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Wojtyla, una star senza presa spirituale

di Massimo Fini - 27/04/2014


wojtyla

Domani Papa Wojtyla verrà canonizzato a soli otto anni dalla morte. Un tempo la Chiesa ci metteva decenni se non addirittura secoli prima di proclamare qualcuno Santo. Ma la gente (e non solo i cattolici) voleva Wojtyla 'santo subito'. E così è stato. Sembra che non sia più la Chiesa a indirizzare gli uomini, ma gli uomini a indirizzare la Chiesa.

Premesso che parlo 'in partibus infedelium' a me pare che la Chiesa abbia perso la sua proverbiale prudenza, e sapienza, per inseguire quasi tutti gli 'idola' della mondanità e della modernità, fra i quali la velocità e la spettacolarizzazione mediatica hanno una parte di primo piano. Proprio Wojtyla ne è stato un emblematico e paradossale esempio. Il Papa polacco, nelle sue strutture più intime e profonde, era portatore di valori spirituali forti, antichi, tradizionali, premoderni, addirittura pretridentini e quindi particolarmente adatto a rilanciare la Chiesa in un'epoca in cui di fronte a una modernità trionfante, dilagante, egemonizzante, che ha fatto terra bruciata del sacro e che sembra travolgere tutto, per contraccolpo si fa sentire prepotente il bisogno di un ritorno a quei valori religiosi o comunque a dei valori che la società laica non ha saputo dare. Inoltre Wojtyla è stato di grand lunga il Papa più popolare del dopoguerra. Eppure mentre la popolarità di Wojtyla è andata sempre crescendo, fino all'apoteosi della sua esibita agonia e della sua morte, nello stesso tempo, parallelamente e quasi in correlazione, sono crollate le vocazioni (crisi del sacerdozio e degli ordini monacali) e la fede, almeno in Occidente, si è intiepidita fino a ridursi, in molti casi, a vuota forma.

La Chiesa in generale e Papa Wojtyla in particolare non sono stati in grado di intercettare quelle montanti esigenze di spiritualità, tanto che sempre più spesso in Occidente molti giovani e meno giovani (direi soprattutto nella fascia fra i 40 e i 50) si volgono verso le religioni orientali, verso il buddismo, verso l'islamismo, oppure si lasciano attrarre dai fenomeni di quella che viene chiamata comunemente la 'New Age', dall'esoterismo, dalla magia, dal satanismo e addirittura dall'astrologia, per cercare in qualche modo, un modo povero, confuso, lontanissimo dalla sapienza e dalla raffinatezza psicologica della Chiesa di Paolo, di soddisfare quel bisogno di metafisica.

Come si spiega questo paradosso: un Papa Supestar e una Chiesa che ha visto aggravarsi la sua crisi proprio durante il suo pontificato? Ciò che ha offuscato il messaggio spirituale di Wojtyla e il suo tradizionalismo, divenuto a un certo punto puramente teorico o troppo intimo per essere colto, è stato l'uso a tappeto, spregiudicato e anche abbondantemente narcisistico, dei mezzi di comunicazione della modernità (Tv, jet, viaggi spettacolari, creazione di 'eventi', concerti, gesti pubblicitari, 'papamobile', 'papaboys') per cui, se è vero, come dice McLuhan, che 'il mezzo è il messaggio', ha finito per confondersi totalmente con essa. Quando un Papa partecipa, sia pur per telefono, alle trasmissioni di Bruno Vespa perde in credibilità quanto guadagna in popolarità.

Una conferma clamorosa che Giovanni Paolo II avesse una scarsa presa spirituale, in contrasto con la sua enorme popolarità, si è avuta nelle vicende della guerra all'Iraq, contro la quale Wojtyla tuonò più volte nel modo più fermo, senza peraltro riuscire a impedire al cattolicissimo Aznar di parteciparvi.

Papa Wojtyla è stato popolare come lo può essere oggi una grande pop star, ma dal punto di vista spirituale la sua parola ha avuto il peso di quella di una pop star. O poco più.