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Tiro alla fune

di Lorenzo Parolin - 09/04/2014


 

 

I popoli hanno imparato ad accettare i capi fin dalla notte dei tempi, ma per evitare le loro degenerazioni hanno introdotto limitazioni al loro potere assoluto. I re, che passavano la loro carica ai figli, stanno scomparendo, e i presidenti delle maggiori istituzioni restano in carica solo pochi anni e possono essere giubilati anche anzi tempo. La scelta delle persone a cui dare il potere viene oggi fatta dal popolo, il quale misura la sua forza con una specie di tiro alla fune: le elezioni. Con esse, il gruppo più forte per numero prende il comando su tutto. Questa è la democrazia: il meno peggio dei sistemi che l’uomo sia stato capace di esprimere.

Un tempo comandava un potente sopra tutti, più tardi il potere lo esercitarono in pochi su molti ed ora, con la democrazia, comanda la maggioranza sull’intera popolazione. Maggioranza però a volte significa un solo voto in più dell’avversario: questo è un punto critico del sistema, e bisogna allontanarsene per evitare la paralisi. Nel tiro alla fune, quando le forze sono pari e si ara il campo a gara con i piedi, senza un netto vincitore, si cerca di acquistare qualche elemento forte della parte avversaria.

In politica ciò significa sostituire la propria insipienza con quella parte di saggezza che c’è nell’avversario; solo allora la squadra diventerà forte e vincente. Ma che cosa significa in termini politici tutto ciò oggi? Significa che le destre devono fare proprie alcune idee delle sinistre e viceversa, abbandonando la presunzione di possedere la verità e di essere i migliori.

[rif. www.lorenzoparolin.it L1/23]