Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La politica che cede il passo all’(impr)e(n)ditoria

La politica che cede il passo all’(impr)e(n)ditoria

di Pier Paolo Corsi - 18/02/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Che quella di De Benedetti si trasformerà in una vera e propria tendenza risulta dunque un’ipotesi possibile e del resto piuttosto opinabile, ma questa è la rottamazione

Carlo-De-Benedetti

Si sa che i vuoti di potere sono fatti per durare poco, mesi, giorni, ultimamente si è parlato addirittura di ore. Poche ne sono bastate infatti per colmare il “gap” (mi permetto l’espressione anglosassone dal momento che è chiaro ormai il complesso imitativo che si ha nei confronti del mondo politico d’oltremanica o, peggio, d’oltreoceano) tra l’abdicazione di Letta (e Napolitano) e l’investitura di Renzi.

Poche ore sufficienti, tuttavia, a creare un precedente significativo, a segnare il vero passaggio dalla Seconda Repubblica ad un nuovo modo di fare politica, se di politica è ancora giusto parlare.

Il vuoto di cui sopra, difatti, è stato riempito da una classe sociale che fino ad ora era stata soltanto elemento collaterale nell’universo dei rapporti politici e nelle dinamiche dei partiti, quella della grande imprenditoria.

Nei confronti di questo nuovo soggetto è prematuro riuscire a fare un’analisi che vada oltre le supposizioni, eppure il nuovo governo, accantonata la triste esperienza delle larghe (e poi piccole) intese, sembra essere diretto verso uno scopo ben preciso: fare largo all’arrivo di qualcuno, meglio, qualcosa.

Non smentiscono questa timida tesi, che nulla vuole avere di complottistico e vaneggiante,  le voci che circolano intorno al “totoministri” e, in particolare, la recente telefonata fatta dai due conduttori de “La Zanzara” (sotto mentite spoglie di Nichi Vendola) all’ex ministro piddì Barca. Senza addentrarsi troppo in merito, quest’ultimo si è abbandonato ad uno sfogo nei confronti del recente mood di Carlo De Benedetti, patron del gruppo editoriale L’Espresso, che non sta esitando nel tentativo di condizionare la prossima formazione di governo nella scelta dei dicasteri.

Che quella di De Benedetti si trasformerà in una vera e propria tendenza risulta dunque un’ipotesi possibile e del resto piuttosto opinabile, ma questa è la rottamazione e per evitare di scadere nella solita populistica trappola del “si stava meglio quando si stava peggio” si sospenderà il giudizio fino al momento in cui i fatti prevarranno sulle parole.

 Certo è che finora gli uomini della politica hanno mal gradito il nuovo ruolo che gli si vuole affidare, quello dello sparring partner dell’economia italiana (che conta) e il Rottamatore riceve, per suo conto, una valanga di “due di picche” da quanti sono contattati per assumere questo o quel ministero, De Benedetti permettendo.