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Persona e comunità

di Andrea Virga - 26/03/2014

Fonte: andreavirga



 
Il problema fondamentale, davanti al quale, a livello terreno, ci troviamo, è quello del capitalismo. Con questo termine vogliamo indicare non tanto semplicemente una struttura economica e un sistema di gestione dei mezzi di produzione, ma addirittura una vera e propria Weltanschauung, una visione del mondo complessiva e totalitaria che permea tutta la nostra realtà: dunque un sistema non solo economico, ma anche (e soprattutto) sociale, politico e culturale. Il rapporto di queste che potremmo chiamare, con parola marxista, sovrastrutture, rispetto alla struttura economica è però complesso e fondato sull’influenza reciproca tra le varie strutture. Il predominio della struttura economica posta come a priori rispetto alle altre non è una regola generale, quanto un preciso e fondamentale portato ideologico del materialismo economicista che costituisce la base filosofica della Modernità. 

Proprio perché noi rispetto al capitalismo ci troviamo ad essere, heideggerianamente, in esso, è imprescindibile una presa di coscienza e di posizione. Ora, l’osservazione più immediata che possiamo fare, una volta inquadrato questo problema, al di là delle varie chiavi di lettura filosofiche o ideologiche, è quella relativa alla condizione umana. Se noi consideriamo l’uomo del capitalismo (homo œconomicus) non possiamo che constatare un duplice processo di alienazione, che trasforma l’essere umano al contempo in individuo e in massa. 

 L’individualismo è dato innanzitutto dalla liberazione, in senso liberale e libertario, dell’individuo: una falsa liberazione che è sostanzialmente sradicamento dell’uomo da tutti i suoi punti di riferimento superiori e interiori; appartenenza identitaria e comunitaria, legami di fedeltà, doveri sociali, spiritualità, proiezione verso il divino e il trascendente: tutto è reciso e spezzato in nome della “libertà” dell’individuo. Il secondo passo, è additato dalla massima di Dostoevski: “Se Dio non esiste, tutto è permesso”, una rifondazione dell’individuo come egotizzazione dell’io. L’individuo è solo Io, conosce solo il proprio Io e, in un cieco titanismo, vuole tutto: dalla tentazione del Serpente edenico “Eritis sicut Dei” – per coloro che conservano una consapevolezza, magari distorta, della sfera divina, e tentano l’assalto al cielo – al motto del gangster cinematografico Tony Montana “The World is yours” – per coloro che “si accontentano” del dominio sulle cose del mondo. L’unico metro di misura diventa l’utilitarismo, più alla Sade che alla Bentham, coniugato con l’edonismo. 

L’altra faccia, conseguenza immediata della prima è la massificazione e la reificazione dell’altro essere umano da parte di ciascuno: il risultato è che ogni Io titanico si trova ad essere un semplice volto nella massa per tutti gli altri suoi simili. Si rovescia Kant e ogni uomo diventa mezzo per tutto gli altri. Ciascuno lotta per ridurre al minimo i propri doveri ed espandere al massimo i propri diritti e privilegi. Di fatto, al di là delle fallaci differenze date dal possesso dei beni materiali, questa collettivizzazione realizza un egualitarismo totalitario e degradante, descritto magistralmente da una frase del che Kubrick mette in bocca al Sergente Hartman: “Qui vige l’uguaglianza: non conta un cazzo nessuno!”. 

 Per questo motivo, dobbiamo rifiutare ogni alternativa basata sul collettivismo, come alcune ramificazioni politiche del marxismo (si pensi al maoismo o al polpottismo, ma in parte già al leninismo), perché non evadono dal problema, ma si limiterebbero a ridistribuire in maniera egualitaria anche i beni materiali prodotti. Le cose non cambiano, se al grigio scenario della fabbrica di trattori o della risaia si sostituiscono i colori psichedelici di un raduno hippy o di un rave party, come hanno suggerito nuovi maestri (si pensi alla New Left americana, al situazionismo e al movimento sessantottino in generale). Essi rimandano in pratica a una sorta di “socializzazione” dell’edonismo anarcoide e nichilista già proprio del libertinismo del ‘700-‘800, il che – come abbiamo visto – riporta all’altra faccia del problema. Esemplare di questa corrispondenza tra collettivismo “comunista” e collettivizzazione capitalista è la Moltitudine teorizzata da Antonio Negri, collettivo amorfo delle varie differenze amalgamate da un altrettanto amorfo e spersonalizzato Impero capitalista, e che dovrebbe “fare la rivoluzione” contro quest’ultimo. 

Invece, occorre affermare il proprio sostegno ad un’alternativa comunitaria, cioè in grado di conservare o (re)instaurare un duplice processo contrario a quello liberalcapitalista. La contrapposizione all’individuo della persona. Essa non è egocentrica, ma ascolta il proprio Sé, arrivando a comprendere la propria natura e a seguire la propria vocazione, operando in tal modo uno sviluppo il più completo possibile delle proprie facoltà. Si tratta di realizzare desideri interni, e non di inseguire desideri esterni. La persona non è neanche autoreferenziale, ma è definita, nella propria identità, dai propri legami e dai propri rapporti con il mondo e il divino. 

L’elemento corrispondente alla persona, in opposizione alla massa, al collettivo, è la comunità, formata da persone tra loro differenti, ma tenute assieme da legami organici e da una comune identità. Le loro differenze si integrano tra loro in quanto complementari, per cui ogni persona ha un ruolo nella comunità che corrisponde alla sua vocazione interiore. Diritti e doveri sono strettamente proporzionali tra loro e in relazione ai contributi di ciascuno alla comunità. Il rapporto fondamentale tra i membri della comunità è quello di una mutua assistenza e cooperazione che vede gli altri non già come mezzi, bensì, kantianamente, come fini. Il bene della comunità nel suo insieme è quindi superiore al bene dei singoli. In questo modo, è chiaro che gli stessi rapporti possono instaurarsi non solo tra le persone che formano una comunità, ma anche tra varie comunità riunite a formarne una più ampia. 

La varietà d’identità e di appartenenze che fondano e legano le comunità è tale da generare differenti declinazioni in chiave ideologica di un medesimo concetto. Abbiamo così comunità di fede, comunità di sangue (l’esempio più perspicuo è la famiglia), comunità di territorio, comunità sociali, comunità d’idee. E l’appartenenza a più comunità, non solo non è affatto preclusa, ma è piuttosto la norma, considerata la diversità degli aspetti su cui si fondano. Questo, per ricordare la naturale pluralità di questa realtà antropologica e sociale. Tenendo presente ciò, non è difficile riconoscere che la vera e necessaria contrapposizione politica è quella tra il sistema capitalista collettivista e le persone appartenenti a libere comunità, al di là delle differenze che le connotano identitariamente.