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Immigrazione e globalizzazione

di Umberto Bianchi - 21/10/2013


    
 
Certo, non è bello assistere quasi in diretta alla morte di uomini, donne e bambini, né può fungere da elemento di compensazione, il piangere e lo strapparsi di vesti, i “mea culpa” o gli auto da fè a cose già avvenute. Di fronte alle tragedie del mare resta, al di là di tutto, la faccia di bronzo, l’ipocrisia e la malafede travestiti da nauseabondo buonismo, propalati a piene mani da media addomesticati e per bocca di una classe politica oramai ridotta al demenziale ruolo di imbonitrice di un’opinione pubblica sempre più stanca e disorientata. I “Barconi della speranza”, non partono dal Nulla, né sbucano d’improvviso da qualche varco dimensionale alieno, lì lì spalancatosi per riversarci il suo carico di orrori e miserie. No. Quei barconi, partono da località ben conosciute, da paesi ben noti, come noti e stranoti sono gli scafisti-avvoltoi ed i loro mandanti-avvoltoi. Altrettanto noto e risaputo che, in un paese “normale”, le frontiere dovrebbero essere inviolabili e che, l’attraversarle senza alcun documento o senza passare attraverso i canonici controlli doganali, oltre a costituire un grave reato, dovrebbe esser impedito dalle autorità frontaliere. Sì è vero, la guerra, l’orrore, la fame, la miseria fanno la loro parte. E perchè? In Europa le due ultime guerre mondiali, non sono state altrettanto foriere di orrore, fame e miseria, in misura molto maggiore delle attuali vicende che toccano l’altra sponda del Mediterraneo ed il Terzo Mondo? E per caso i nostri nonni fuggirono in massa o disertarono, portando seco donne e bambini, o le cose, come sappiamo, andarono diversamente? Non era, per caso, quasi impossibile fuggire dall’inferno bellico? Abbiamo idea del numero di vittime del silenzioso esercito di coloro che conclusero la propria esistenza con un proiettile in corpo, per aver tentato di disertare o, solo per aver messo in discussione gli ordini? Da quando mondo è mondo esistono guerra, fame e malattie che il caso e la Storia distribuiscono in maniera diseguale tra popoli e nazioni. Taluni conoscono pace e benessere, talaltri guerra e miseria. Per un giusto senso di umana (e vera!) solidarietà, starebbe ai più fortunati aiutare i più sfortunati, nella misura del lecitamente possibile. Questo però, non può e non deve essere confuso con l’intento di favorire fughe di massa, istigando alla diserzione, per disinnescare i propri problemi interni e finire con il destabilizzare i paesi ospitanti. Un malinteso senso di solidarietà, confonde la generosità con il masochismo, il rispetto per la vita altrui con gli istinti suicidi di una civiltà sulla china della decadenza, la bontà e la solidarietà, con i suoi ipocriti surrogati di “buonismo” e “solidarismo”. Tutta questa nostra civiltà italiota, europea ed occidentale è oramai ipocrita parodia e deformazione di valori e sentimenti. Pensate ci vorrebbe così tanto, a stipulare accordi con i paesi rivieraschi del Mediterraneo per evitare questi indegni “viaggi della speranza”? O, sarà che le sovvenzioni occidentali (leggi anglo-franco-italico-yankee) alle varie “primavere” arabe, o che l’omicidio su commissione del Colonnello Gheddafi o il fuoco di fila contro il Socialismo Pan Arabo siriano, abbiano determinato su quelle sponde una tale situazione di caos, per cui solo neanche un fermo atteggiamento europeo potrebbe fare da argine, se non a costo di far saltare fuori una scomoda verità? E poi, scusate, vi siete mai chiesti che fine fanno i miliardi di euro che ONU, FAO, ONG, programmi di cooperazione e sviluppo vari, maneggiano al fine di “aiutare” i poveri ed i diseredati del mondo? E, di conseguenza, non sarebbe molto più produttiva la pratica di aiuti a distanza, volti a creare tutte quelle infrastrutture atte a favorire lo sviluppo di una comunità, conformemente al proprio substrato socio culturale? Domande oziose si dirà ma, una cosa è sicura: risolvere determinate situazioni potrebbe rivelarsi molto più semplice e meno farraginoso, di quel che i media “embedded” vorrebbero farci credere, se solo lo si volesse. Per andare sul concreto, basterebbe abolire il meccanismo dell’anatocismo sia sui prestiti internazionali che, su quelli atti a favorire le imprese o le cooperative locali. Basterebbe statalizzare le varie banche nazionali, far sì che i costi dell’emissione della moneta vengano reinvestiti in opere sociali. Ri-localizzare le economie, favorendo il sorgere di realtà micro impresariali di tipo cooperativistico, in qualsiasi settore dell’economia (ma in particolare, nell’artigianato e nell’agricoltura), a discapito degli investimenti stranieri che invece, stravolgono i vari substrati socio economici, determinando la trasformazione dei lavoratori in schiavi sottopagati. In questo modo, la riconversione dell’economia in senso cooperativistico, vedrebbe il sorgere nei vari paesi di un diffuso ceto di artigiani-produttori, contadini-produttori, impresari-produttori, contrapposto alle vecchie ed inefficienti catene di comando oligopolistiche. Stesso discorso potrebbe valere per quanto riguarda la pratica dell’azionariato diffuso, anzichè quella dei monopoli finanziari. Il problema è che nessuno vuole risolvere l’attuale stato di cose, anzi. Alla base di tutto, sta la totale perdita di primato della politica davanti agli interessi delle grosse consorterie finanziarie globali. Pertanto, la direzione impressa agli eventi, va in una direzione opposta a quanto sinora proposto, attraverso un piano “illo tempore” prestabilito e scandito da tappe ben definite. La prima fase di Bretton Woods (1944-1971), è caratterizzata da un assetto relativamente stabile dei mercati finanziari e dei singoli contesti economici nazionali, necessaria a rafforzare attraverso l’interscambio commerciale con un’Europa benestante, il dominio planetario delle oligarchie finanziarie di Wall Street. La seconda fase vede, verso i primi anni ’70, con la fine di Bretton Woods e con una maggiore oscillazione valutaria, la creazione dei presupposti per un mercato globale. La crisi petrolifera del ’73 spalanca le porte ad un periodo di iperinflazione per Europa e Terzo Mondo, i cui sogni indipendentisti verranno frustrati daIla sempre maggior dipendenza dalle istituti di credito, mentre l’inflazione favorirà, come non mai, la speculazione finanziaria. Superato un primo momento d’incertezza, contrariamente al Terzo Mondo, Europa ed USA usciranno indenni  da questa fase. L’Europa, anzi conoscerà il clou del proprio benessere (in termini di reddito pro capite, produttività, etc.), durante gli anni ’80 del secolo passato. Dalla caduta del Muro di Berlino in poi, si spalanca la terza fase (1989-2013). La caduta delle vecchie barriere ideologiche ed economiche, consente l’ipertrofico espandersi del modello di sviluppo neoliberista. Maastricht, Lisbona e WTO sanciscono la fine di tutte quelle barriere che consentivano ai vari paesi europei (e non solo!) di difendere e tutelare le proprie economie dagli attacchi della finanza speculativa. Se sino a quel momento le varie contingenze di tipo politico non lo consentivano, ora, abbattuta qualunque barriera ideologica, quei gruppi che stanno alla testa del potere economico e finanziario mondiale, entrano in campo direttamente, senza più alcuna mediazione politica(vedi governo Monti-Draghi, etc.), per spianare la strada all’obiettivo di un  proprio governo mondiale. Organismi politici sovranazionali (ONU, FMI, Comunità Europea, GATT, etc.) accanto a gruppi monopolistici economico-finanziari, si fanno strumenti  del dominio “urbi et orbi” del Dio unico Tecno-economico, il cui scopo sembra essere il perseguimento della felicità del genere umano, attraverso alcuni inamovibili dettami. Tra questi, la tragica vicenda dei cittadini israeliti in Europa sotto il Nazismo (Olocausto o “Shoah”), elevata “ad usum delphini”, quale mito fondante della nuova era mondiale a conduzione yankee e concepita come unica tragedia collettiva dell’ultimo conflitto mondiale. L’indiscutibilità del paradigma economico liberista, alla base di Euro e Comunità Europea, considerati quali indiscutibili pilastri, del Nuovo Ordine Mondiale. L’imposizione di un modello di società multiculturale e multirazziale, quale passaggio obbligato, al fine di spezzare qualunque resistenza al Modello Unico. Popoli differenti sotto uno stesso tetto, unicamente accomunati dal marchio di “consumatori”, non possono condividere eguali rivendicazioni, idee, obiettivi, proprio a causa di inalienabili differenze culturali. Anzi. Il modello liberista incentiva uno spirito di emulazione e competizione tale, da richiedere la presenza di un ottuso Stato-Leviatano, nel ruolo di controllore e compressore delle libertà individuali, nel nome del mantenimento dello Status Quo, così come accade in quasi tutti gli odierni modelli di stato “paternalista”, impiantato in società multirazziali, (vedi Malaysia, Indonesia, Singapore, India, etc.) con l’alternativa del caos (vedi Libano, ex Jugoslavia, etc.) o, quanto meno, di una situazione di pericolosa instabilità, (come negli USA, in Brasile, Colombia, Venezuela, Sud Africa, Russia, etc.). L’imposizione di una società multirazziale in Italia ed in Europa,  l’obiettivo di uno Stato deprivato e parcellizzato tra un’infinità di individualità etniche, incentivate a produrre a bassissimo costo, sotto la supervisione di anonimi organismi finanziari multinazionali, non si raggiunge se non attraverso la graduale smobilitazione e destrutturazione delle economie nazionali, la delocalizzazione delle imprese, la finanziarizzazione dell’ economia a discapito della produttività e, dulcis in fundo, a suggello di questo patto scellerato, attraverso, attraverso l’invio e lo spostamento da un paese e da un continente all’altro, di migliaia di disperati, sponsorizzati ed istruiti a tale scopo, con la compiacente complicità dei vari governi, occidentali e non, tutti egualmente proni ai “desiderata” dell’alta finanza. Società “multirazziale” significa quindi, limitazione di libertà e diritti individuali, per permettere attraverso la convivenza forzata tra etnie, ai padroni di lucrare con il lavoro a basso costo, ad una Chiesa Cattolica alle prese con una annosa crisi delle vocazioni, di rimpinguare le proprie esanimi fila e, ad una Sinistra ridotta al lumicino, di rianimare i propri incerti destini elettorali. Ma, ciò che più di tutto uccide, è quello schifoso ed insidioso veleno chiamato “Buonismo”. L’Europa è una vecchia baldracca che, nel corso dei secoli ha contratto infezioni e malattie di tutti i tipi: Clericalismo Catto-Protestante, Mercantilismo, Liberalismo, Materialismo, ne hanno fiaccato certamente la fibra, ma quella che ora si è presa, il Buonismo, rischia di condurla verso un definitivo collasso. Il Buonismo è sifilide dell’anima, uccide il vigore dei sentimenti, sterilizzando le menti, oramai aduse a concepire il mondo in un’ottica dolciastra, ricoperto da una patina di ipocrisia, a mò di ammuffito panettone globale. Nel Buonismo convivono fianco a fianco, la plurisecolare ipocrisia Catto-Protestante, accompagnata al marcio progressismo post moderno di una Sinistra a cui, perduta per la strada la propria vitale spinta propulsiva, altro non rimane che far appello ai “buoni sentimenti”. Il tutto condito da una plurisecolare vocazione al tradimento della propria classe lavoratrice, del proprio popolo, della propria comunità, del proprio Stato, che affonda le proprie radici nel mai sopito risentimento da “ciandala”, caratteristico di certo cristianesimo e che, nel concetto dell’ agostiniana “Civitas Dei”, trova il suo degno completamento. Per cui, prima viene l’ “Ecclesia”, dopo tutto il resto, costi quel che costi; anche a costo della fine di Roma e dell’Impero. Ed ancora oggi, si ripete, immutabile, lo stesso copione. Nel nome della “Ecclesia” globale si sacrificano e si tradiscono tutto e tutti. E poco importa che siamo di fronte all’assalto finale del Globalismo. Poco importa che quelli che oggi smielatamente vengono definiti “immigrati”, altri non siano che le inconsapevoli truppe da sbarco del Mondialismo, mandati lì per sostituirsi gradualmente e pacificamente agli europei. Siamo in guerra, ma ci dicono che è una questione di “solidarietà”. Ci stanno depredando di benessere, posti di lavoro, opportunità, salute, ambiente, ma ci dicono che è solo ed esclusivamente per il nostro bene, ottemperare ora e sempre alle “bonarie” raccomandazioni della BCE, della NATO, degli USA,delle Agenzie di Rating, della FAO, del FMI, del GATT, dell’ONU, della TRILATERAL COMMISSION, del BILDERBERG CLUB, dei Superiori Sconosciuti…