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Questione ucraina e Stati nazionali

di Luciano Fuschini - 06/04/2014

Fonte: Giornale del Ribelle

 


 

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 Le vicende della Yugoslavia negli anni Novanta del secolo scorso e quelle odierne dell’Ucraina invitano a qualche riflessione generale.

In quel piccolo Impero multietnico che era la Yugoslavia di Tito, la numerosa comunità serba che viveva in Croazia poteva tranquillamente coltivare una sua duplice appartenenza: alla tradizione serba, con la sua religione cristiano ortodossa diversa da quella cattolica dei croati, con la sua scrittura in caratteri cirillici, con i suoi costumi, e alla Federazione yugoslava. Lo stesso poteva dirsi della duplice appartenenza dei croati.

Quando la crisi della Repubblica federale di Yugoslavia ha fatto emergere un nazionalismo croato che  ha decretato la nascita dello Stato indipendente, la minoranza serba non si è più sentita parte del nuovo Stato. La stessa logica che portò alla fondazione della Croazia indipendente legittimava i serbo-croati a chiedere a loro volta l’indipendenza o a unirsi alla Serbia. Così è nato il conflitto armato e gli stessi processi si sono estesi alle altre repubbliche dell’ex Yugoslavia. La Croazia indipendente è nata da una rivendicazione che rispondeva al bellissimo principio dell’ “autodeterminazione dei popoli”, ma la presenza di altre comunità che potrebbero far valere lo stesso principio rischiava e rischia di sfociare nel tribalismo.

 La numerosa comunità russa dell’Ucraina, nell’Impero multietnico prima zarista e poi sovietico, poteva tranquillamente coltivare la sua duplice appartenenza: alla tradizione russa, con la sua religione cristiano ortodossa, il suo alfabeto cirillico, la sua lingua e i suoi costumi, e alla Madre Russia, diventata URSS dopo la rivoluzione bolscevica. Lo stesso poteva dirsi dell’altra Ucraina, quella  più occidentalizzante e vicina alla Polonia. La decisione dell’ucraino Chrusciov di attribuire la Crimea all’Ucraina fu tranquillamente accettata come semplice misura amministrativa, dato che comunque l’Ucraina era una repubblica dell’URSS.

Il tracollo dell’Impero multietnico sovietico ha fatto nascere un’Ucraina indipendente che, come sempre accade nella fondazione di nuove realtà politiche, ha accentuato un nazionalismo antirusso per dare un mito fondante forte al nuovo organismo statuale. Allora non si vede perché la minoranza russa debba riconoscersi in un’appartenenza che non le è propria. Anche i russi hanno diritto a un loro Stato.

 Gli Stati nazionali sono costruzioni storiche, artificiose come tutte le altre, nate in particolari circostanze e conseguenza della modernità, non sono qualcosa di naturale e necessario come i sovranisti più radicali pretendono. Gli Stati nazionali possono evitare di reprimere le loro minoranze interne solo a patto di darsi una struttura rigorosamente federale. Chi ci è riuscito meglio sono stati gli svizzeri. Usciti dall’Impero asburgico, si diedero una struttura che fa sì che ogni cittadino senta fortemente la duplice appartenenza, al proprio Cantone e alla nazione elvetica.

Le peculiarità dei gruppi minoritari possono conservarsi meglio negli Imperi multietnici, nei quali l’appartenenza più forte è quella con la propria comunità, a cui si sovrappone il senso di appartenenza alla realtà dell’Impero (qui si usa il termine Impero in senso lato: anche un’Europa futura che non sia la porcheria odierna potrebbe essere definita un Impero. L’Impero di cui si parla non ha altresì alcunché a che fare col colonialismo).

 La complessità di questi problemi è stata vissuta drammaticamente anche in Italia. Solo con molta difficoltà e in modo mai definitivo siamo pervenuti a una coscienza unitaria, in una penisola in cui l’appartenenza forte, per motivi storici, è sempre stata sentita più verso la propria realtà regionale  che verso il Centro politico e amministrativo.

Oggi la perdita dei dialetti e dei costumi locali, accentuata dalla massiccia immigrazione e dal conseguente mescolamento di usi, costumi, abitudini alimentari, linguaggi, accelera la fine di quel forte senso di appartenenza locale che ha costituito la ricchezza culturale profonda dei popoli della penisola.

Quanto all’ altra appartenenza, quella alla realtà nazionale, che è sempre stata più debole nonostante la retorica patriottica del Risorgimento prima e del fascismo poi, oggi si indebolisce ulteriormente per la perdita di sovranità, la crisi delle produzioni nazionali, le dinamiche demografiche ed etniche, l’appiattimento su un modello culturale creato dal predominio americano, l’impoverimento della lingua.

Corriamo rischi perfino peggiori di quelli che incombono sull’ Ucraina, che almeno sta vivendo con passione civile il suo travaglio.

Corriamo il serio rischio di estinguerci come nazione.