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Legalizzazione, un dibattito drogato

di Diego Fusaro - 16/01/2014

Fonte: lospiffero

 


“È ora di cambiare rotta”, ha affermato questa settimana il leader di “Sinistra Ecologia e Libertà” Nichi Vendola in riferimento alla legalizzazione delle droghe leggere. “Sinistra Ecologia e Libertà” e una parte del “Partito Democratico” hanno aperto alla cannabis libera.

 

La domanda da porsi intorno al significato della sinistra oggi, a questo proposito, è sempre la stessa: stupidità o tradimento? Nel bel mezzo della crisi e della dittatura eurocratica, “Sinistra Ecologia e Libertà” e una parte del “Partito Democratico” hanno spostato l’attenzione sulla questione della legalizzazione delle droghe leggere. Ancora una volta, la manipolazione organizzata trova nella strategia della “distrazione programmata” una feconda risorsa simbolica.

 

Dirottando l’attenzione su contraddizioni estinte o su questioni irrilevanti (la legalizzazione delle droghe leggere, in questo caso), spesso create ad hoc dalla propaganda ufficiale, la passione della critica è ininterrottamente distolta dalla contraddizione principale, nemmeno più nominata. Il problema, per la sinistra, non è più il classismo, lo sfruttamento e il lavoro, ma sempre e solo i diritti civili, l’ecologia, le droghe leggere, i matrimoni omosessuali, il mantenimento rituale dell’antifascismo in assenza conclamata di fascismo. In una parola, il nemico non è mai l’integralismo dell’economia, con tutte le tragedie che esso produce: del resto, è da ormai almeno vent’anni che si è imposta un’oscena connivenza tra sinistra e capitale; un’oscena connivenza che – non ci stancheremo di ripeterlo – deve indurre ad abbandonare la sinistra al suo tragicomico destino e a ripartire dal marxiano “sogno di una cosa”.

 

Senza alcuna distinzione di gradazione e di maggiore o minore radicalità, la sinistra continua dal Sessantotto a lottare, con inflessibile tenacia, contro i superstiti frammenti del mondo borghese, che è il capitalismo stesso, nella sua odierna strutturazione totalitaria, a neutralizzare (dalla famiglia all’etica, dallo Stato alla religione, dalla scuola all’assistenza sociale). In questo risiede la natura tragica, ma non seria dell’odierna sinistra: quest’ultima è il problema e, insieme, si pensa come la soluzione.

 

L’opposizione al capitale, oggi, non può non procedere di conserva con quella alla sinistra, che del monoteismo del mercato rappresenta la più coerente glorificazione ideologica. Lottando contro i valori borghesi (famiglia, religione, etica, ecc.), la sinistra lavora per il capitale, che deve esso stesso distruggere ogni superstite valore borghese, di modo che l’estensione della forma merce possa procedere incontrastata, senza incontrare limiti e barriere. “Vietato vietare” e “non esiste l’autorità” sono, non a caso, i motti prima del Sessantotto e, oggi, del capitalismo postborghese.

 

Questa dinamica di imposizione antiborghese del capitalismo trova una delle sue figure storiche più emblematiche nella sostituzione, avviatasi con il Sessantotto, del rivoluzionario con il dissidente: sostituzione che dà luogo al piano inclinato che porta all’odierna condizione paradossale in cui il diritto allo spinello, al sesso libero e all’irrisione dei valori tradizionali viene concepito come maggiormente emancipativo rispetto a ogni presa di posizione contro i crimini che il mercato non smette di perpetrare impunemente, contro gli stermini coloniali e contro le guerre che continuano a essere presentate ipocritamente come missioni di pace. Nichi Vendola e “Sinistra ecologia e libertà” ne sono l’esempio perfetto. La situazione è, una volta di più, tragica ma non seria.