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Buazizi, il “barbone” divenuto icona nazionale

di Karim Zmerli - 17/12/2013



Dallo schiaffo che non ha mai ricevuto alla laurea che non ha mai avuto, tutta sbagliata la storia di questo “barbone”, come dice Farhat Rajhi, divenuto icona nazionale e celebrità mondiale. Come quella che prese di mira l’Iraq, la disinformazione non fu mai così fuorviante, potente e distruttiva per gli Stati-Nazione. Tale disinformazione era un’arma dei servizi statunitensi e fu usata da un gruppo di cyber-collaboratori tunisini, dentro e fuori il Paese. Tre anni dopo la distruzione della Tunisia, si svela l’icona “nazionale” che distrusse la nazione.

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Tra un paio di giorni, ci potrebbe essere ancora qualche tunisino che celebra il terzo anniversario dell’immolazione di Tariq Buazizi  (s’è la sua vera identità), che incendiò la Tunisia e il cui devastante incendio si diffuse in Libia, Egitto, Yemen e Siria. Questa è l’occasione per tornare su tale manipolazione di massa che distrusse la Tunisia, di cui i nostri connazionali non hanno finito di pagare, perché il peggio deve ancora venire.
Come abbiamo scritto più volte nel 2011, Bouazizi non si chiamava Muhammad ma Tariq. Non  ebbe una laurea, ma un diploma. Non era di una famiglia povera di Sidi Buzid, ma di una famiglia media, come il 50% dei tunisini, i poveri, i veri poveri, rappresentano il 17% della popolazione tunisina. Non era un venditore ambulante che sfamava la famiglia, ma un ubriacone che ogni notte frequentava feccia come lui. Dopo ogni sbornia, picchiava la madre Manubia per null’altro che  denaro e con cui aveva un conto in sospeso: dopo la morte del marito Taib, dal quale ebbe tre figli, tra cui Tariq, ne sposò il fratello, cioè lo zio paterno di Tariq, dal quale ebbe altri quattro figli.
Il 17 dicembre 2010, Fayda Hamdi (47 anni), agente comunale ed ex segretaria del governatorato di Sidi Bouzid, retrocessa per far posto ad un candidato raccomandato, controllò Tariq Buazizi, fruttivendolo ambulante e senza licenza. “Devi fare come tutti i commercianti, avere una licenza per vendere legalmente“, disse. Volgare e violento, quest’ultimo rispose: “Vai ai farti...!” Lei finse di confiscargli la bilancia, replicando: “Come pensi di pesare ora?” Sempre violento e minaccioso,  rispose: “Con le tue tette da pu...”. Fayda Hamdi dichiarò: “Gli dissi di andarsene, ma cominciò ad urlare, mi spinse. Volevo confiscargli bilancia e merce. Ha resistito ferendomi a una mano. Mi insultò con pesanti parolacce. Cercò di strapparmi la spallina dell’uniforme. Dei rinforzi arrivarono…” solo allora la merce dell’ubriacone fu confiscata da altri agenti comunali giunti in soccorso. Dopo una bevuta di tre ore, Tariq Buazizi si recò al governatorato dove nessuno voleva riceverlo. Meno di un’ora dopo si diede fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Buzid. Da quel momento si avviò la macchina della disinformazione e propaganda. In diretta connessione con agenzie straniere (statunitensi ed europee), un gruppo di cyber-collaborazionisti creò la tragica finzione che non lasciò indifferenti i giovani tunisini: la storia di “Muhammad” Buazizi, un giovane laureato disoccupato, umiliato e schiaffeggiato dalla polizia di Ben Ali. La sera stessa, la rete TV  islamo-sionista al-Jazeera diffuse questa tragica finzione. In questa manica di cyber-collaborazionisti istruiti ai metodi dell’organizzazione serba Otpor, agenzia della CIA finanziata da Freedom House, vi erano persone pienamente consapevoli di lavorare per delle potenze straniere e vi erano coloro che li seguivano come pecore. Questi cyber-collaborazionisti sono noti a tutti e non è necessario ricordarne i nomi.
Sei mesi dopo la morte di Tariq Buazizi, il mito iniziò ad incrinarsi. In un articolo di Christophe Ayad, “La rivoluzione dello schiaffo” su Libération dell’11 giugno 2011, Lamin Buazizi,  sindacalista da Sidi Bouzid, ammise che “In realtà, tutto fu inventato a meno di un’ora dalla sua morte. Disse di essere un laureato disoccupato per colpire il pubblico, quando era solo diplomato, e che era un fruttivendolo. Per istigare gli analfabeti s’inventò lo schiaffo di Fayda Hamdi. Questa è una zona rurale tradizionale, e ciò scioccò la gente.” Il sindacalista si dimenticò di dire che questa disinformazione non fu un prodotto locale, ma proveniva da oltre Atlantico! Questo sindacalista venduto all’ambasciata degli Stati Uniti di Tunisi, e in costante contatto con la cellula nera di al-Jazeera, non aveva altra scelta che ammettere una parte della verità. Il 19 aprile 2011, dopo quattro mesi di detenzione nel carcere di Gafsa, il giudice di Sidi Bouzid ordinò un non-luogo a procedere, essendo Fayda Hamdi totalmente innocente. Il primo a scrivere che “Lo schiaffo non ci fu mai” fu il professor Abdelhamid Largash del giornale on-line Leaders, il 25 maggio 2011. Poi ci fu l’articolo di Christophe Ayad, come detto sopra. Il colpo di grazia arrivò da Muhammad Amin Manqai con il suo articolo “Tunisia, ascesa e caduta di Muhammad Buazizi“, Kapitalis, 23 giugno 2011, in cui  cita Farhat Rajhi, l’effimero ministro degli Interno dopo la caduta del regime: “Muhammad Buazizi era un barbone, null’altro che un tizio da evitare quando cammini con tua moglie o tua sorella per strada!” Così, in pochi mesi, un Hela Beji fu elevato alla dignità di “San Buazizi” (Le Nouvel Observateur del 10 gennaio 2011), Farhat Rajhi lo sminuì all’indegnità di “barbone e null’altro.” Il ribasso di Tariq Buazizi nella borsa della “primavera araba” non impediva a Bertrand Delanoë, sotto la pressione di comunisti ed ambientalisti, di assegnarne il nome a una piazza di Parigi, proprio quando la targa che ne onorava la memoria nella città natale, Sidi Bouzid, veniva distrutta da ragazzini, laureati disoccupati, umili del Paese, persone oneste ed affidabili nonostante la povertà e l’ingiustizia sociale.
Tariq Buazizi non partecipò alla distruzione della Tunisia. Questo giovane ubriacone, come migliaia in Tunisia, non pianificò il suo suicidio, né tanto meno la destabilizzazione, occupazione e islamizzazione della Tunisia. Coloro che ne furono responsabili, davanti alla storia, fu il branco di cyber-collaborazionisti della CIA, che sotto l’ombrello di Alec Ross, consigliere speciale di Hillary Clinton, e di Jared Cohen, l’organizzatore dell’Alliance for Youth Mouvement (AYM) che si tenne a Washington nel dicembre 2008 riunendo i vari piccoli ratti tunisini, egiziani, libici, yemeniti, siriani e algerini della futura “primavera araba“. Tra i responsabili di fronte alla storia vi è anche l’esercito virtuale (facebook e tweeter) dei rinnegati involontari, ingannati dai cyber-collaborazionisti e istigati dalla TV islamo-sionista al-Jazeera.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora