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Siria: cos’altro dopo il fallimento degli Stati Uniti a Ginevra 2?

di Amin Hotayt - 19/02/2014


Si vince partendo solo dalla verità!
Charles de Gaulle

971748L’amministrazione statunitense s’è sognata che le sue macchinazioni, ordite nel cortile di Ginevra 2, avrebbero inevitabilmente intrappolato il governo siriano e l’Asse della Resistenza, raggiungendo gli obiettivi prefissatosi quando aggredì la Siria quasi tre anni fa. Infatti, se la Siria accettava il diktat, si sarebbe piegata all’aggressione, se le rifiutava, la delegazione siriana sarebbe stata costretta a sospendere i negoziati e lasciare Ginevra. La sospensione unilaterale avrebbe permesso agli Stati Uniti di accusarla di “fallimento programmato dei negoziati“(1), tagliando corto con il dialogo, dimostratosi inutile per una soluzione pacifica, e soprattutto imponendo al Consiglio di sicurezza la risoluzione ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Risoluzione che gli Stati Uniti cercano da due anni, nonostante l’ostacolo del triplo doppio veto russo-cinese. Tale era la scena immaginata dal governo statunitense che non ha mai voluto riconoscere l’impegno e la capacità della diplomazia siriana a trasformare tale sfida in un’opportunità del dialogo nazionale e della soluzione politica, difesa fino alla fine senza mai cadere in trappola. Trappola fin dall’inizio accuratamente goffamente simulata, soprattutto riguardo gli invitati o meno a Ginevra 2… trappola cui la delegazione siriana ha semplicemente risposto: “Non abbandoniamo questi negoziati neanche se Brahimi decidesse di ritirarsi…” o “Siamo pronti a negoziare fin quando la porta rimane aperta…” La delegazione della Repubblica araba siriana è così rimasta fedele alla costante logica nazionale della sovranità dello Stato e dei diritti inalienabili del popolo siriano. Qualunque siano le equazioni regionali e internazionali del momento, ha rifiutato le imposizioni che Stati Uniti e loro alleati non sono riusciti ad avere con la guerra… sventando il piano degli USA per giustificare il loro presunto sostegno a Ginevra 2.
Ora che le luci sono spente e, come ha dichiarato Laqdar Brahimi, ogni delegazione rientra, indicando chiaramente che la delegazione della Repubblica araba siriana tornava a Damasco, in Siria, mentre la delegazione della coalizione d’opposizione ritornava nelle capitali straniere dei suoi padroni occidentali e regionali… E ora che lo stesso Laqdar Brahimi s’è scusato con il popolo siriano per aver non avere ottenuto nulla di utile (2)… La grande domanda è: quale sarà il comportamento degli Stati Uniti dopo il loro fallimento? Non hanno espresso con tutte le sfumature dell’arroganza che avrebbero inasprito la pressione sulla Siria per costringerla ad arrendersi? In altre parole, non hanno suggerito che persevereranno con la loro aggressività? Prima di rispondere, diremo che se gli Stati Uniti hanno effettivamente fallito a Ginevra 2, la delegazione siriana invece ha vinto. Con la sua tenacia ha smascherato i nemici, costringendoli a sospendere le loro presunte trattative, oltre ad averli bloccati fin quando troveranno una via…
Ma torniamo alla nostra domanda: gli Stati Uniti inaspriranno la pressione dopo il loro fallimento a Ginevra 2? Dato il contesto regionale e internazionale, vediamo tre possibilità:
1. Estensione delle operazioni militari, preceduta dall’addestramento all’estero di ulteriori gruppi armati prima di inviarli in Siria. Ciò nella speranza di penetrare le linee difensive siriane con l’obiettivo dichiarato di “riequilibrare le forze sul terreno“… A questo punto, sembra che gli Stati Uniti abbiano scelto di concentrare i loro sforzi sul fronte meridionale lanciando il loro attacco dal territorio giordano; creando campi di addestramento per i terroristi con la partecipazione di Stati europei, del Golfo e Israele, già operativi. Una serie di informazioni parlano di circa 2500 uomini dotati di moderne armi antiaeree e anticarro. Nelle prossime due settimane, questo numero potrebbe salire a 4000 uomini. Avanzeranno verso Nord, per raggiungere la periferia di Damasco e incontrare i 5000 combattenti presenti nel territorio siriano, pronti per un’operazione militare coordinata dal comando occidentale; l’operazione presuppone una pressione sul governo di Damasco sufficiente a farlo cedere! Questo è il piano che gli Stati Uniti cercano di attuare, in un modo o nell’altro, nel contesto della guerra psicologica adottata dall’inizio dell’aggressione. Ma quali sono le possibilità di successo di tale piano? In tutta onestà, crediamo che sia destinato a fallire per motivi politici, strategici e popolari, tra cui la sicura capacità delle forze di difesa di assorbire l’invasione siriana e distruggerla; l’immunità dello Stato siriano contro ogni forma di pressione di tale tipo; la volontà del popolo siriano che ha un’alta coscienza e rifiuta la presenza di combattenti stranieri sul proprio suolo…
2. Tornare all’Assemblea per un voto su un progetto di risoluzione in riferimento al capitolo VII, autorizzando l’uso della forza come nello scenario libico. Tale tentativo non è una mera ipotesi, ma è una vera determinante, tenuto conto delle posizioni adottate da burattini arabi e marionette europee, che ballano al ritmo delle orchestrazioni degli Stati Uniti. Infatti, una volta registrato il fallimento degli Stati Uniti alla Conferenza di Ginevra 2, l’Assemblea delle Nazioni Unite si trasforma nell’arena di proiezione dei piani USA verso tale obiettivo, nonostante l’eterno mimetismo dell’intervento umanitario. A nostro parere, l’ennesimo tentativo, ancora una volta, sarà contrastato dal doppio veto russo-cinese al Consiglio di Sicurezza… Tanto più che, come tutti sanno, le decisioni delle Nazioni Unite non sono vincolanti e rientrano, in questo caso, nel “wishful thinking” che non cambia la realtà di ciò che accade sul campo!
3. Utilizzare ogni forma di pressione militare, politica, economica e psicologica. Tali pressioni composite dovrebbero porre l’accento sulla responsabilità del governo siriano per il fallimento dei negoziati di Ginevra 2, una presunta responsabilità che inviterebbe il popolo siriano e le nazioni del mondo a condannarlo moralmente, economicamente e politicamente. E’ chiaro che l’amministrazione Obama ha iniziato a lavorare attivamente su tale opzione fin dalle prime ore dalla sospensione dei negoziati di Ginevra 2. Ma ancora una volta crediamo che tale opzione, tentata più volte negli ultimi tre anni, abbia ancor meno probabilità di successo rispetto al passato. Infine, con  tutte queste condizioni per l’aggressione contro la Siria fossero reali, e anche se siamo convinti che non si tradurranno nella realizzazione dei desideri degli Stati Uniti, riteniamo che il mese prossimo si avrà un passaggio difficile su più livelli. Tutti i mezzi sono buoni per un’ampia escalation della pressione economica, militare, politica e psicologica. La Siria dovrà essere massimamente vigile contro tale guerra, che entrerà nel suo ultimo e definitivo stadio, sapendo dei suoi tanti e diversi successi che gli offrono la possibilità di vincere nella sua “guerra difensiva”!

Note:
[1] Genève 2: Fabius accuse les autorités syriennes de l’échec… (Hague aussi!) – TF1.
[2] Syrie : échec total des négociations de “Genève II”, Brahimi “désolé”… (etc. etc.)

Il dottor Amin Hotayt è analista politico libanese, esperto di strategia militare e generale di brigata in pensione.

 

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora