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Fallujah, l'ultimo grattacapo di Obama

di Melkulangara Bhadrakumar - 19/01/2014

   
 


Guernica nella guerra civile spagnola, My Lai nella guerra del Vietnam, Guantanamo Bay nella guerra al terrorismo – questi sono tutti simboli molto potenti.

Nella guerra in Iraq emerge l’assedio di Fallujah, di maggio 2004, come la più sanguinosa battaglia che gli Stati Uniti abbiano combattuto dalla guerra in Vietnam. I Marines soffrirono 40 morti, mentre i centinaia furono i decessi tra i civili iracheni. Le forze statunitensi fecero irruzione sulle aree residenziali di Fallujah con gli F-16 usando bombe a grappolo. La maggior parte dei prigionieri fu giustiziata…

Non appena il Corpo dei Marines annunciò la ritirata a maggio 2004, le moschee proclamarono la vittoria dei ribelli e la trasformazione di Fallujah iniziò come una sorta di mini Stato islamico sotto la legge della Sharia.

 

 



Così. Verso la fine dello stesso anni, a Ottobre inoltrato, i militari statunitensi ritornarono con un’altra offensiva, con attacchi aerei e missili di precisione seguiti, al principio di Novembre, da un violento attacco via terra supportato dall’artiglieria e da mezzi corazzati – Operation Phantom Fury.

Questo è quanto riportato il 9 Novembre da Karl Penhaul della CNN: “Il cielo sopra Fallujah sembra esplodere, quando i Marines lanciano il tanto annunciato attacco via terra. Gli aerei da guerra lanciano le loro bombe a grappolo sulle postazioni dei ribelli e l’artiglieria spara fumogeni per supportare l’avanzata dei Marines”. Secondo il Washington Post, furono usate granate al fosforo bianco per creare un “muro di fuoco” nella città. I medici riporteranno più tardi di aver visto corpi sciolti. Nessuno sa il numero di decessi; il 18 Novembre l’esercito statunitense comunica che ‘1200’ ribelli sono stati uccisi e 1000 catturati…

Un reportage del Guardian scrisse che in città furono distrutte il 70 % delle case, insieme a 60 scuole e 65 moschee e templi. Ci sono state prove di un largo incremento nell’incidenza di cancro e mortalità infantile. Tra i sopravvissuti si parlò di contaminazione da uranio impoverito.

È estremamente importante riportare alla luce l'orrenda memoria di Fallujah per capire cosa è successo la scorsa settimana quando il centro della città è caduto nelle mani dei combattenti dello Stato Islamico in Iraq e Levante [ISIL], un gruppo legato ad Al-Qaeda. Fallujah, insieme alla capitale della Provincia di Anbar, Ramadi, era la roccaforte dei ribelli sunniti durante l’occupazione statunitense in Iraq, e i militanti di Al-Qaeda hanno preso il controllo di entrambe le città la scorsa settimana. Centinaia di combattenti ISIL sono così entrati a Fallujah.

Gli esperti hanno così iniziato ad analizzare la situazione. L’ipotesi dominante descrive il governo iracheno, guidato dal Primo Ministro Nouri Al-Maliki, incapace di stabilire un contatto con i Sunniti e isolarli nel periodo durante il quale le truppe USA si sono ritirate, dal 2011. Infatti l’ultimo episodio è avvenuto la scorsa settimana dopo che al-Maliki inviò le sue truppe per disperdere una protesta sunnita a Ramadi contro la loro esclusione politica, in atto già da un anno. Quasi tutti i Sunniti allora si sono schierati contro il governo e si sono opposti alle forze di sicurezza irachene, benché non tutte fossero allineate all’ISIL.

Nel frattempo i tumulti in Siria, nei quali l’ISIL sta giocando un ruolo chiave, hanno aggravato la situazione della sicurezza in Iraq. L’ISIL sta puntando agli Sciiti, i quali immediatamente danno al conflitto ad Anbar un significato partigiano. Inoltre l’Iraq si dirige verso le votazioni parlamentari di Aprile e le teorie cospirazioniste vogliono un al-Maliki alla ricerca di un confronto con i Sunniti, sollevando lo spettro della minaccia di Al-Qaeda, la quale a sua volta potrebbe aiutarlo a recuperare gli Sciiti per la sua rielezione.

 Ad ogni modo le decisioni di al-Maliki sono sollecitate anche dalla paura che il suo governo, guidato dagli Sciiti, sia sotto assedio e affronti la minaccia di essere schiacciato dai Sunniti. Dire che ha escogitato la presa di potere di Al-Qaeda ne aumenta la veridicità.

L’ISIL comprende combattenti allenati provenienti dalla Siria, dove gli alleati regionali degli USA nel Golfo Persico, specialmente l’Arabia Saudita, hanno istruito combattenti stranieri e li hanno supportati finanziariamente e con armi. Da considerarsi anche la cosiddetta Sahwa, il Risveglio, che gli USA hanno come forza surrogata per combattere Al-Qaeda e che fu abbandonata quando le truppe americane si ritirarono nel 2011. La maggior parte dei suoi leader fu assassinata.

 In termini di moralità politica e strategia basta dire che l’amministrazione di Barack Obama non si può lavare le mani della situazione che emerge a Fallujah. La colpa per il disfacimento del’Iraq come nazione risale alla presidenza di George W. Bush. La prevista “operazione completata” di Bush in Iraq e il vanto del Gen. David Petraeus della Sahwa suonano completamente vuote oggi.

Certamente la reazione di Obama alla situazione a Fallujah avrà grandi conseguenze per le strategie regionali degli USA. Il segretario di stato John Kerry ha detto: "non stiamo contemplando un coinvolgimento diretto sul territorio. Questa è la loro [degli iracheni] battaglia, ma li aiuteremo in questa battaglia".

Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha detto che Washington sta "accelerando" le sue consegne di equipaggiamento militare all'Iraq e nei prossimi mesi "prevede di fornire un ulteriore carico di missili Hellfire", oltre  a 10 droni di sorveglianza nelle prossime settimane e altri 48 quest'anno. Washington "sta lavorando con gli Iracheni per sviluppare una strategia atta ad isolare i gruppi affiliati ad Al-Qaeda", ma intanto l'Iraq deve saper gestire il conflitto.

Il punto è che nel 2004 gli USA hanno combattuto ferocemente per tenere Al Qaeda fuori da Fallujah e ora sono tornati e potrebbero creare una base lì. Gli interessi statunitensi sarebbero fortemente danneggiati se Al Qaeda stabilisse un altro punto di appoggio nella regione. E ovviamente tutta la regione osserva la determinazione di Washington contro Al Qaeda.

I falchi repubblicani come il senatore MC Cain e Lindsey Graham accusano Obama per la situazione attuale perché non si è impegnato abbastanza nel tentativo di trovare un accordo con Maliki per mantenere le truppe statunitensi in Iraq dopo il 2011. Comunque ad ogni modo le critiche non avranno seguito poiché, nonostante gli sconvolgimenti in Medio Oriente, la tendenza nazionale preferisce che gli Usa trovino un accordo diplomatico e politico nella regione anziché stabilire un insediamento militare.

Le scelte che si pongono di fronte a Obama possono essere viste da tre prospettive diverse. Primo, la situazione a Fallujah arriva in un momento particolare – quando l’amministrazione di Obama propone di mantenere da 10 a 12 mila soldati in Afghanistan. Questo piano non trova sostegno all'interno degli Usa e la situazione a Falluja è un segnale puntuale dei pericoli di mantenere una così grande forza residua in Afghanistan.

Secondo, Fallujah indica che le guerre in Siria e Iraq e la pericolosa situazione in Libano sono cambiate. Allo stesso tempo Fallujah non è unicamente un problema di Al Qaeda. È una città che è diventata irrimediabilmente ostile con la brutale occupazione statunitense e non sente più di essere parte dell’Iraq. Quindi Fallujah richiama a una questione fondamentale riguardo il futuro stesso dell’Iraq. Questo, nuovamente, mostra una cruda lezione all’Afghanistan dove anche l’occupazione USA ha fatto esplodere la frammentazione etnica e religiosa. Rispondere alla crisi accelerando la consegna di armi agli Iracheni non risolverà il problema.

Terzo straordinario aspetto è che la situazione a Fallujah trova USA e Iran dalla stessa parte. I loro rispettivi interessi in Iraq sono diversi ma condividono una profonda preoccupazione che un movimento internazionale di combattenti sunniti infuocati da un’ideologia Wahhabi stia issando la bandiera nera di Al Qaeda su posizioni partigiane sbagliate. Nessuna delle due fazioni ha intenzione di intervenire e Tehran promette anche supporto militare, pur mostrando riluttanza verso un ‘coinvolgimento diretto’. 

L’amministrazione di Obama potrebbe avvicinarsi al riconoscimento della reale influenza dell’Iran nella regione – Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen – e questo peggiora il riassetto locale. L’Arabia Saudita accusa Obama di rinforzare l’influenza dell’Iran a spese dei tradizionali alleati di Washington e sospetta anche che Tehran stia perseguando una intelligente strategia per indebolire la allenza tra USA e Arabia Saudita. 

Infatti, il ministro degli esteri Mahammad Javad Zarif ha detto domenica a un incontro con legislatori italiani a Tehran che la diffusione del radicalismo in Medio Oriente potrebbe porre imprevedibili minacce ad altre parti del mondo, a meno di un’effettiva cooperazione internazionale. Il Ministro ai servizi segreti Seyed MAhmoud Alavi chiede che le potenze occidentali comprendano quanto sia necessaria una cooperazione internazionale per contrattaccare la “minaccia di terrorismo da parte di gruppi Takfiri”.

È significativo che lunedì un gruppo bipartisan di figure influenti della politica estera USA abbia inviato una lettera al Senato, chiedendo che nessuna nuova sanzione contro l’Iran fosse approvata, avvisando che questo potrebbe portare gli Usa vicini a una guerra. L’iniziativa è stata guidata da Ryan Cocker, ex- ambasciatore in Iraq.

Melkulangara BHADRAKUMAR 

Fonte: www.strategic-culture.org/

Link: http://www.strategic-culture.org/news/2014/01/09/fallujah-obama-newest-headache.html

09.01.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RAUL