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Sanzioni economiche contro la Russia: un arma a doppio taglio

di Mario Lettieri - Paolo Raimondi - 06/04/2014

 

 

 

Le sanzioni economiche nei confronti di uno Stato allontanano qualsiasi soluzione negoziata, invece occorre creare sempre le condizioni per risolvere i contrasti e ottenere la migliore convivenza ed il più efficace sviluppo comune. Ecco perché noi riteniamo che l’Ue, la Russia e l’Ucraina, che convivono nello spazio euro-asiatico, debbano muoversi in quest’ottica. Altrimenti non solo permarrà un clima di tensione ma si irrobustirà anche la tesi di coloro che ritengono che oggi si è in piena “guerra economica”.

 

Le analisi della situazione e della crisi in corso possono essere differenti. Noi condividiamo appieno quanto espresso recentemente da Romano Prodi. Egli ha detto: “L’idea che l’Ucraina possa essere o dell’uno o dell’altro è un’idea assolutamente folle. L’ultimo atto del mio governo, insieme ai francesi e, credo, anche ai tedeschi, fu quello di votare contro l’entrata dell’Ucraina nella Nato. Qui è cultura russa e cultura europea assieme, o noi dilaniamo il Paese o dobbiamo avere un assoluto accordo fra Russia e Europa. L’Ucraina non come campo di battaglia ma come ponte.”

 

D’altra parte, di solito a sanzioni corrispondono contro sanzioni. Sono armi a doppio taglio. Perciò se l’Europa malauguratamente dovesse bloccare i capitali russi o sospendere i pagamenti dovuti alla Russia, questo sarebbe fatto anche dall’altra parte. Se da un lato si bloccano le merci, dall’altra si fermeranno i rifornimenti di gas.

 

La Russia ha un debito estero statale quasi irrisorio, circa 30-35 miliardi di dollari. Il debito estero delle corporation russe private invece è elevato. All’inizio del 2014 era di 732 miliardi di dollari. Che succederebbe se i pagamenti di questi debiti dovessero essere congelati?

 

Come è noto la Russia è ormai parte integrante del sistema commerciale mondiale. Nel 2013 ha importato merci, beni di consumo, cibo, medicine, macchinari e tecnologia, per 350 miliardi di dollari, di cui la metà dall’Ue. Al tempo stesso un terzo della produzione di gas russo e un quarto di quella petrolifera sono destinati all’Europa.

 

Certo vi sono i sostenitori delle sanzioni che puntano sull’indebolimento della Russia, nella convinzione che aumenterebbe la fuga di capitali. Nel contempo a Mosca si programma la conduzione del commercio, dell’import e dell’export, in rubli e non più in dollari. In verità si tratta di un vecchio progetto relativo alla costruzione di un sistema fondato sul rublo reso convertibile e legato alle sue riserve auree. In merito è significativo che da qualche tempo sulla facciata della Banca Rossiya a Mosca sia apparso un grande rublo in oro a simboleggiare la sua stabilità garantita dalle riserve auree nazionali.

 

Il consigliere economico di Putin, Sergey Glazyev, ha detto che se le sanzioni verranno applicate la Russia dovrà necessariamente creare un altro sistema di regolamenti internazionali insieme ad altre valute. Ha ricordato quindi gli eccellenti rapporti economici e commerciali con i partner del Sud e del’Est del mondo, riferendosi in particolare ai Paesi del Brics, che da tempo si sentono anch’essi destabilizzati dalle politiche monetarie “accomodanti”della Federal Reserve.

 

Noi riteniamo che nel contesto attuale vada valutata attentamente anche la diffusione delle moneta cinese negli affari internazionali. Nel 2013 circa il 17% dell’intero commercio cinese è stato regolato in yuan. Nel 2009 era solo l’1%.

 

Si sottolinea che in tutto il mondo vi è una corsa per diventare i partner privilegiati della Cina nelle sue operazioni valutarie. Lo ha fatto la Bundesbank tedesca che ha stilato uno specifico accordo con la Bank of China per regolare i pagamenti in yuan.. Anche la stessa Bank of England sembra voler rendere Londra il centro delle operazioni in valuta cinese. Il 62% dei pagamenti in yuan fuori dalla Cina avvengono già a Londra. Del resto già alla fine del 2013 lo yuan ha superato l’euro come seconda moneta, dopo il dollaro, nella finanza commerciale mondiale

 

Che gli Stati Uniti facciano la voce grossa da lontano è una cosa, ma che l’Unione Europea dia segnali di rottura dei suoi rapporti di cooperazione e di commercio con la Federazione russa non è comprensibile.

 

E comunque anziché parlare di sanzioni sarebbe utile lavorare nelle competenti sedi internazionali per l’adozione di un unico sistema mondiale che regoli non solo la moneta e la finanza ma anche il commercio e l’economia. Le sanzioni e lo sbandamento evidente dell’Ue purtroppo sembrano non andare in questa direzione.