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L’imperialismo occidentale e la distruzione creativa in Siria

di Finian Cunningham - 18/02/2014



1175033Il cambio di regime occidentale in Siria potrebbe essere descritto come un processo di distruzione creativa. Come nel concetto economico di Schumpeter della ciclica distruzione creativa, così anche le macchinazioni politiche di Washington in Siria sembrano operare allo stesso modo. Iniziamo con la premessa che la crisi umanitaria in Siria negli ultimi quasi tre anni sia in gran parte risultato della guerra per procura occulta occidentale inflitta al Paese. L’obiettivo è destabilizzare, terrorizzare e avere un cambio di regime nel Paese arabo…
La crisi che affligge la Siria, con oltre 130000 morti e quasi nove milioni di sfollati, il 40 per cento della popolazione totale, non si sarebbe verificata se non fosse stata per l’infiltrazione di flussi massicci di armi, fondi e brigate di mercenari stranieri. Le forze speciali di Stati Uniti e NATO, insieme all’intelligence militare occidentale hanno collaborato con gli alleati Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Israele e Turchia nel fomentare tale insurrezione eterodiretta. Il tutto spacciato come rivolta della primavera araba. Tale processo criminoso ha tentato di distruggere un Paese sovrano, per creare un nuovo ordine politico, privo della dirigenza politica esistente con il Presidente Bashar al-Assad. Questo nuovo ordine indotto da un cambio di regime sarebbe prono agli interessi occidentali in politica mediorientale ed economia del petrolio. In particolare, il desiderato regime filo-occidentale negherebbe a Russia, Cina e Iran un importante alleato nel Mediterraneo. Il desiderio occidentale del cambio di regime in Siria è ben documentato. Secondo il giornalista Seymour Hersh, risale almeno al 2007, quando la presidenza di George W. Bush concepì un piano per minare la resistenza siriana-iraniana all’egemonia regionale di Washington. Altri studi storici sostengono che i piani occidentali per un cambio di regime in Siria risalgono agli anni ’50, quando Dwight Eisenhower era presidente degli Stati Uniti. L’anno scorso, l’ex-ministro degli Esteri francese Roland Dumas rivelò di esser stato avvicinato due anni prima dello scoppio del conflitto in Siria, nel marzo 2011, da esponenti politici inglesi che gli dissero del complotto per rovesciare il governo siriano.
Quindi, la nostra premessa del cambio di regime occidentale responsabile del conflitto e della crisi umanitaria in Siria, ha solide basi. Al contrario, la premessa alternativa che gli eventi in Siria siano dovuti a una “sollevazione popolare pro-democrazia contro Assad” è un racconto nebuloso diffuso da governi e media mainstream occidentali. Tale racconto non regge ad un esame. Una versione modificata accoglie la contraddizione che la “rivolta” sia stata ripresa soprattutto dalle brigate di al-Qaida dalle linee inizialmente pro-democrazia del movimento, cioè in qualche modo “dirottata dagli estremisti”. Ma uno studio oggettivo del conflitto dimostra che gli estremisti erano sempre dominanti, e che sin dall’inizio erano finanziati, diretti e armati dall’asse tra USA, NATO e alleati regionali. La divergenza tra questi racconti, uno basato sulla realtà, l’altro sulla propaganda  interessata politicamente, giunge a una svolta sulla questione umanitaria delle città siriane assediate.  La città principale attualmente assediata è Homs, terzo centro urbano della Siria dopo la capitale, Damasco, e Aleppo. In tutta la Siria si presume che circa 250000 civili siano assediati, secondo le Nazioni Unite. Le condizioni di questi civili sono peggiorate in modo allarmante con notizie su  fame e assenza di servizi di base e medicine. Ma quale partito è responsabile di assedi e sofferenze umanitarie? In genere, i governi e i media occidentali accusano le autorità e l’esercito siriani dei blocchi. Come sempre nella loro narrazione, vi sono poche prove a sostegno e sembrano affidarsi alle insinuazioni. “La Siria ha evacuato 83 civili assediati dal governo nella città devastata di Homs per un anno e mezzo”, si legge sul New York Times dell’8 febbraio. L’inferenza generale nei media occidentali è che il governo di Assad sia colpevole di un crimine contro l’umanità utilizzando la fame come arma. Una bozza di risoluzione presentata questa settimana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dagli Stati occidentali e arabi, attribuisce nettamente la responsabilità dell’assedio a Homs e altre città al governo siriano. Russia e Cina hanno respinto il progetto di risoluzione come “unilaterale” e “alienato”, come il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto. Come si è visto, infatti, la Russia e la Cina hanno una valutazione corretta dell’assedio ai civili in Siria. Concordano sostanzialmente con il resoconto del governo siriano secondo cui la sofferenza umanitaria dei civili intrappolati nella città vecchi di Homs, così come in alcune zone di Damasco e Aleppo, sia voluto dai mercenari filo-occidentali. Tali gruppi in effetti occupano il territorio urbano tenendo in ostaggio civili come scudi umani. Ciò è stato obliquamente ammesso dal New York Times. Verso la fine dell’articolo, il giornale osserva che il motivo per cui l’assedio a Homs perdura da quasi 18 mesi fino all’arrivo questa settimana dei convogli di aiuti e dell’evacuazione parziale dei cittadini, è perché i militanti antigovernativi hanno impedito qualsiasi accordo al riguardo. “I ribelli hanno già respinto proposte per evacuare donne e bambini per la preoccupazione per ciò che potesse accadere a tutti gli uomini, compresi i combattenti, che restavano”, riferiva il NYT. In altre parole, i cosiddetti ribelli usavano donne e bambini come scudi umani. In un’altra tacita ammissione della situazione reale, in contrasto con la versione propagandata che accusa il governo siriano dell’assedio, l’inglese Guardian riferiva che la maggior parte dei civili evacuati da Homs, questa settimana, venivano alloggiati in altre parti della città, cioè, nelle zone controllate dalle forze governative. Il Guardian riporta il 12 febbraio: “La stragrande maggioranza di coloro che lasciano la città vecchia (di Homs) va nelle case dei parenti in altri quartieri di Homs, secondo le Nazioni Unite”.
Ora pensateci. Se le forze governative siriane hanno davvero imposto un assedio barbaro ai cittadini della Città Vecchia, come i media occidentali sostengono, come mai quei cittadini affamati ne uscirebbero per poi andare a rifugiarsi volontariamente nelle zone controllate dal governo per avere riparo? La testimonianza di alcuni sfollati di Homs lo supportano. Una madre ha raccontato come la  nella città intrappolata fosse come “vivere in una giungla di mostri”, aggiungendo che i militanti rubavano di solito qualunque scarsa razione alimentare che i civili avessero. Diverse altre fonti, come il governatore di Homs, Talal al-Bazari, confermano che il governo siriano ha collaborato con le Nazioni Unite e la Mezzaluna Rossa Araba Siriana per spezzare l’assedio. Convogli di aiuti e mezzi di evacuazione furono attaccati con armi da fuoco e mortai. Fonti attendibili indicano che furono i militanti della Città Vecchia ad aprire il fuoco. Ciò è coerente con gli avvertimenti posti da tali stessi gruppi, che avrebbero attaccato eventuali convogli di aiuti delle Nazioni Unite che cercassero di entrare nell’area. Anche il sequestro di ostaggi, lo scenario degli scudi umani, prevale nel quartiere di Yarmuq controllato dai militanti, a Damasco e Aleppo. È chiaro quindi che la crisi umanitaria nelle città siriane assediate sia una perniciosa azione dei mercenari filo-occidentali, gli stessi mercenari fatti infiltrare in Siria per distruggerla, al fine del cambio di regime filo-occidentale. La situazione umanitaria nella città assediata di Homs e in altre aree urbane potrebbe essere il microcosmo del conflitto che la Siria subisce da tre anni. Un’intera nazione tenuta in ostaggio da forze estere, dai jihadisti stranieri di al-Qaida sul terreno ai vertici politici occidentali. Ciò che è inquietante di tale criminale distruzione creativa occidentale, è che il ciclo non si ferma una volta scatenato. I mercenari filo-occidentali infliggono sofferenze umanitarie spaventose nelle città assediate, ma la narrazione e i suoi autori, invece di renderne conto rigorosamente, come si deve per via dei fatti e delle testimonianze raccolte, i propagandisti occidentali passano ad un altro ciclo creativo-distruttivo. Financial Times e New York Times hanno pubblicato questa settimana articoli che falsamente sostengono che la crisi umanitaria nelle città della Siria imponga il pieno intervento militare occidentale. Max Boot, senior fellow il Counsil on Foreign Relations statunitense, scrive sul Financial Timesconfrontando la Siria con Ruanda e Srebrenica e addossandone l’orrore al “regime di Assad”, una litania menzognera. Boot dice: “Nessuno propone l’invio di truppe di terra. Ma le opzioni vanno dal fornire altre armi all’opposizione moderata (sic), a dichiarare una no-fly zone. I droni potrebbero colpire al-Qaida in Siria; la potenza dell’aria potrebbe creare zone umanitarie presso il confine turco e giordano. Gli Stati Uniti potrebbero anche prendere l’iniziativa di far perseguire Assad e i suoi collaboratori per crimini di guerra”. E aggiunge: “Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite probabilmente non sosterrà tali misure, ma gli Stati Uniti non dovrebbero agire da soli. Gli alleati, dalla Francia all’Arabia Saudita, sollecitano l’azione e vorrebbero cooperare. Ma non faranno molto finché Obama si rifiuta di agire”. Tale cadente appello alla “responsabilità di proteggere”, che Stati Uniti ed alleati hanno usato come pretesto per il cambio di regime imperialista in Libia nel 2011, viene ribadito anche da Danny Postel e Nader Hashemi sul New York Times, definendo gli assedi in Siria “oscenità morali” e accusando la Russia di “grave ostacolo” per il suo sostegno al governo siriano. Postel e Hashemi sostengono: “Dobbiamo invocare la responsabilità di proteggere, il principio che se uno Stato non riesce a proteggere la propria popolazione dalle stragi, o ne è l’autore, la comunità internazionale deve intervenire per proteggere le vittime… E se una forza multinazionale non può essere costituita, almeno alcuni Paesi devono sbrigarsi… a fornire la necessaria forza sul terreno con la copertura aerea delle nazioni partecipanti”.
Nel caso in cui il trito e ritrito appello R2P non funzioni, gli opinion maker occidentali sono pronti a infilare altre “giustificazioni” per l’intervento militare in Siria, tra cui la “minaccia di al-Qaida ai Paesi occidentali” e la destabilizzazione della sicurezza regionale dai profughi per le violenze in Siria. Tutti problemi, va notato, creati dal precedente ciclo d’intervento distruttivo occulto occidentale in Siria. Come si può essere così depravati? Le soluzioni creative dell’imperialismo occidentale sono generate dalla sue stesse predazioni distruttive. Perduta tra le distruzioni, a quanto pare, è qualsiasi capacità di ragionamento intelligente come la cognizione di pensatori e pianificatori occidentali nell’affrontare la vera natura del problema in Siria: l’imperialismo occidentale.

La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora