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Secessioni. Vere, desiderate, legittime o forse no.

di Gian Maria Bavestrello - 26/03/2014

Fonte: heimat


Secessioni (1). In Crimea la popolazione conferma la sua volontà di aderire alla federazione russa. Secondo UE e USA il voto è illegale, mentre considerano legittima la deposizione di un presidente democraticamente eletto ad opera di un movimento di piazza. Chissà come reagirebbe il nostro governo se Euromaidan avesse un emulo italiano o se la rivolta dei forconi si fosse spinta fino a quel punto. Domanda retorica a dire il vero, perché non è difficile immaginare quale sarebbe la risposta. Lo scenario ucraino dimostra che la politica non ha nulla a che fare coi diritti, siano essi politici, umani, civili o sociali. Non in prima battuta, almeno. Senza la forza di affermarli, i diritti (o ciò che chiamiamo diritti) non hanno alcun valore. La politica continua ad essere, come è sempre stata, il campo dove si esercitano rapporti di forza e dove si valutano cinicamente rischi e benefici, sulla base dei propri interessi e della propria volontà di potenza. Solo decenni di retorica da parte del sedicente Impero del Bene hanno potuto convincere larghe fasce di popolazione che la politica internazionale non fosse più una perfetta applicazione del darwinismo sociale ai popoli.  Il diritto all’auto-determinazione è il caso più emblematico di come i diritti non siano mai assoluti ma sempre “relativi” agli interessi in gioco. A volte valgono, altre no.   Diciamolo chiaramente, e risparmiamoci altri decenni di ipocrisia,  di falso umanitarismo, di “guerre giuste” e di spasmodica ricerca di una violazione giuridica che giustifichi un intervento militare o una lesione dell’altrui sovranità.

Secessioni (2a). Anche in Veneto spira forte il vento indipendentista. Un referendum telematico ad altissima affluenza conferma la volontà degli eredi della Serenissima di staccarsi dall’Italia. Questo non accadrà, e non perché – come ha detto qualcuno – i veneti non posseggono quei requisiti di popolo che definiscono chi ha diritto all’auto-determinazione e chi no. Non accadrà perché, vedi sopra, non ci sono (o non ci sono ancora, almeno) le condizioni internazionali e geo-politiche perché l’Italia possa implodere. Lo stesso valga anche per Scozia, Catalogna e Paesi Baschi. E’ stato però piacevole notare come non sia stato possibile, a quei media main stream che pure hanno quasi oscurato la più importante iniziativa indipendentista dal dopoguerra ad oggi, suggerire che “Il Veneto non esiste”, sulla falsariga di quell’insensatissimo “La Padania non esiste”. Sul piano politico (e geografico) esiste ciò che la Storia, fatta dagli uomini e dalla loro capacità di essere all’altezza dei loro obiettivi, permette esista. Non c’è nessun requisito culturale o umanitario che sveli l’essenza delle nazioni e il loro diritto a costituirsi in Stato. Certo è che se il principale partito padanista si allea da sempre con la destra nazionale, e i suoi esponenti giurano come ministri (persino dell’interno!) sulla Costituzione dello Stato da cui vorrebbero secedere (si veda art.1 dello statuto), non ci si può poi lamentare se la Storia si volta dall’altra parte.

Secessioni (2b). Beppe Grillo ha apprezzato il referendum in Veneto, schierandosi dalla parte di plebiscito.eu dopo aver già spaccato il suo popolo in due come un melone sulla questione dell’unità e indivisibilità dell’Italia. “La Padania non esiste (eddaie), la Repubblica di Venezia si”, ha detto. Ha però dimenticato, il Beppe da Genova, che se c’è un “popolo” che può rivendicare il “diritto all’indipendenza” questo è il suo: il popolo genovese, mai chiamato a votare un plebiscito d’annessione. La Liguria è l’unica regione che di fatto non ha mai accettato di entrare a far parte del Regno di Sardegna, suscitando, nell’allora 1815, le proteste ufficiali dei suoi legittimi governanti. Qualche “balilla” vada a dirlo a Bruxelles. O, se non vuole perdere tempo aprendo vertenze del tutto inutili, scagli la prima pietra al grido di “Che l’inse”.