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Guardare al Front National oltre le mistificazioni e gli opportunismi

di Filippo Bovo - 26/03/2014

Fonte: Stato e Potenza


 

RASSEMBLEMENT DU FRONT NATIONAL AU PALAIS ROYALIl recente exploit del Front National, e soprattutto della sua leader Marine Le Pen, ha scatenato la solita ridda di approssimativi giudizi etichettanti da parte dei media mainstream, solerti nel definire di “estrema destra” il movimento, e la corsa allo sciaccallaggio politico da parte di chi, dal versante destro dell’emmisfero politico italiano, vorrebbe rispecchiarne l’immagine elettorale, senza ricalcarne i contenuti.
Queste interessate e fuorvianti interpretazioni, tendono a mistificare la realtà evolutiva affrontata dal Front Nazional ed il significato stesso della sua crescita in termini di credibilità e consensi.
Innanzi tutto è corretto chiedersi: è un movimento ancora ascrivibile alla variegata realtà dell’estrema destra europea?
Certamente possiamo ritenere che il movimento, nato a similitudine del MSI italiano nel 1972, si possa legittimamente inquadrare nell’“inventario del “nèo populisme” francese, e questo già dalla metà degli anni ottanta, quando sia la stampa che gli orgnani rappresentativi del Partito accettarono la definizione di “National Populisme”, come più rappresentativa di una realtà che andava progressivamente evolvendosi verso un superamento di posizioni conservatrici e reazionarie (bollate subito come “fascisme” dalla stampa), più strettamente legate all’eredità morale del Pètainismo e all’anticomunismo, per incarnare una destra sociale con connotazioni fortemete popolari. Lo stesso Jean Marie Le Pen ha sempre rifiutato tanto l’etichetta di “fascista” quanto quella di “estremista”, preferendo una collocazione nell’alveo dei pupulismi, secondo l’accezione positiva di “anti sistema”. Lo stesso Jean Pierre Stirbois, segretario del Fronte nel 1988, affermava “(…) riprendo con fierezza l’espressione nazional populismo (…) nazione e popolo sono due parole indissolubilmente legate”. Concetto ripreso dalla stessa Marine Le Pen: nel 2010: “se il populismo è, come credo, difendere il popolo dalle èlite, difendere i dimenticati dall’èlite che li sta strangolando, allora si, in questo caso io sono populista”.
Caratteristica della politica del Fronte è il cercare di coniugare valori patriottici e nazionalisti, un’attenzione forte alle problematiche sociali e del lavoro, e una serrata critica anti capitalista; tanto da penetrare nelle fasce operaie e popolari francesi fino ad attuare una progressiva sostituzione in diverse aree del paese delle organizzazioni tradizionalmente legate alla sinistra. Una sinistra che nel nome del “dogma della religione del progresso” ha abbracciato la causa della globalizzazione”. Siano essi – utilizzando la definizione di Costanzo Preve -  “globalizzatori anarco – utopisti” o “altermondisti politicamente corretti”.
La stessa difesa dell’identità e della sovranità nazionale, ivi compreso il principio della “preferenza nazionale”, ha evoluto verso una declinazione più marcatamente anti mondialista e anti imperialista, rispetto ad un passato nel quale erano più facilmente ravvisabili forti elementi sciovinisti e razzisti, come ancora evidenti in buona parte delle cosidette “estreme destre europee”.
Alle dichiarazioni programmatiche hanno corrisposto azioni di fatto, passate ed attuali, per nulla scontate nello sconfortante panorama europeo.
In passato il F.N. criticato sia la guerra dell’Iraq che l’aggressione alla Serbia. Non a caso, sono stati svelati incontri segreti ad altissimo livello fra Jean-Marie Le Pen e Radovan Karadzic, l’ex leader dei serbo-bosniaci, poi sotto custodia all’Aja dopo la cattura a Belgrado nel 2008.
E’ nota la sua contrarietà  ad un attacco alla Siria , quando il 3/09/2013  Le Pen si esprimeva così:
ferocemente contraria a qualunque tipo di intervento militare in Siria: che interesse ha la Francia in tutto ciò (…) le prove sull’attacco chimico in Siria sono state fabbricate per giustificare una nuova guerra e aiutare gli oppositori di Assad significa aiutare al Qaeda e chi vuole imporre alla Siria, come già accaduto in Libia, la sharia“.
Ancora sulla stessa linea nell’ultimo spartiacque definito dal golpe in Ucraina e la netta presa di distanza dai movimenti golpisti di estrema destra come Svoboda e Privy Sector.
Denuncia del modello USA, “il modello americano è al cuore del progetto mondialista” e dell’attuale modello NATO, “Ridefinire la nostra strategia e garantire la nostra indipendenza. La Francia dovrebbe essere in grado di difendere se stessa ei suoi interessi per garantire la sua sicurezza. Per questo, dobbiamo denunciare la partecipazione della Francia al comando integrato della NATO”. Idem, sulle missioni internazionali,”dove l’interesse nazionale non è chiaro”.
Le posizioni sulla U.E. sono arcinote ed è inutile anche riportarle in questo scritto. Oggi, senza dubbio, si pone come il “partito di massa” guida nella lotta all’Euro e all’Unione Europea, definita “avanguardia europea del mondialismo”
La vicinanza con la Russia di Putin è solida, tanto da auspicare all’interno del programma ufficiale del FN di “ricostruire i settori industriali della difesa, anche in collaborazione con alcuni partner europei, tra cui la Russia”. Non poca cosa in una Nazione della NATO e della UE.
Si potrebbe citare ancora la battaglia per la “biodiversità”, la difesa dell’agricoltura nazionale “più che mai settore strategico per l’indipendenza nazionale, con lo stesso rango dell’energia”. Denuncia del PAC e del ruolo del WTO che “spinge per la liberalizzazione totale del commercio, che non riconosce i problemi specifici dell’agricoltura, spesso a favore di organizzazioni con interessi puramente finanziari”.
Posizioni, tra le altre, che hanno portato, tra lo scandalo generale, anche all’”endorsement” di Costanzo Preve del 2012, quando affermava testualmente:
Al primo turno (scandalo! orrore!) voterei Marine Le Pen, ed anche al secondo turno, se fosse ancora in corsa”.
Dal punto di vista “interno”, già negli anni novanta, era evidente un nuovo approccio alla definizione di se stessi con slogan come “Ni droite, ni gauche, Français!”, anticipando la tendenza – oggi difusa in molti altri paesi, italia compresa  (per esempio, il M5S ne ha fatto un punto di forza) – al superamento di una dicotomia destra – sinistra, oggi resa sostanzialmente inesistente dall’omologazione dominante liberale e liberista. Una cesura notevole con il passato, soprattutto se si pensa ai primordi del Movimento, quando si definiva “droite nationale, sociale et populaire” e veniva  stigmatizzata giustamente da Liberationcome una “denominazione ecumenica che ha unito sensibilità estrema destra, combattenti dell’Algeria francese attraverso i tradizionalisti cattolici e pagani della GRECE (Gruppo di Ricerca e Studio della civiltà europea)”.
Oggi, il percorso ha portato ad una identità forte ed analisi ampiamente condivisibilli come “Destra e sinistra non ci sono più, l’unica discriminante è fra mondialisti e nazionalisti. Noi identifichiamo nella Nazione la struttura migliore per assicurare la sicurezza, la prosperità e l’identità di un paese”. Ancora, afferma M. Le Pen che “il F.N. non è un partito di destra. Chi lo pensa si sbaglia davvero”.
Di fatto, coerentemente e contrariamente a quanto speso si è assistito nell’area di “estrema destra” nostrana, il F.N. ha sempre mantenuto una posizione di non collaborazione, e non coalizione, con i partiti della destra/sinistra di governo, come UMP o il Partito Socialista. Oggi, ne capitalizza semplicemente i risultati.
Le politiche relative al rilancio dell’istruzione pubblica e al recupero della cultura classica, l’accesso universale alla sanità pubblica e alla sua difesa come imprescindibile diritto, il diritto al lavoro, la difesa delle conquiste salariali e delle leggi in materia di orario di lavoro, etc, etc, non sono certo politiche facilmente ghettizzabili, da parte di chi, in passato, a sinistra ne ha fatto una bandiera ed oggi si fa braccio armato del finanz-capitalismo. Ancor meno emulabile da parte di chi, a destra, tra una trasformazione ed un’altra, tra un governo e l’altro, ha avuto come unica coerenza il solo navigare dove il vento elettorale portava a facili consensi e comode poltrone.
Risultati notevoli, riconosciuti anche da chi, come Alain De Benoist, in passato non fu certo tenero con il Fronte.
“(…) va riconosciuto a Marine Le Pen il merito di aver  ‘dediabolizzato’ il partito, per mezzo di una vasta ‘operazione di pulizia’ che sta innegabilmente avendo i suoi frutti. Ci sono categorie che il Front national, prima della svolta ‘marinista’, non riusciva a sedurre”, dice De Benoist. “Oggi, quelle stesse categorie sono le prime a sostenerlo: le donne, i giovani nella fascia compresa tra i 18 e i 24 anni, e soprattutto gli insegnanti. La nascita del Collectif Racine – associazione di insegnanti patrioti, nata lo scorso ottobre con l’intento di combattere, accanto al Rassemblement Blue Marine, per il redressement della scuola francese, ndr – ne è la prova tangibile”. Anche la storica posizione antimmigrazionista e, in molti casi islamofobica (espressione di un reale disagio ampiamente avvertito dalla popolazione francese, non certo inventato, e di cui bisognerebbe indagare attentamente le ragioni sociali prima di trinciare giudizi), ha assunto dei connotati differenti dal passato.
Relegare alla categoria dell’ estrema destra, o peggio al razzismo, il F.N. quando afferma che “L’immigrazione è utilizzata dal potere finanziario e dalle grandi imprese per mettere pressione al ribasso sui salari e diritti sociali dei lavoratori francesi. Incentivato e costantemente sostenuto dalla MEDEF, la Commissione europea e le principali gruppi del CAC 40, l’immigrazione non è un progetto umanista, ma un’arma al servizio del grande capitale”, o quando afferma ancora che “l’immigrazione incontrollata è una fonte di tensione in una repubblica che non è più in grado di assimilare nuove francese. Ghetti, conflitti etnici, le esigenze della comunità e provocazioni politico-religioso sono le conseguenze dirette di una massiccia immigrazione mina la nostra identità nazionale e porta con sé una crescente islamizzazione visibile”, è difficile, a meno di non volerci includere, per voluto paradosso, anche persone come Pallante, Latouche, De Benoist, Preve e tanti altri, accusabili di tutto, tranne che di razzismo.
In conclusione, ritengo che si possa parlare, a ragion veduta, di un soggetto politico molto interessante e difficilmente costringibile nel panorama delle destre europee, siano esse estreme o meno; quanto piuttosto in una attuale categoria  “in divenire”, che può essere in grado di trainare una nuova generazione identitaria e sovranista, sociale e tradizionalista, da opporre efficacemente contro l’unità ideologica e d’intenti della destra/sinistra dalla falsa alternanza e unico padrone. Una forza politica che ha dimostrato di saper guardare oltre l’occidente Usraeliano, per ritrovare la propria missione verso Est e il Mediterraneo.
Forse è solo un auspicio, forse solo una speranza non priva di ragione.
Certo, ancora sono molte le scorie del passato e il suo elettorato spesso ancora solo protestatario, alle volte ancora xenofobo e reazionario, ma la strada è quella giusta e osteggiarla significa solo difendere lo status quo, senza se e senza ma.