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I Magi: leggenda messianica o mito universale?

di Franco Cardini - 08/01/2014

 

"Nato Gesù in Betlemme di Giudea al tempo del re Erode, ecco che dei magi venuti dall'Oriente giunsero a Gerusalemme e chiesero: “Dov'è il re dei giudei che è nato? Poiché vedemmo la sua stella in Oriente, e siamo venuti ad adorarlo”. All'udir ciò il re Erode, e con lui tutta Gerusalemme, si conturbò e, convocati tutti i gran sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da essi dove avesse a nascere il Messia. Gli risposero: - A Betlemme di Giudea; che così è stato scritto per mezzo del Profeta. E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei già la più piccola tra le principali città di Giuda; poiché da te uscirà un principe, il quale reggerà il mio popolo Israele – (Michea,5, 1-3). Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, accuratamen­te ricercò da essi il tempo dell'apparizione della stella, mandandoli a Betlemme, disse: - Andate e informatevi del bambino; e quando lo avrete trovato fatemelo sape­re, affinché anch'io venga ad adorarlo -. I magi, udito il re, se ne partirono: ed ecco la stella, che avevano veduto in Oriente, andar loro innanzi, finché venne a fermarsi sopra il luogo dov'era il bambino. Vedendo la stella, provarono una grandissima gioia. Ed entrati nella casa, videro il Bambino con Maria Sua madre, e prostratisi lo adorarono; aperti poi i loro scrigni, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Ed avendo ricevuto superno avviso in sogno di non tornare da Erode, per altra via fecero ritorno al loro paese" (Matteo, 2, 1-2).
Ecco tutto quel che Matteo, l’unico dei quattro evangelisti “canonici” (cioè divinamente ispirati) a parlarne, ci dice dei magi. Ce lo dice nel suo testo tradotto in greco, perché l’originale aramaico non ci è pervenuto. Perché gli altri tre “canonici” - Marco, Luca, Giovanni – tacciono sull’evento? Lo ignorano? Lo ritengono irrilevante? Oppure inverosimile, imbarazzante, scandaloso?  E perché invece le decine e decine di evangelisti autori di testi che le Chiesa cristiane storiche chiamano “apocrifi” (cioè, in sostanza, di dubbia ispirazione), e che erano arabi, armeni, georgiani, greci, siriaci, caldei, persiani, etiopi, deanno invece ai magi tanta importanza? E perché i Padri della chiesa e la tradizione popolare hanno seguito più volentieri gli apocrifi che non i canonici?
Ricapitoliamo i dati salienti di Matteo: i “magi” vengono “dall’Oriente” (cioè?); hanno avvistato e seguito la “stella” del “re dei giudei” (perché?); giunti al cospeto del Bambino, lo adorano secondo il rito della prostrazione (proskynesis) riservata agli dèi e ai sovrani; quindi gli offrono oro (il metallo del potere e della regalità), incenso (l’essenza che si offre agli dèi), mirra (una sostanza curativa, cicatrizzante, essenziale per l’imbalsamazione, quindi un rimedio per gli uomini), con ciò riconoscendo nel Bambino le qualità, unite e inscindibili, di Dio, di Re, di Uomo. Siamo dinanzi a un paradosso rivoluzionario, a qualcosa di assolutamente inaudito in qualunque culto.
Ma che cos’è passato, nella nostra tradizione, che non è presente in Matteo? Egli non dice quanti fossero ne come si chiamassero i  magi: saranno gli apocrifo a fornire a queste domande le risposte più varie, fino al consolidarsi verso al fine del I secolo d.C. , con qualche variante, della tradizione che conosciamo: tre magi di nome Baldassarre, Melchiorre, Gaspare, di differente età e provenienza etnica (dall’Asia, dall’Europa e dall’Africa); almeno dal XIII secolo uno di loro sarà “moro”. I teologi della Patristica e della scolastica hanno fatto a gara ad arricchire le tre figure di valori simbolici: i tre continenti, le tre fondamentali stirpi umane, le tre ere della storia e dimensioni del tempo (passato, presente, futuro), le tre età dell’uomo (giovinezza, maturità, vecchiaia).  Decorati del titolo di “re” in ossequio alla tradizione profetica veterotestamentaria che si era loro voluta attribuire, furono considerati dal Barbarossa i tre perfetti fedeli vassalli del Re Celeste: e per questo il grande imperatore volle che nel 1164 le loro supposte reliquie fossero traslate dall’infedele Milano (indegna, in quanto traditrice e ribelle, di accoglierle) alla fedele Colonia, dove sono tuttora venerate.
Ma il nodo della questione sta tutto nell’appellativo di “magi”. Nella Palestina del tempo di Gesù tale termine si usava popolarmente per qualificare piccoli truffatori dell’Occulto, lettori del futuro nella stelle, illusionisti; me nella tradizione cristiana essi furono identificati negli astrologi-sacerdoti medo-persiani fedeli del culto mazdeico (quello del profeta Zarathustra)  che portavano questo nome e che scrutavanmo le stelle attendendo a ogni volgere di età storica, secondo la legge dell’Eterno Ritorno, l’avvento di un  mistico Soccorritore.  E qui un abisso insondabile si spalanca dinanzi a noi: Gesù di Nazareth, fin dal Suo primo apparire sulla terra, non sarebbe soltanto il Messia atteso dagli ebrei, ma anche il Salvatore Universale di almeno un’altra grande religione che ha rapporti piuttosto stretti con l’induismo e il buddhismo. I magi, con la loro presenza, anticipano il magistero di Paolo di Tarso e l’intuizione di Costantino:  il Cristo come Signore di tutti i tempi e di tutte le genti. Dalla profezia messianica al mito salvifico. Il Cristo come Asse della Storia: e i secoli che Gli danzano intorno.