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Gli USA si trasformano nel retrocortile dell’America Latina

di Nil Nikandrov - 02/02/2014



CELAC-Cuba-2014-655x357Il secondo vertice della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (CELAC) del 28-29 gennaio ha suscitato grande interesse, prima di tutto perché questa organizzazione dei Paesi dell’emisfero occidentale non include Stati Uniti e Canada. La Comunità è stata creata dopo vari tentativi dei Paesi della regione di democratizzare l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS),  sotto stretto controllo degli Stati Uniti e che più di una volta è stata usata per reprimere i regimi indesiderati a Washington. I tentativi delle amministrazioni Bush e Obama di utilizzare l’OAS per “finire il regime di Castro”, “neutralizzare Hugo Chavez”, ecc. hanno totalmente compromesso tale strumento, una volta affidabile, dell’Impero. Fu Chavez che negli ultimi anni della sua vita lavorò alla riforma delle organizzazioni regionali e alla creazione di contrappesi agli Stati Uniti nell’emisfero occidentale. Nella realizzazione di questo compito complesso fu assistito dai leader dell’Argentina Nestor Kirchner, del Brasile Inacio Lula da Silva, dell’Ecuador Rafael Correa, della Bolivia Evo Morales e da altri statisti dell’America Latina. Il primo forum del CELAC, cui parteciparono 33 paesi, si svolse a Caracas nel dicembre 2011 e Chavez, nel discorso di apertura, dichiarò chiaramente che questa alleanza politica era stata creata per “divenire il centro di  potere più influente del 21° secolo”. Fu sostenuto da molti presidenti. Il presidente nicaraguense Daniel Ortega parlò più decisamente, affermando che l’esistenza del CELAC è “la condanna a morte della Dottrina Monroe”.
Il dipartimento di Stato degli USA espresse la propria posizione sul CELAC nel 2011, affermando che continuava “a lavorare con l’OAS quale organizzazione multilaterale preminente dell’emisfero”. Washington cerca di compromettere la formazione di centri di potere concorrenti nella regione, usando tutti i mezzi a sua disposizione e puntando sulla strategia consolidata del “divide et impera”. C’è la “quinta colonna” dei presidenti conservatori utili agli interessi di oligarchi e monopoli, tenendo in mente i propri interessi personali, seguono Washington. Quando necessario, tali alleati degli Stati Uniti possono essere usati per bloccare qualsiasi decisione del CELAC, considerando il principio di unanimità redatto nei documenti fondativi. Raul Castro, presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri di Cuba, divenne presidente del CELAC nel 2013. Nel prendere le redini dal suo predecessore, il cileno Sebastian Pinera, Castro dichiarò che avrebbe lavorato per il bene della pace, della giustizia, dello sviluppo e della reciproca comprensione tra tutti i popoli del continente latino-americano. “Agiremo in piena conformità con le norme del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e dei principi di base delle relazioni interstatali”, disse Castro. I cubani hanno lavorato proficuamente nel preparare una trentina di documenti per il vertice dell’Avana.
Di grande importanza per il rafforzamento delle autorità del CELAC è la dichiarazione che afferma che l’America Latina e il bacino dei Caraibi restano una zona libera dalle armi nucleari. Il presente documento fu adottato in aggiunta al trattato di Tlatelolco (1967), che vieta le armi nucleari nella regione. Ciò perché il trattato fu sistematicamente violato da Stati Uniti e Regno Unito, i cui sottomarini atomici armati potrebbero ancorarsi al largo delle coste del continente. Le notizie su testate nucleari che potrebbero essere depositate presso la base militare inglese di Mount Pleasant delle Maldive, con l’accordo del Pentagono, sono preoccupanti. Anche le 70 basi militari statunitensi situate nella regione sono una minaccia per la pace. Alcuni di esse operano a pieno regime (per esempio in Colombia e Honduras), mentre altre sono accantonate per il futuro. La base di Guantanamo, a Cuba, è da tempo diventata simbolo della “fascistizzazione” degli Stati Uniti. I prigionieri che vi sono detenuti senza processo, vengono sottoposti a torture fisiche e psicologiche.  Molti hanno esortato l’amministrazione Obama a fermare tale pratica disumana, ma come sempre non vi è stata alcuna reazione. Al vertice è stato confermato che le controversie e i conflitti tra i Paesi membri del CELAC saranno risolti attraverso negoziati al fine di liberarsi definitivamente dell’uso della forza nelle regioni in cui vi sono vecchie dispute territoriali. Vi sono state anche discussioni, tradizionali nei convegni latinoamericani, su argomenti come la fame, gli scontri, la povertà, la disuguaglianza sociale e il traffico di droga. Qui vi sono stati cambiamenti positivi, prima di tutto nei Paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra America. La solidarietà con Cuba e la condanna del blocco economico degli Stati Uniti sono un altro tema costante dei forum latino-americani. Questa posizione fondamentale fu presa anche nei documenti del vertice. Diversi interventi hanno condannato lo spionaggio di massa degli Stati Uniti, in particolare della NSA. La sorveglianza era (ed è) condotta in tutti i Paesi della regione, senza eccezioni. Anche alleati apparentemente affidabili come Colombia, Messico, Guatemala e Costa Rica sono sotto la lente d’ingrandimento dell’intelligence degli Stati Uniti. La necessità di creare un sistema di comunicazione elettronico ben protetto da intrusioni esterne e una “Internet latino-americana” è stata discussa in particolare dal presidente ecuadoriano Rafael Correa.
La creazione di un forum Cina-CELAC è stata approvata. Il tema della Cina al vertice testimonia il grande successo della penetrazione economica e finanziaria della Cina nella regione. La scaletta dei  lavori di Pechino nel sabotare il predominio degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale è sensazionale. Praticamente tutti i Paesi del continente, dal Belize all’Uruguay e dal Messico al Cile, hanno spalancato le loro porte al capitale cinese. Sempre più spesso si sente dire che gli Stati Uniti sono un colosso dai piedi d’argilla. Pertanto, la posizione dei governi latino-americani di “destra” e “sinistra” sulla Cina è giustificata. I latino-americani usano abilmente per i propri interessi il confronto geopolitico tra vecchie decrepite e nuove superpotenze. La discussione al vertice sulla possibilità di concedere a Puerto Rico la piena adesione al CELAC, ha implicazioni negative per gli Stati Uniti. Ciò praticamente è una dichiarazione sulla necessità di concedere l’indipendenza a Puerto Rico. Il suo status semi-coloniale di “Stato libero associato” è un retaggio del passato. Le  forze patriottiche di Puerto Rico resistono ai dettami imperiali da decenni. Il supporto del CELAC fornisce ulteriori opportunità di sfatare le manipolazioni della guerra di propaganda che cercano di dimostrare che i cittadini di Porto Rico sono “in massa” a favore della trasformazione del loro Paese in un altro Stato degli USA.
L’amministrazione Obama ha organizzato un contro-summit a Miami con gli attivisti di estrema destra, al fine di distogliere l’attenzione da ciò che succede al forum dell’Avana. I promotori della manifestazione sono l’Istituto Internazionale Repubblicano (IRI) e il Centro per l’Apertura e lo Sviluppo dell’America Latina (Cadal), organizzazioni create dalla CIA per condurre operazioni sovversive. In questo caso particolare, persone da tempo note essere terroristi e agenti dell’intelligence degli Stati Uniti svolgono il lavoro sporco dell’impero, attaccando Cuba e i “populisti” dell’America Latina. Tra costoro Carlos Alberto Montaner, che si definisce  “pubblicista”. La sua carriera di “bombardiere” iniziò nei primi anni della rivoluzione cubana.  Molte persone nei cinema e centri commerciali dell’Avana morirono per mano sua. Ramon Saul Sanchez non è da meno, essendo un ex-membro del gruppo terrorista Omega 7 che organizzò un attentato contro il consolato cubano di Montreal e gettò esplosivi nell’auto dell’ambasciatore di Cuba presso l’ONU. Julio Rodriguez Salas, un ex-ufficiale venezuelano ed agente dei servizi segreti militari degli Stati Uniti, può vantare prodezze simili, partecipando al complotto per rovesciare Chavez nell’aprile 2002. Al forum di Miami hanno discusso della strategia per “promuovere la democrazia nel continente”. Tra i relatori erano rappresentante numerose ONG dell’America Latina che rispondono alla CIA. I loro discorsi sul “diritto alla rivolta” spiccavano. L’affermazione fondamentale di tale tema è: se un Paese ha un governo tirannico, il popolo ha il diritto di rovesciarlo. I relatori hanno menzionato esplicitamente i governi “indesiderabili” agli Stati Uniti: Cuba, Venezuela, Bolivia, ecc. Tuttavia, questi ed altri tentativi di Washington di provocare conflitti tra i partecipanti al Vertice non hanno avuto il sostegno dei Paesi della regione. E non potevano che  “mobilitare” piccoli gruppi di dissidenti che agiscono sotto la copertura della Sezione Interessi degli Stati Uniti che le stazioni CIA ha potuto racimolare per far “protestare” con forza.
Il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez l’ha ben sottolineato, quando ha affermato che “il rientro” del suo Paese nell’America Latina era completo, e riguardo la strategia di Washington per isolare Cuba nell’emisfero occidentale, adesso è la politica degli Stati Uniti ad essere isolata. “Se gli Stati Uniti vogliono stabilire rapporti normali, più produttivi, fiduciosi e democratici con l’America Latina e i Paesi dei Caraibi”, ha dichiarato Rodriguez, “deve cambiare la sua politica nella regione”. Per farlo, gli Stati Uniti devono “avere normali relazioni con loro, basandosi sul rispetto della loro sovranità sulla base della parità”. L’America Latina deve essere vista da Washington come un partner alla pari e non come il “cortile di casa” degli Stati Uniti. Il secondo vertice del CELAC ha  consolidato le posizioni dei Paesi membri su molte questioni. L’obiettivo strategico è l’integrazione degli Stati latinoamericani. Il CELAC è apparso sulla scena internazionale come l’unico “rappresentante autorizzato” dei Paesi dell’America latina e dei Caraibi. Gli Stati Uniti dovranno  gradualmente superare il loro complesso di superiorità nell’emisfero occidentale, altrimenti i latinoamericani un giorno trasformeranno il territorio a nord del Rio Grande nel loro “cortile di casa”…

Bruno en el Centro Prensa  de la II Cumbre de la CELAC.La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora