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Ecco la legge che imprigiona i sentimenti

di Massimo Fini - 27/10/2013

                 

Come se non bastassero i reati liberticidi contemplati nella legge Mancino (istigazione all'odio razziale, antisemitismo, xenofobia) cui si è aggiunto di recente l'omofobia, adesso la Commissione Giustizia del Senato ha approvato all'unanimità una nuova fattispecie di reato, il negazionismo, per cui si punisce con la reclusione da uno a sette anni chi «nega l'esistenza di crimini di genocidio o contro l'umanità». Ma prima di entrare nel merito di questo reato di nuovo conio, che ha nel mirino soprattutto se non esclusivamente i negazionisti dell'Olocausto, è bene chiarire che cosa si intende per istigazione. Se io dico «Gli ebrei che vivono a Venezia devono essere uccisi» è istigazione a delinquere perchè incito, sia pur genericamente, a commettere un reato, l'omicidio. Ma questo vale per tutti i reati contemplati dal Codice penale (art.115 c.p.). Ma se io dico «Odio tutti gli ebrei che vivono a Venezia» dico una cosa stupida ma non istigo nessuno a commettere un reato a meno che non si consideri tale l'odio in sè e per sè come fa la legge Mancino. Ma l'odio, come la gelosia o l'ira, è un sentimento e nessun regime, nemmeno il più totalitario, aveva mai tentato, prima degli attuali regimi che si dicono liberali, di mettere le manette ai sentimenti. Ecco perchè considero la legge Mancino ultraliberticida, perchè manda al gabbio non solo le idee che non piacciono alla 'communis opinio' ma anche ai sentimenti.

Col reato di negazionismo ci si spinge ancora un po' più in là. Come osserva il magistrato penale Mauro Morra in una mail che mi ha gentilmente inviato: «Non si sanziona più solo l'istigazione o l'apologia di delitti contro l'umanità, ma anche il semplice fatto di negarne l'esistenza». Un puro reato di opinione se mai ne n'è stato uno. Il che ha l'ulteriore conseguenza di impedire la ricerca. In Austria, dove questo reato esiste già, è stato condannato alla reclusione per tre anni (ne ha scontato poi circa la metà) lo storico inglese David Irving che in base a delle sue ricerche, pubblicate nel libro La guerra di Hitler, non nega l'Olocausto ma ne ridimensiona l'entità. Peraltro ha pochissimo significato se gli ebrei finiti nelle camere a gas siano stati, per ipotesi, quattro milioni invece di sei, perchè non è una questione di quantità ma di qualità, cioè il crimine e l'orrore stanno nel motivo per cui furono internati e uccisi: per il solo fatto di essere ebrei. E' questa la specificità dell'Olocausto, il motivo che lo differenzia dagli altri 50 milioni di morti della seconda guerra mondiale. Ma se uno storico vuole fare ricerche in tal senso ha il pieno diritto di farlo, assumendosene la responsabilità che è morale ma non puo' essere penale, a meno che, senza voler fare paragoni blasfemi ma solo per intendere meglio i principi che sono in gioco e le conseguenze della loro violazione, non si voglia tornare all'epoca di Galileo e del cardinale Bellarmino.

Infine il reato di negazionismo sarebbe controproducente rispetto ai suoi fini.] Perchè come ogni proibizionismo ecciterebbe la trasgressione, soprattutto nelle menti giovanili. Come ci insegna la Storia, anche recente, e come sa chiunque abbia, o abbia avuto, figli adolescenti.