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Decrescita: felice o infelice?

di Michele Serra - 06/04/2014

Fonte: LaRepubblica

«Incentivare i consumi senza ritornare nella logica perversa del consumismo», suggerisce monsignor Bagnasco, che non presiede la Confcommercio ma il Consiglio episcopale. Il timore, però, è che la «logica perversa dei consumi» sia tutt’uno con l’ossessione di «incentivarli», secondo il mito della Crescita Obbligatoria che ha il piccolo difetto di essere irrealizzabile (e di conseguenza: irrealizzato). Si attende da tempo — diciamo: almeno dall’esplodere della crisi nel 2008 — la prima voce autorevole che abbia il coraggio di dirci che no, i consumi non torneranno MAI a crescere tanto quanto servirebbe a risanare i nostri conti, quelli privati e quelli pubblici. E aggiunga che il bivio che ci sta di fronte è tra un decrescita infelice (e ferocemente iniqua con i più deboli: questa, dunque) e una decrescita felice, realisticamente disposta a usare meglio meno risorse, a vivere con meno ma in maniera meno forsennata e ansiosa, a distribuire un po’ più equamente i vantaggi e gli svantaggi. L’idea di «incentivare i consumi» suona davvero vecchiotta, specie adesso che il papa si chiama Francesco.