Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le domande suscitate dalla questione ucraina

Le domande suscitate dalla questione ucraina

di Eugenio Orso - 25/02/2014

Fonte: pauperclass


Stando alle apparenze, dopo il riuscito blitz di piazza a Kiev e in altre parti dell’Ucraina, gestito sul campo dai paramilitari nato-ue, sembra che gli atlantisti e i loro supporti eurounionisti abbiano stravinto. Hanno stravinto, però, sulle macerie di un paese in profonda recessione, se non apertamente in bancarotta, che abbisogna – fin da subito, per ammissione dello stesso governo-fantoccio insediatosi in questi giorni – di alcune decine di miliardi di dollari per tentare di risollevarsi. Risorse ingenti che difficilmente gli ucraini potranno ottenere, senza subire uno strangolamento economico e sociale, da fmi e ue. A un primo sguardo, da non esperti di geopolitica, est europeo, Balcani e relazioni internazionali, pare altresì che il grande sconfitto sia la Federazione Russa, vero obiettivo del blitz paramilitare in Ucraina.

Pur dichiarandosi pronta ad aiutare l’Ucraina con una tranche di aiuti di due miliardi di dollari, la Russia pare allarmata dall’ostilità del nuovo governo di quel paese. Un governo così anti-russo, insediatosi con la violenza, che si spinge fino a vietare l’uso “istituzionale” della lingua russa, parlata da oltre il quaranta per cento della popolazione. La Russia non denuncia i contratti siglati con l’Ucraina per le forniture energetiche, ma intende rispettarli fino a scadenza. Il fair play russo in queste drammatiche circostanze, nonostante il gioco sporco di usa, nato e ue, può stupire gli osservatori non completamente “scafati”, ma soprattutto può suscitare un paio di domande.

Veniamo alla prima domanda. Perché la Federazione Russa non ha contrastato, efficacemente, la lunga, evidente penetrazione usa-nato-ue in Ucraina, durante la presidenza Yanukovych non ostile ai russi? Gli usa hanno investito un mucchio di dollari per “comprare”, infiltrare e destabilizzare l’Ucraina, onde sottrarla definitivamente all’influenza del risorto competitore russo. Mercenari ucraini delle regioni occidentali del paese sono stati addestrati in campi gestiti dall’alleanza atlantica. Squadre paramilitari sono state organizzate e “tenute in caldo” in previsione del blitz. I destabilizzatori occidentali, avendo come vero obiettivo la destabilizzazione e il ridimensionamento della Federazione Russa, hanno avuto tutto il tempo di preparare l’azione a Kiev. Come evidenzia con chiarezza il giornalista Giulietto Chiesa, esperto di Russia, Europa orientale e “Balcani profondi”, politici e governati europoidi entravano in Ucraina per “parlare” direttamente alle opposizioni e incitarle alla rivolta. Infatti, la penetrazione progressiva, infarcita di dollari, ha consentito di aizzare una parte della popolazione – addirittura contro i propri interessi vitali, date le ottime offerte russe – non solo contro il mediocre e autoritario Yanukovych (presidente legittimo ed eletto, non dittatore), ma anche e soprattutto contro la Russia e i russofoni, impostando l’azione paramilitare di Piazza dell’Indipendenza (Maidan). La Russia si è illusa di poter sconfiggere un nemico che ha giocato sporco con un’offerta vantaggiosissima, sul piano economico, per il governo e il popolo ucraino? Quindici miliardi di dollari di prestito a tasso agevolato e uno sconto di due miliardi di dollari l’anno sulle forniture energetiche, per dieci anni. La Russia ha fatto troppo affidamento su una sorta di “ragionevolezza”, che avrebbe spinto l’Ucraina in situazione di bisogno (tutta, non solo quella russofona) ad accettare le sue proposte, non destabilizzanti e cento volte più vantaggiose delle “offerte” occidentali? Teniamo conto che una buona parte del Pil ucraino deriva dalle regioni orientali, russe e russofone, mentre la parte occidentale è molto povera e, per giunta, dipendente dall’est del paese.

E veniamo, ora, alla seconda ed ultima domanda, che potremmo definire, con una nota espressione, “la domanda delle cento pistole”. Perché i russi non hanno reagito, durante il violento blitz dei mercenari atlantisti ed europoidi, per “salvare il salvabile”, sia pure in extremis? Facciamo quattro ipotesi. 1) Per evitare con senso di responsabilità un confronto bellico nel vecchio continente, o addirittura una guerra termonucleare. 2) Semplicemente perché hanno capitolato, come potrebbe concludere un osservatore superficiale. 3) Perché hanno raggiunto un accordo segreto con gli usa, i cui termini non si conoscono. 4) Perché hanno in serbo un futuro e improvviso “colpo di maglio”, che gli consenta di riprendere l’iniziativa senza dover giocare di rimessa, stando sulla difensiva. Non sappiamo quale di queste ipotesi è quella vera, tenendo conto che ce ne potrebbero essere delle altre. Quello che osserviamo è che l’”impero del male” occidentale è all’attacco in tre continenti. In Medio Oriente con l’aggressione alla Siria, costretta alla guerra intestina e difesa solo dalla Russia. In America latina, nel Venezuela post-Chavez di Nicolas Maduro, con manifestazioni di piazza pilotate (ambigue opposizioni, come quella di Leopoldo Lopez, e gruppi di studenti delle università private) e infiltrazioni dalla frontiera con la Colombia. E naturalmente in Ucraina, nei Balcani d’Europa, dove il “male”, almeno per ora, sembra aver già vinto. E’ chiaro che per tentare di rispondere alla domanda posta ci vorrebbe, qui, in Italia, uno come Giulietto Chiesa, oppure, dal cuore dell’“impero del male”, almeno un Edward Luttwak, se non di più.

Per ora, questo è quanto. Restano in sospeso le due domande. La prima, cui non si è potuta trovare una chiara risposta, e soprattutto la seconda, cruciale per gli scenari da brivido che potrebbero aprirsi, domani, in Europa e nel mondo.