Nelle pagine dell’Intellettuale Dissidente, avevamo lasciato Catherine Ashton in visita ad Isfahan, doverosamente velata e titubante sull’esito dei colloqui sul nucleare iraniano. Ora i colloqui di Vienna si sono conclusi, l’AIEA afferma che l’Iran sta cooperando con gli ispettori e la sorridente diplomatica europea Ashton si affretta a dichiarare che “sarà necessario lavorare molto per superare le differenze”, poiché “bisogna colmare le distanze in tutte le aree chiave, lavorare su elementi concreti.” Il lettore italiano, nella sua mansuetudine da strapaese, si mostrerà certamente lusingato; è come minimo da dieci anni che riceve “risposte concrete” a domande che mai si era sognato di porre. D’altra parte il potere è oramai prono alla demonia economica e funzionando in base a logiche di mercato, pone bisogni prima ancora che questi vengano avvertiti. Anche in quanto a superamenti il lettore italiano ha fatto il callo: nel Truman Show del sistema mediatico, ogni sviluppo illusorio passa quasi per un Aufhebung, superamento hegeliano della contraddizione. Quindi l’esito dei colloqui di Vienna sembrerebbe aprire alle prospettive più aurorali. Tutte balle.
Per comprendere gli sviluppi reali della sfera internazionale sono sufficienti pochi libri, mentre i giornali sono troppo spesso cartaccia, buona per accartocciarci lo stracotto ed abbruciare le edicole. Il monito di Tucidide, per il quale la sicurezza è data dall’essere i più forti e non dall’avere buone relazioni con tutti, resta sempre valido. La diplomazia iraniana sembra aver scordato la lezione de La Guerra del Peloponneso e a livello interno non solo Zarif ma lo stesso Khamenei si spende per rassicurare gli hezbollahi che il programma nucleare non sarà rallentato. Si tratta anche di mitigare il dissenso di quanti ritengono la che la politica estera attuale sia troppo remissiva e che nemmeno abbia sortito conseguenze positive all’interno; il riferimento questa volta è alla popolazione, che pur avendo riposto le proprie attese nel riformista Rouhani, fidandosi della sua chiave per risolvere i problemi dell’Iran, seguita a fronteggiare l’aumento dei prezzi dovuto alla diminuzione dei sussidi.
Ma chi l’ha detto che la politica internazionale la fanno solo i diplomatici? Un riff di chitarra degli Still Burnin’ Youth vale più di molte dichiarazioni ufficiali, perché ansia e panico annichiliscono il pensare e in Europa funziona così: la tua mente è la tua prigione. Ci sono poi luoghi e casualità che incoraggiano l’approfondimento. Come ad esempio la terrazza del Fontanella Garden di Bastion Street a Mdina, la città del silenzio avvolta dal brullo paesaggio maltese. Tra la terra e il cielo non è più uno slogan pubblicitario per una tellurizzata Regione Veneto ma un luogo di scioglimento della paralisi spazio-temporale che precede l’entrata in phronesis. E’ il dissolvimento: viaggio attraverso luoghi che non so più se di cielo o di terra. Ma la logica discorsiva irrompe nuovamente all’arrivo della bella cameriera fenicia. Sul tavolino, dove la frammentarietà del mondo è ben rappresentata da un brunch a base di pastizzi, kannoli, strawberry cake e cappuccino, il portato delle intuizioni si rinnova; ogni frase che scaturisce da qui è destinata a determinare l’assunzione di categorie concettuali future. Antonio si accende una sigaretta ed esclama: “Ci sono quelli che al solo sentir parlare di torture vanno in brodo di giuggiole. Pensa che in un’occasione mi hanno mostrato le segrete. Io un po’ di architettura me ne intendo, quella era una cisterna”. Questo mi diceva il viaggiatore pugliese. Dopo una vita di lavoro, stava godendosi alcune settimane di studio nell’isola di Malta. Alloggiando a Sliema, la città della pace. E mi regalava una chiave di comprensione per le logiche politiche internazionali.
Nel sistema mediatico i costruttori di cisterne abbondano e ad andare in brodo di giuggiole al solo sentir parlare di torture è la stessa Unione Europea e con lei i suoi cittadini, così civili, puliti, kantiani. E’ proprio dei giorni scorsi una risoluzione del Parlamento Europeo nella quale si accusa Teheran di continue e sistematiche violazioni dei diritti fondamentali nel Paese. Secondo il Ministro Zarif tali accuse sarebbero state fabbricate da ambienti vicini ai sionisti. Un’ipotesi che non va certo esclusa, se si considera la simultaneità delle dichiarazioni del cartello mondialista. Tel Aviv continua a minacciare di bombardare Teheran, lo scorso mese il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon ha lamentato l’incremento delle esecuzioni in Iran, risultato del rafforzamento delle misure di contrasto del narcotraffico proveniente dall’Afghanistan. Gli USA sono distratti in altre faccende, perciò ad occuparsi dell’Iran è il loro burattino, l’Unione Europea, che arrogandosi un ruolo e una superiorità morale che non possiede, accusa l’Iran di persistere nell’operare repressioni e discriminazioni sulla base di “religione, credo, etnia, gender e orientamento sessuale”. Tutto ciò, anche durante l’amministrazione Rouhani. La risoluzione prosegue affermando testualmente che “i diritti umani restano una priorità fondamentale in tutti i rapporti con il governo iraniano” ma quel che è più grave, è che non risparmia dal proprio furore giacobino nemmeno quest’ultimo; stando alla relazione, nel corso delle elezioni presidenziali del giugno 2013, cioè quelle che hanno portato alla vittoria Rouhani, non sarebbero stati “presi in considerazione gli standard democratici valutati dalla UE”. Naturalmente, l’Unione Europea, che ha della frontiera una visione liquida, ha voluto sommare all’arroganza la sfrontatezza di ritenere che la risoluzione “fornisca una buona base per un ulteriore dialogo con l’Iran”. Un dialogo basato su pressioni ed ingerenze sistematiche, su nuove clausole inserite unilateralmente, come i diritti umani intesi all’europea, o meglio, come sono stati intesi nell’ultima decade col supporto propagandistico di MTV. Dulcis in fundo, si vorrebbero basare questi “nuovi ulteriori dialoghi” sul non riconoscimento e sulla delegittimazione della controparte, intesa schmittianamente come nemicus, giacché avrebbe avuto la sfacciataggine di non essersi adeguata agli standard democratici europei. Pur essendo in Asia.
I presupposti per i negoziati nucleari del 13 di maggio, nella previsione di pervenire ad un accordo generale che sostituisca quello provvisorio in scadenza in luglio, sono pertanto pessimi. E’ evidente, la volontà Unione Europea è di far saltare il tavolo delle trattative. Ormai è tutto pronto, delegittimazione della controparte e accusa di violazioni di diritti umani giustificherebbero persino un attacco aereo che comunque non si vede all’orizzonte, nonostante gli aneliti di Israele. C’è solo da attendersi che la risoluzione venga diffusa maggiormente, magari con un’icona bella e giovane a riempire i social network, catalizzando la nostra compassione di post-teenager. Perché funziona così, “ci sono quelli che al solo sentir parlare di torture vanno in brodo di giuggiole” e quelli siamo proprio noi. Desiderosi di soddisfare le nostre curiosità idrauliche ci affidiamo ai costruttori di cisterne che goccia su goccia, fanno sorgere dalle nostre fronti la follia e con essa le convinzioni e le giustificazioni di ogni prepotenza.