisto solidale (Gas), da Gusti Berici ed Equistiamo c’era anche l’autrice vicentina di una serie di libri che a tappe esplorano il tema dell’autoproduzione e autoconsumo. Chiara Spadaro ne ha scritti quattro, riunendovi i materiali e le esperienze apprese nel suo lavoro di giornalista della rivista Altraeconomia («sono una precaria»). Un percorso nella moltitudine di tentativi di aggirare l’economia mainstream consumistica e sprecona sparsi per l’Italia. Un viaggio che di recente l’ha portata a pubblicare la sua ultima fatica, “Vademecum per la biodiversità quotidiana”, in uscita a fine mese.
L’itinerario è cominciato nel 2010, con “Il frutto ritrovato”, una mappa dei custodi delle sementi biologiche. Un filone ripreso nel prossimo libro, con la differenza che quest’ultimo è un vero e proprio manuale per seed savers, per chi vuole coltivare piante e ortaggi in modo naturale. Fra i due, nel 2011 è stato la votla di “Adesso pasta”, uno studio della filiera del cibo italiano per eccellenza, molto mangiato ma poco conosciuto. La Spadaro spiega cosa contiene, quali sono i metodi per produrlo, come è organizzato il canale parallelo dei Gas e delle piccole botteghe. «Racconto anche esempi concreti, come quello del pastificio Iris in provincia di Cremona, il primo che rifornisce i Gas, che vende un etto a 80 centesimo, ma anche meno se i gruppi fanno ordini maggiori tipo i pacchi da 5 chili». Si tratta di pasta biologico, trafilata in bronzo, essiccata lentamente, al 100% di grano duro italiano. La differenza con il prodotto tipico della grande industria ricalca il dilemma di sempre: quantità o qualità? I piccoli produttori e la piccola distribuizione preferiscono la seconda, e per spuntare un buon prezzo la logica è per l’appunto la compravendita di gruppi di famiglie. A Vicenza su questa scia c’è il pastificio sui Colli Berici “L’Origine”, che pratica agricoltura biodinamica ed è inserito nel circuito di commercio diretto dei 32 Gas della provincia (5 nel capoluogo), per un totale di 500 famiglie circa. L’ostacolo maggiore alla diffusione dei gruppi è la lontananza fisica da famiglia famiglia: «ci stiamo organizzando in questo senso. Diciamo che per partire un buon numero di base può essere costituito da una decina di famiglie», spiega la Spadaro.
Nel 2012 è la volta di “Piccolo è meglio”, con prefazione di Ilvo Diamanti. Un richiamo fin dal titolo alla famosa opera degli anni ’70 “Piccolo è bello” del sociologo Schumacher, in cui si rivalutava, con molto anticipo sui tempi, la dimensione a misura d’uomo di contro al gigantismo della globalizzazione. Chiara lo rilegge in chiave attuale, calandone la prospettiva nel vissuto di storie italiane d’oggi: «venti racconti esemplari», come «la coltivazione di terrazzamenti in Valbrenta, negli anni ’70 a tabacco e oggi a menta, grazie all’iniziativa di un immigrato marocchino», tutte uniche ma «replicabili». E’ il cosiddetto mercato a chilometro zero, ancora di nicchia ma secondo la Spadaro «in espansione, si stanno intrecciando sempre più nodi». L’ostacolo maggiore è rappresentato dalla mentalità, dalla cultura del consumo consapevole non ancora sviluppata: «c’è da fare un grande lavoro culturale, il consumatore-tipo deve cominciare a pensare a quello che compra perchè se continua così non ci sarà più nulla da mangiare. La scelta alimentare è importante perchè da essa deriva la preservazione della nostra comunità e delle specificità territoriali». L’alternativa è diventare un unico MacWordl dove si acquistano e si trangugiano le stesse cose, prodotte senza badare alla diversità e al gusto. Si tratta, in altri termini, «di un ritorno alla terra e ad un’economia più primaria».
L’ultimo libro è più per appassionati e addetti ai lavori, «un prontuario su come usare i semi non incrociati o trattati chimicamente per il diritto all’autoproduzione, anche sul balcone di casa». Ma senza cedere ai buonismi dell’industria culturale del consumo: «anche qui parto dall’esperienza diretta delle reti, ad esempio della Rete Semi Rurali, o di Civiltà Contadina, o quella operante dalle nostre parti, l’AVeProBi (Associazione Veneta Prodotti Biologici)». Chiara sottolinea la necessità e l’urgenza di interessarsi e provare in prima persona: «Ci si deve mettere in gioco, per esempio con gli orti urbani». Su Slow Food, accusata di essere un po’ la versione radical-chic dell’impegno bio, il suo giudizio non è sbilanciato: «Da un lato porta avanti progetti interessanti, come i “Mercati della terra”, con la vendita diretta contadino-acquirente, o gli “Orti in condotta”, corsi di educazione agricolo-alimentare nelle scuole. Dall’altro sappiamo tutti che molti prodotti non sono economicamente accessibili, e infatti anche all’interno di Slow Food c’è discussione. C’è stata comunque un’evoluzione, dalle cene ai progetti sul territorio».
La Spadaro, a cui chiediamo qualche riferimento teorico (decrescita felice ecc),preferisce porre l’accento «sull’esperienza dal basso, senza utopie, ma in direzione ostinata e contraria, come cantava De André». Dal punto di vista politico, infatti, le sponde sono ancora poche, benché qualcosa si sia mosso: in Veneto è in vigore una legge regionale che incentiva le reti d’acquisto e la relazione diretta fra produttore e consumatore. «Ma non ci sono cappelli politici alle nostre iniziative. L’importante è che si capisca il messaggio: piccolo non si riferisce solo alla dimensione, piccolo vuol dire anche resistere ai grandi della distribuzione, vuol dire essere attenti ai diritti dei lavoratori, alle differenze territoriali». Piccolo è meglio, insomma. E se la massa non se ne rende conto, si incaricherà di farglielo capire il peggioramento delle condizioni economiche e ambientali mondiali.