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C'è qualcuno che governa i terremoti del Medio Oriente?

di Jacopo Guerriero - 29/01/2014







Tra complottismo e controinformazione l'indagine alternativa dello storico Sensini sull'area più instabile del mondo, cercando chi manovra i conflitti (Paolo Sensini, Divide et Impera. Strategie per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente, Mimesis, Milano 2013, pp. 322 + inserto cartografico, € 24)



Si dice disinformazione o anche manipolazione. E' comunque fenomeno del nostro tempo: l'insistenza, a mezzo stampa, su rappresentazioni e notizie false, l'incoerenza camuffata di verità ufficiali, pure imposte, e la messa in evidenza di frammenti di realtà - a seconda delle convenienze più o meno rilevanti - portati di continuo all'attenzione pubblica nel racconto degli eventi, complice l'impatto della tecnologia sulla forza stessa delle notizie.
Ecco perché è prezioso - perché va in direzione opposta, è lavoro di scavo, consapevole della fregilità della memoria collettiva - il nuovo libro di Paolo Sensini. A sintetizzare: un saggio dai toni discorsivi su quelli che che lo storico libanese Georges Corm ha definito "i conflitti del vicino e medio Oriente", l'area di maggiore instabilità al mondo. Dall'alto, certo, di una posizione parziale della quale l'autore non fa mistero: Sensini è a casa sua nell'ambito del pensiero critico, sta da tutt'altra parte rispetto alle narrazioni mainstream che i grandi media propalano. Può dare fastidio.
Per fare qualche esempio: non crede alla genuinità delle cosiddette primavere arabe, al racconto rassicurante che ne è stato offerto, all'umanitarismo neocoloniale che giustifica l'ingerenza delle potenze occidentali. Fa emergere, con accuratezza, la colpevole ambiguità che segna il rapporto tra le diplomazie dei maggiori Paesi del Patto Atlantico e le petromonarchie saudite e qatariote di osservanza wahabita, la Turchia di Tayyp Erdogan. Da storico, inoltre, è consapevole della complessa formazione del moderno Stato siriano - di cui si ripercorrono, con un profilo preciso, le diverse stagioni e stratificazioni.
Insomma, Sensini si oppone, con tutte le forze, a quello che dagli inizi degli anni 2000 viene chiamato il Nuovo Ordine Mondiale, nelle categorie concettuali impiegate per raccontare l'esistente da influenti ambienti neo-conservatori dell'amministrazione statunitense, dalla più aggressiva diplomazia israeliana. E su questo non possono esserci dubbi. "Noi siamo un impero e quando agiamo - sentenziava Karl Rove, lo stratega di George Bush - creiamo la nostra realtà. E mentre voi state giudiziosamente analizzando quella realtà, noi agiremo di nuovo e ne creeremo un'altra e poi un'altra che potrete studiare. Noi facciamo la storia e a voi, tutti voi, non resterà altro da fare che studiare ciò che facciamo".
Sensini ci prova e sarebbe troppo facile squalificare il suo lavoro, gridare al compottismo o al tabù. Sono le fonti che fanno la differenza e lo sforzo dell'autore è apprezzabile. Non sarà possibile, del resto, ancora discutendo di Siria, etichettare nel pubblico dibattito come un pericoloso sovversivo il vicario di Aleppo, in Siria, Giovanni Nazzaro, che all'autore confida: "Noi stavamo benissimo. Vivevamo in pace. Ci hanno portato una guerra fratricida che sta distruggendo un Paese che era bellissimo. I potenti della terra che l'hanno causata la devono smettere". Parole che si uniscono a quelle di suor Agnes-Mariam de la Croix, delle religiose del convento di Harissa, che definisce "apocalittico", per la violenza degli sconvolgimenti imposti, il nostro tempo. Indizi utili, troppe volte tenuti nascosti, che messi insieme servono a delineare uno sguardo più preciso. Ovvero tutto quello che ci sfugge oggi.