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Il 13 marzo 1954 il generale Giap avviò l’assedio che umiliò il colonialismo di Parigi

di Guido Santevecchi - 23/02/2014



Mattina del 13 marzo 1954, alla radio francese parla il generale Henri Navarre, comandante delle forze in Indocina: «La marea offensiva del Viet Minh si è fermata...». Nella valle di Dien Bien Phu il colonnello Christian de la Croix de Castries e i suoi ufficiali ascoltano e si sentono sicuri. Intorno a loro, sulle colline, sono di sentinella Gabrielle, Béatrice e Anne-Marie sul limite Nord; Huguette, Dominique, Françoise, Claudine, Éliane al centro; al sud, isolata, veglia Isabelle. La truppa dice che de Castries ha battezzato i capisaldi pensando alle sue non poche conquiste sentimentali (qualche legionario sostiene che in realtà sono anche loro «mercenarie»). Charles Piroth, l’esperto ufficiale che ha disposto nella valle i trenta pezzi dell’artiglieria francese, ha detto più volte ai colleghi di non preoccuparsi: i viet non riusciranno mai ad avvicinarsi, non potranno mai far arrivare i loro pesanti cannoni di fabbricazione cinese attraverso la giungla, a portata utile per infastidire gli avamposti francesi.
«... La marée est étale ». Capisce bene il francese anche il comandante del Viet Minh, l’armata di liberazione, Vo Nguyen Giap, che ha insegnato storia al lycée français di Hanoi ed è diventato generale da autodidatta, studiando le campagne di Napoleone. Giap sente quella frase del nemico e sorride. Dà un ordine e i cannoni «troppo pesanti per essere trascinati in posizione utile per battere i capisaldi francesi» aprono il fuoco.
Il colonnello de Castries era arrivato nella conca vietnamita di Dien Bien Phu il 20 novembre 1953, in esecuzione del piano militare di Navarre e della follia politica di Parigi. Finita la Seconda guerra mondiale, il governo francese aveva creduto di poter riprendere il controllo del suo Empire , dall’Algeria all’Indocina. Vive l’Indochine française , con la Cambogia, il Laos, le tre province vietnamite del Tonchino a nord con capitale Hanoi, l’Annam al centro con l’antica Hué e la Cocincina a sud, con la capitale Saigon. L’avventura coloniale in Asia era cominciata intorno al 1850; più di cent’anni dopo, Parigi credeva ancora di avere un diritto culturale e morale al dominio coloniale.
Nel 1945 comincia la guerra con il Viet Minh, la Lega per l’indipendenza del Vietnam guidata da Ho Chi Minh. All’inizio sono azioni di sabotaggio e guerriglia che i militari francesi pensano di poter reprimere. Nel 1949, con la vittoria di Mao Zedong in Cina, la strategia cambia e il Viet Minh comunista lancia i suoi combattenti nel Tonchino in attacchi a bassa intensità che costringono i francesi a chiudersi ad Hanoi, dove rischiano l’accerchiamento.
È in questo scenario che nella valle di Dien Bien Phu, vicina al confine con il Laos, alla fine del 1953 il comando dell’Armée d’Indochine fa spianare il terreno per una pista d’atterraggio, vengono lanciati i paracadutisti, i reparti della Legione straniera, battaglioni di fucilieri algerini e marocchini. In tutto, de Castries avrà ai suoi ordini oltre 15 mila uomini riforniti da circa 200 aerei al giorno. L’idea, misto di audacia temeraria e arroganza al servizio della grandeur imperiale, è di attirare le imprendibili forze del Viet Minh e distruggerle in una battaglia grazie all’artiglieria e al sostegno dei bombardieri.
C’era un inviato speciale di «Le Monde» al seguito di Christian de Castries. Si chiamava Robert Guillain e, dopo essersi guardato intorno, osservò: «Mon colonel , mi permetta, questa fortezza sembra costruita al contrario». Il nobile ufficiale di cavalleria rispose infastidito: «Prego, che cosa vorrebbe dire?». «Mon colonel , io ho letto il De bello gallico e ho capito che dai tempi di Alesia per vincere non si sta in basso ma sulla cresta delle colline per dominare il campo di battaglia». Nei ricordi di Guillain, il colonnello replicò che il giornalista evidentemente con sapeva nulla della guerra moderna, Giulio Cesare era superato: «Che vengano i viet, è qui che li attendo, è qui che il nostro fuoco incrociato li spazzerà via. Vede, il nostro problema è il contrario, è che i viet non vogliono rischiare, per questo da mesi non si sono mossi».
L’armata del Viet Minh invece si era mossa, per mesi, lungo i sentieri stretti e fangosi. E tutto sommato Giulio Cesare poteva ancora insegnare qualcosa e sicuramente lo aveva insegnato a Giap, quel professore che i liceali di Hanoi chiamavano Napoleone per la sua passione della storia militare. In quei mesi di silenzio che avevano illuso Navarre, Giap aveva portato intorno alla valle 50 mila uomini. Come? «Dove passa una capra, può passare un uomo e uno alla volta passa un battaglione», amava ripetere Giap, citando Napoleone e la campagna d’Italia. Il problema principale sono i rifornimenti: «Sì, per far arrivare un chilo di riso alla prima linea bisogna consumarne quattro durante il trasporto... noi abbiamo impiegato oltre 2o0 mila portatori, 400 camion, 500 cavalli e 20 mila biciclette». Le biciclette di fabbricazione Renault e Peugeot i viet le avevano comprate di nascosto ad Hanoi, in una sorta di riedizione dell’epopea dei taxi della battaglia della Marna. I cannoni furono smontati e trascinati a braccia sulle colline.
Siamo a quel 13 marzo 1954. Giap sente Navarre alla radio, ordina il fuoco. I cannoni viet cominciano a colpire. La presunzione degli ufficiali francesi si sgretola. Il colonnello Piroth chiede scusa ai colleghi, prende una bomba a mano, toglie la sicura e si fa saltare. Cadono subito Gabrielle e Beatrice. Il 16 marzo cede Anne-Marie e il 28 il campo d’aviazione è inutilizzabile. Ai francesi, senza rifornimenti, non resta che «finire bene», proprio come aveva detto ai suoi ufficiali il colonnello Galliano ad Adua nel 1896. I legionari sul campo si sacrificano con valore. Mentre cade Dominique, sono allo stremo Huguette e Éliane, il governo francese si umilia fino al punto di invocare il soccorso degli americani. Washington non risponde (il suo turno in Vietnam verrà dopo). Ad aprile durante uno squarcio nel cielo coperto dalle nuvole, Navarre fa lanciare un altro battaglione di parà. Servirà solo a ingrossare il numero delle perdite: 3 mila caduti e 10 mila prigionieri. Il Viet Minh perse oltre 10 mila combattenti su 50 mila.
Il 7 maggio 1954 l’artiglieria di Giap lancia l’ultimo fuoco di sbarramento e poi è l’assalto finale. De Castries, promosso generale durante l’assedio, mette uno straccio bianco davanti al suo bunker, non «finisce bene» come Galliano ad Adua. Con la resa di Isabelle si chiudono i 57 giorni di Dien Bien Phu. A Ginevra, durante il massacro, si negoziava. Nella notte tra il 20 e il 21 luglio la firma: i francesi se ne vanno e il Vietnam viene diviso in due lungo il 17° parallelo. Per la riunificazione ci vorranno altri 21 anni e una guerra che ferì l’America nell’anima. Da allora, in un gioco del domino che si svolse in modo completamente opposto rispetto alle previsioni di Washington, l’esercito vietnamita ha combattuto e occupato a lungo la Cambogia e si è scontrato per un mese, tra il 17 febbraio e il 16 marzo 1979, con quello della Repubblica popolare cinese in una situazione di rivendicazioni nazionaliste e rivalità ideologiche che si sono meritate il titolo di Terza guerra d’Indocina. Con Pechino le tensioni restano, centrate sulle isole Spratly e Paracel, anche se in nome dell’economia di mercato «con caratteristiche socialiste», i due Paesi ora hanno anche imparato a collaborare. Per i 35 anni dall’invasione cinese, il 17 febbraio, solo poche decine di vietnamiti hanno cercato di manifestare ad Hanoi: sono stati bloccati dalle autorità. Gli eroi sono stanchi.
Ora il Vietnam insegue un modello di crescita anche nell’hi-tech, attrae investimenti di multinazionali ansiose di aprire nuove fabbriche con costi del lavoro inferiori a quelli cinesi, preferisce progettare la nuova Silicon Valley in zone dove si combatterono grandi battaglie. Sul web il giovane Nguyen Ha Dong, genio delle app, ha appena fatto furore con il gioco Flappy Bird , in cui un uccellino deve compiere evoluzioni su un percorso obbligato. Un successo mondiale, fino a quando Nguyen ha deciso di ritirarlo: «Creava assuefazione». Pochi giorni fa a Ho Chi Minh City (la vecchia Saigon) è stato aperto il primo McDonald’s del Vietnam: è in via Dien Bien Phu. Giap, che se n’è andato l’anno scorso a 102 anni, sarebbe stato soddisfatto.