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Il marxismo è salito sul carro del vincitore)

di Gian Maria Bavestrello - 01/05/2014

Fonte: heimat

Aveva ragione Pino Rauti nel tenere distinta l’idea di destra dal sistema capitalista. L’ex leader dell’MSI teorizzò “lo sfondamento a sinistra” proprio a causa della simbiosi che si era creata fra due termini in realtà antitetici. Fu il marxismo, nel novecento, a vedere nel capitalismo il detentore di uno spazio politico che anticamente, invece, era appannaggio non dei borghesi ma dei contro-rivoluzionari e degli “anti-moderni”.

In realtà la destra, in un’accezione metapolitica del termine, ha poco a che vedere con il capitalismo. Anzi. In una visione conservatrice o tradizionalista della politica, il richiamo alla verticalità e alla gerarchia è tanto irrinunciabile quanto per la sinistra lo sono l’uguaglianza e l’orizzontalità delle relazioni sociali.

In una chiave simbolica, “destra” e “sinistra” sono le due linee, una verticale e una orizzontale, che confluiscono nella croce, individuando due movimenti opposti, due spinte, che unite producono la Storia nel senso cristiano del termine.

In quale di queste linee o di queste due spinte si colloca, almeno prevalentemente, il capitalismo? Indubbiamente in quella orizzontale, se è vero che l’economia, oggi, si è totalmente emancipata dalla relazione gerarchica che intratteneva con il potere spirituale e con quello temporale. Chiesa e Stato sono oggi punti di riferimento molto più deboli rispetto ai mercati, e quando non se ne rendono servi si limitano a una strategia di “resilienza”, adattandosi ai nuovi scenari invece di rovesciarli per ritornare a ispirarli e a governarli.

In una visione delle cose che voglia guadagnarsi l’appellativo “di destra”, ammesso e non concesso che la cosa interessi, il problema non è l’alternativa tra Stato, Mercato o terze vie mutualistiche, ma la tendenza “rivoluzionaria” dell’economia a divenire fine in sé e a rovesciare la relazione gerarchica che la lega, come termine inferiore, alla vita spirituale e politica di una civiltà.

In ogni società tradizionale sono esistiti i mercanti, ma costoro erano collocati in un ruolo subordinato rispetto ad altre figure. Svolgevano il loro mestiere, procurando benefici a sé stessi e alla comunità, ma dovevano muoversi in un quadro di leggi e consuetudini autonome dalla loro funzione.

Ci sono intellettuali main stream che oggi rivendicano sia il proprio anti-capitalismo marxista sia l’idea, antitetica al marxismo stesso, secondo cui “il politico” deve ritornare, con un atto volontaristico, in una posizione prevalente rispetto all’”economico”. Sembra, e di fatto è, un ossimoro. Nel marxismo il politico, lungi dal dover ergere lo Spirito al di sopra della Materia, si limita ad adattarsi alle dinamiche dell’economia, unico e solo motore della storia.

Sono molto più fedeli al marxismo coloro che, con la caduta del muro di Berlino, hanno preso atto che le contraddizioni del capitalismo non conducono al socialismo ma a una nuova fase del capitalismo stesso, che in coerenza coi precetti di Marx deve essere supportata dall’azione di “avanguardie” incaricate di guidare le coscienze delle masse.

Ciò che oggi alcuni chiamano il “Nuovo Ordine Mondiale”, un sistema di governo planetario neo-liberista, è dunque la nuova strada maestra intrapresa dal marxismo e dalla “Sinistra”, non a caso artefice ovunque della privatizzazioni di interi settori strategici e della de-regolamentazione del mercato del lavoro.

Il quadro politico attuale è segnato da un profondo cambiamento che ha scompaginato, silenziosamente, le categorie del pensiero sociale. Un quadro di cui l’epoca attuale non ha ancora preso coscienza.

La sinistra antagonista, radicata nel marxismo storico, esiste ancora, almeno sul piano elettorale, ma di fatto è un attore sconfitto ed emarginato dalla Storia, un’entità spettrale la cui esistenza dipende solo dalla permanenza residuale del mondo precedente nelle coscienze contemporanee. Il marxismo, preso atto della sua sconfitta, si è riorganizzato e si è evoluto adattandosi al capitalismo (in quanto attore vincente e dunque, hegelianamente, deputato a incarnare l’Idea che si attua nella Storia) saldandosi con quella “sinistra” che in precedenza aveva chiamato “destra” nel così detto Pensiero Unico. Le due anime mantengono ancora una dialettica apparente all’interno dei singoli Stati, ma gli interessi dei quali si fanno interpreti sono gli stessi. Esiste, infine, l’area magmatica di coloro che chiedono all’economia e alla finanza un passo indietro al fine di ristabilire, gerarchicamente, la priorità della Politica. Che lo ammettano o no, che si sentano marxisti o meno, che pensino di essere gli strenui difensori dei diritti civili e sociali, costoro sono l’unica “destra” oggi possibile e si muovono nel quadro di una visione gerarchica della società. Il che equivale a dire: nel solco dell’ancien regimè e del filone di pensiero contro-rivoluzionario.

Le conseguenze di questo fatto sono ancora lontane dall’essere tirate e andranno ben oltre l’idea che destra e sinistra sono termini che non hanno più senso. Autori fino ad oggi “maledetti” come De Maistre, Junger, Spengler, Pound, Evola o Guenon, subiranno, nei prossimi lustri, un’inaspettata riscoperta. Sia che li vorremo definire di destra sia che li vorremo chiamare in modo diverso.