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Renzi, il nuovo burattino dell’alta finanza a Palazzo Chigi

di Angelo Fontanella - 25/02/2014

 

finmeccanica_dismissioni_spending_reviewTanto tuonò che piovve, ed alla fine Enrico Letta, il Monti bis, arrivato in pompa pagna all’indomani delle ultime elezioni politiche, forte dell’essere il nuovo incaricato dall’alta finanza, di completare il processo di distruzione dello stato sociale e del tessuto produttivo italiano, nonchè dell’intera nazione italiana, sulla scia di quanto iniziato nel 1981 con la separazione tra Banca d’Italia e ministero del tesoro( opera tanto elogiata dallo stesso Letta nel suo libro “Morire per Maastricht”) , rendendo l’Italia serva delle banche mondiali, con le conseguenze ben evidenti soprattutto dal Novembre 2011, che ha visto la sua fase più cruenta, deve lasciare Palazzo Chigi a favore del Monti tris, targato Matteo Renzi. Già, perchè il buon galoppino della finanza di rapina, dopo aver eseguito alla lettera gli ordini dei suoi padroni, si ritrova inevitabilmente bruciato e privo di credibilità, nonostante i grandi sforzi per mantenerlo in sella di Napolitano e di tutto l’establishment finanziario, mediatico e politico europeo e d’oltreoceano. Una nazione come quella italiana già distrutta dal biennio montiano, non poteva passare indenne la mancata abolizione dell’Imu, (a fronte delle promesse d’abolirla), la svendita del 50% di Poste Italiane ed Enav, l’aumento indiscriminato di Tares, acconto Irpef ed addizionale Irpef, l’ennesimo regalo alle banche con la rivalutazione delle quote di Bankitalia, a fronte della diminuzione della tassazione per le stesse banche, che nel quadrienno 2015-2018 si troveranno a pagare qualcosa come 15 miliardi in meno. Non che le tasse per le banche siano mai state un problema dal 1992 ad oggi, visto che evadono nell’impunità assoluta ( chi dovrebbe controllarle visto che lo stato italiano è nelle loro mani? ) e ad ogni modo quei pochi spiccioli versati, tornano nelle loro casse, grazie agli interessi usurai sui titoli di Stato ed al signoraggio bancario che i cittadini italiani pagano. Secondo fonti Istat, l’evasione delle banche italiane nel 2012 si attesta a 5 miliardi di euro, ma grazie al condono fiscale hanno pagato circa 900 milioni, ed è stato tutto risolto. Perchè alle banche viene tutto condonato, come ai gestori delle slot machines che a fronte di un mancato esborso di 98 miliardi, hanno transato con 600 milioni, grazie all’amico Letta, cui la sua fondazione Vedrò è stata ben finanziata da questi ambienti. Dulcis in fundo, il primo Febbraio è entrato in vigore un provvedimento che prevede il prelievo del 20% dei bonifici provenienti dall’estero e indirizzati ai conti correnti italiani. Questo è il bilancio lettiano, un ottimo bilancio per i suoi padroni non c’è che dire. Un bilancio che non può lasciarlo però a Palazzo Chigi, visto il malcontento popolare e la voglia di cambiamento. Voglia di cambiamento che non può passare dalle urne, sarebbe troppo pericoloso per l’elite finanziaria, e così ecco pronto il nuovo burattino, spacciato per rottamatore, l’ideale per dare al popolo l’illusione del cambiamento e continuare a distrarlo, sviando dalla disastrosa situazione economica e proseguendo la distruzione di quel poco che resta dell’Italia in maniera più tranquilla. Popolo italiano che ha i suoi mal di pancia, come dimostrano le elezioni regionali in Sardegna dove l’astensione si attesta al 48%, un piccolo segno di come il popolo voglia liberarsi da questi oppressori, consci che non è certo Renzi il diverso. Gli artigiani sono scesi in piazza contro la fame provocata dalla Bce e dal partito di Renzi ma intervistati alcuni di essi dichiarano che Renzi è forse l’ultima speranza, a dimostrazione che c’è ancora troppa confusione tra la gente, dovuta al lavaggio del cervello mediatico sempre più martellante, e molta ignoranza in materia economica e politica. Sono 6 anni che in questo paese il popolo non ha più diritto di scegliere il premier, ma evidentemente qualcuno continua a non accorgersene. La Bce e tutta la grande finanza che le sta dietro decide ed i dirigenti del pd (ai quali è stata consegnata l’Italia col compito di farla fuori) eseguono gli ordini, divertendosi a cambiare come figurine le facce degli esecutori dei loro ordini, quando quelle passate sono ormai bruciate, per aver eseguito quegli ordini.
Ma chi è Matteo Renzi? Figlio di un massone fiorentino, che gli ha cucito addosso il supporto incondizionato da parte dei mass media locali, un passato giovanile nella democrazia cristiana, all’ombra di Ciriaco De Mita, ma ciò che più conta è che il supporto dei mass media da locale è diventato nazionale, forte dell’essere il pupillo di Carlo De Benedetti, la tessera numero uno del pd, nonchè padrone del gruppo editoriale Repubblica-L’espresso, guru della disinformazione italiana e membro del cda di Banca Rothschild Parigi. De Benedetti l’uomo più potente d’Italia insieme a John Elkann, che come prassi agisce sempre da dietro le quinte, è finito suo malgrado sotto i riflettori a causa delle dichiarazioni telefoniche di Fabrizio Barca, secondo cui ci sarebbe proprio l’ingegnere dietro la composizione governativa. Sai che novità. C’è lui dietro l’operazione Friedman, insieme al gruppo Rcs. Proprio sul giornale controllato da Mediobanca, Il Corriere della Sera, da sempre schierato dalla parte dei poteri forti, è arrivato lo scoop su Monti e Napolitano, sui governi tecnici. Il Corriere ha ripreso alcuni passaggi dell’ultimo libro di Alan Friedman, altro uomo Rcs. Lo scoop ha colpito il governo Letta e aperto la strada di Palazzo Chigi a Renzi. Bettino Craxi diceva: «Guarda come si muove il Corriere e capirai dove si va a parare nella politica». La scelta del ministro dell’economia italiano, vale a dire il portavoce del potere oligarchico internazionale, è tutta loro, nonchè dei soliti Napolitano, Ue e Wall Street che vogliono un profilo tecnico che tenga duro sui conti. Come se tener duro sui conti voglia dire gravare di tasse fino all’inverosimile i lavoratori e le imprese italiane e tagliare in maniera scriteriata la spesa pubblica riguardante il sociale, come vogliono darci a bere. Circolavano diversi nomi, tutte persone di fiducia del mondo finanziario: Lucrezia Reichlin, ex dipendente della Banca Centrale Europea, professoressa alla London Business School, membro del Cda di Unicredit e da qualche settimana papabile come vice-governatore della Banca d’Inghilterra (l’italianità è solo un dettaglio nel mondo della finanza). Guido Tabellini, con un passato da consigliere di amministrazione della Cir, la finanziaria di Carlo De Benedetti. Circolava anche l’intenzione di riconfermare Fabrizio Saccomanni, caldeggiata soprattutto dalla Bce, ma ad essere nominato è Pier Carlo Padoan, già consulente della Banca Mondiale, della Bce e della Commissione Europea. Per sei anni è stato vicesegretario generale e capoeconomista dell’Ocse, di cui è stato rappresentante al G 20 Finanza,tra il 2001 e il 2005 è stato direttore esecutivo per l’Italia del Fmi, con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino ed Albania, mentre dal 1998 al 2001 è stato consigliere economico presso la presidenza del consiglio italiana. Nel suo curriculum figura anche la direzione della potentissima rivista Italianieuropei, che fa capo a un certo Massimo D’Alema. Renzi, condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale dovuto a spese folli per viaggi e cene, quando era presidente della provincia di Firenze, ha come tutor economico un tale Itzhak Yoram Gutgeld (nato a Tel Aviv), politico israeliano naturalizzato italiano, deputato del partito democratico, trapiantato a Milano ma eletto in Abruzzo.
Si è laureato all’Università Ebraica di Gerusalemme e specializzatosi presso l’Università della California, è stato senior partner e direttore di McKinsey & Company fino al Marzo 2013.
La sua parola d’ordine? “Vendita di immobili pubblici, più flessibilità sul lavoro”, vale a dire: liberalizzazioni, ossia svendita finale dell’Italia. Se fosse ministro (parole sue) provvederebbe a tagliare le pensioni e a privatizzare la Rai e quel che resta di Poste e Ferrovie. La sua funzione è quella di assicurarsi che Renzi esegua alla lettera i dettami di Wall Street. Il braccio destro di Renzi è Davide Serra, uno squalo della finanza, fondatore di Algebras Investments, ex direttore generale di Morgan Stanley e decorato dal “Forum Economico Mondiale” di Davos con la medaglia “Young Global Leader”. Con il suo hedge fund, lanciò l’attacco al colosso bancario olandese Abn Ambro, compiendo la più importante scalata bancaria d’ogni tempo. Fece fuori il banchiere francese Antoine Bernheim dalla presidenza di Generali, potendo così mettere un piede in Mediobanca.
Definito dall’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani «il bandito delle Cayman», fa miliardi a palate scommettendo sui ribassi in Borsa (ovvero sulla crisi) ed è il principale consulente finanziario di Renzi, nonché suo grande raccoglitore di denaro, attraverso cene organizzate da Algebris e dalla sua fondazione Metropolis. Il nuovo premier italiano ha quindi il forte supporto sia dalla City Londinese ( ha sempre detto di ispirarsi a Tony Blair), che da Wall Street e Tel Aviv. Ad averlo introdotto nel mondo della finanza anglo-americana-sionista è stato il controverso Marco Carrai, il quale ha addirittura interessi personali in Israele, dove si occupa di venture capital e nuove tecnologie. Anche il suo supporter Marco Barnabè, figlio di un tale Franco, presidente di Telecom fino allo scorso Dicembre, ha forti legami con Tel Aviv, attraverso il fondo speculativo Wadi Ventures. Gode inoltre del sostegno di Michael Ledeen, neocon statunitense vicino alla lobby israeliana, già consigliere della Casa Bianca e della Cia, consulente del ministero degli Esteri israeliano, stratega delle guerre in Iraq ed Afghanistan, degli squadroni della morte in Nicaragua e della Guerra Fredda per Ronald Reagan ed oggi una delle menti della politica estera del Pd. Per garantirsi l’appoggio di Ledeen, Renzi si è recato nel 2007 al dipartimento di stato degli Usa. Non è un caso che John Kerry abbia più volte espresso apprezzamento  per il burattino di Firenze. Come del resto è sostenuto dall’Economist con la mediazione dell’ex direttore Bill Emmott e dal Financial Times tramite l’editorialista Wolfgang Munchau e da tutto il gotha dell’industria e della finanza italiana. A cominciare da Fedele Confalonieri che, riferendosi al sindaco di Firenze, disse: «Non saranno i Fini, i Casini e gli altri leader già presenti sulla scena politica a succedere a Berlusconi, sarà un giovane». Seguono Diego Della Valle, il numero uno di Vodafone Vittorio Colao, il fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio e l’amministratore delegato Andrea Guerra, il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera con la moglie Afef, l’ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori, il patron di Eataly Oscar Farinetti, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Romiti, Martina Mondadori, Barbara Berlusconi, i banchieri Fabrizio Palenzona e Claudio Costamagna, il numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca, il patron di Lega Coop Giuliano Poletti, Patrizio Bertelli di Prada, Fabrizio Palenzona di Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, attraverso il controllo della Fondazione Montepaschi gestita dal renziano sindaco di Siena Bruno Valentini, e soprattutto l’amministratore delegato di Mediobanca Albert Nagel, erede di Cuccia nell’istituto di credito.
Gad Lerner ha, più recentemente, detto: «Non troverete alla Leopolda i portavoce del movimento degli sfrattati, né le mille voci del Quinto Stato dei precari all’italiana. Lui (Renzi) vuole impersonare una storia di successo. Gli sfigati non fanno audience» Infine vi è ovviamente l’approvazione europea: Angela Merkel e Jose Maria Barroso puntano molto sul Renzi conservatore, subordinato al Fiscal Compact, sostenitore del Meccanismo Europeo di Stabilità e dell’austerità del bilancio pubblico.
Non ci resta che organizzare un’opposizione che contrasti la sua opera, consci che tra 1-2 anni anch’egli sarà bruciato e farà la fine di Letta, allora il potere finanziario si inventerà un altro Renzi o la gente non gliene darà più modo?