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Vincitori nei sondaggi, sconfitti nel paese?

di Eugenio Orso - 06/04/2014

Fonte: pauperclass


Si ripeterà con le elezioni europee la débâcle dei sondaggisti che un anno fa non hanno saputo, o voluto, o potuto prevedere il successo di Grillo? Quale scusa accamperanno questa volta, per nascondere il loro totale asservimento al “committente”, cioè al sistema filo-europoide?

In occasione delle politiche per la XVII legislatura, avendo ciccato il risultato del cinque stelle, hanno addotto come ragioni la limitatezza del campione, la mancanza di copertura sul territorio, il fatto che quando c’è un nuovo partito o movimento in lizza si amplifica il margine d’errore. E i margini d’errore sono stati grandi, perché non hanno riguardato solo la matricola m5s, ma anche altre matricole, come rivoluzione civile, sopravvalutata fino all’otto per cento, rispetto al modestissimo risultato che ha ottenuto nelle urne. Scelta civica nelle “intenzioni di voto” avrebbe dovuto avere più consensi di Grillo, ma poi è stata surclassata dai pentastellati. Lo stesso pd che tutti, come accade ora, davano per favorito sul trenta per cento e oltre, ha ottenuto un risultato modesto.

E’ chiaro che i sondaggi, commissionati da chi serve i poteri forti esterni, orientano il voto – quando non lo sostituiscono bellamente – per influenzare il “parco buoi” elettorale e farlo andare nella direzione voluta. Si cerca di non enfatizzare troppo, o addirittura di adombrare, la quota di astenuti/ indecisi/ schede bianche e nulle che c’è anche nei sondaggi. Il sistema liberaldemocratico funziona così, soprattutto in Italia. Importantissima è l’interazione fra i media che idiotizzano, disinformano e confondono la popolazione, i sondaggisti che orientano il consenso e i politici di sistema, dipendenti in tutto e per tutto non più dal consenso di massa (che si può “costruire”), ma dai potentati sopranazionali. Per quali scopi? Per neutralizzare in anticipo qualsiasi traccia di volontà popolare e preparare il terreno a governi e linee politiche decisi in anticipo, indipendentemente dagli esiti del voto popolare. Nel caso di elezioni politiche, come quelle dello scorso anno, si potrà tranquillamente ignorare “il verdetto delle urne”, che non si è riusciti a orientare del tutto nel senso voluto, imponendo governi “tecnici” non eletti sostenuti da grandi o piccole coalizioni di partiti. Basterà riproporre, drammaticamente, le condizioni di emergenza economica e finanziaria del 2011.   

A due mesi dalle elezioni per il parlamento europeo, anche se qui non è in ballo alcun futuro governo (trattandosi di un parlamento che non ha poteri), il copione si ripete, e le principali case di sondaggi, colluse con il sistema che è il loro vero “committente”, stanno facendo ciò che hanno sempre fatto. Manipolare con buon anticipo il consenso, in funzione filo-europide. Le elezioni europee, per esser prosaici, contano poco più di un cazzo, perché non sta nel parlamento il “motore” dell’organismo sopranazionale (che ha come componenti essenziali i trattati, la bce e la commissione), ma questa volta un certo valore lo hanno, come termometro per misurare le linee di febbre anti-unionista.

Se per le politiche del 2013 i sondaggisti hanno platealmente “barato” sui risultati di m5s, questa volta il movimento ha una base di partenza molto alta, ma si può ovviare all’inconveniente mostrando che è in calo di consensi e che si barcamena malamente fra il venti e il venticinque per cento. SWG con sondaggio del 4 aprile, lo dava al 20,0%. Oppure m5s nei sondaggi raggiunge a malapena il precedente risultato politico, come nel sondaggio del 4 aprile di Ixè, con un 25,5%.

Si evidenzia la caduta di forza Italia, nel crepuscolo di Berlusconi che non è più capolista, collabora con Renzi e teme la prigione, ma potrà cavarsela con l’affidamento ai servizi sociali. Fi sembrerebbe ormai ridotta al 20% o addirittura molto al di sotto, con grande soddisfazione della sinistra europide neoliberista, che può dominare il paese senza troppi patemi. Datamedia con sondaggio del 2 aprile, sciorina per forza Italia un 20% tondo, mentre L’Unità, riferendosi a Ixè, inneggia allo sfascio del partito di Berlusconi, caduto al 16,9% delle intenzioni di voto (che nel sistema dello Spettacolo contano più del voto effettivo).

Si riserva qualche punto percentuale anche all’ambigua e ancora indefinita altra Europa con Tsipras, che è uno specchietto per le allodole filo-unionista. Secondo Datamedia con sondaggio del 2 aprile, Tsipras-Italia, che raccoglie i falliti della cosiddetta sinistra radicale, sarebbe al 3,9%. Questa lista potrà tornare utile, non solo in Grecia ma pure in Italia, per limitare i guadagni elettorali del fronte euroscettico, in quanto gli “altereuropeisti” hanno abbassato il capo davanti a euro e unione, anche se millantano di volerla cambiare per dargli un volto più umano.

Non si può nascondere il recupero di consensi della lega “basta euro” di Matteo Salvini, che viaggia oltre il quattro per cento di soglia minima e in qualche sondaggio sfonda addirittura il cinque. IPR Marketing di Antonio Noto, il 3 aprile, quotava la lega al 4,1%, mentre Lorien Consulting, sempre il giorno 3, addirittura al 5,5%, con qualche concessione in più alla realtà.   

Sono però il pd e Renzi che i sondaggisti di sistema quotano alle stelle, più in alto possibile, per orientare con buon anticipo il “parco buoi” elettorale. Così, la popolarità di Renzi è necessariamente straordinaria e surclassa tutti i competitori .Vedi Ilvo Diamanti con la sua Demos & Pi, “Il Nord Est promuove il Governo Renzi”, e naturalmente boccia le opposizioni. Gradimento stellare per Renzi a nord est, che nel sondaggio si posiziona al 63%. Il 3 di questo mese, a livello nazionale, Renzi era un po’ più basso, ma pur sempre a un buon 57%. Il pd, poi, raramente è a filo del trenta per cento o sotto questa soglia minima, perché lo si tiene “opportunamente” alto, godendo della popolarità mediatica di Renzi mattatore-venditore, ma soprattutto del favore delle eurocrazie. Ai primi di aprile, Lorien Consulting valutava il pd al 31,5% e IPR Marketing a un 30% tondo. Datamedia il 1° del mese ce lo vendeva al 31%, ma il 2 lo dava con una media di 7 giorni al 31,8%. Piepoli addirittura al 33% e via sciorinando percentuali.

In un sondaggio di marzo del barometro politico di Demopolis, pur riconoscendo che il 58% degli intervistati giudicava negativo il passaggio all’euro (molti sanno ancora farsi i conti in tasca), si correggeva il dato con il 55% di favorevoli alla permanenza nella moneta unica e solo un 33% di contrari. Miracoli della sondaggistica! Ma forse di un vero miracolo non si tratta, perché basta porre le domande nel modo giusto, orientando la risposta, per correggere i dati negativi. Infatti, si chiedeva al campione se era favorevole a restare nell’euro, ma non così com’è, bensì con un netto (e impossibile) cambio di rotta rispetto alle attuali politiche di austerity. Peccato che le attuali politiche di austerity, i trattati, gli effetti deflattivi e depressivi sul piano economico siano intimamente connessi alla moneta unica privata, straniera e a debito, in un complesso sistema di dominazione elitista. Resta il fatto che un terzo del paese (prendendo per buono il sondaggio, una volta tanto) vuole uscire dall’euro in ogni eventualità, anche se dovessero cambiare le politiche di austerity. Fidiamo sul fatto – per fottere il sistema e i suoi servi sondaggisti – che almeno un altro terzo vorrebbe uscire subito, se subodorasse che le politiche di austerity non cambieranno mai. Nonostante la promessa piddino-renziana della “battaglia in Europa” per cambiare le regole.

E’ fin troppo evidente che i media prezzolati, i politici euroservi e i sondaggisti che deformano la realtà per conto del committente, marciano separati per colpire uniti. Per quali scopi? Per limitare i danni (a loro e all’”Europa”) derivanti dal voto popolare e orientare il consenso, in occasione delle prossime europee. Ma forse questa volta non gli andrà così bene …