Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La grande rivoluzione

La grande rivoluzione

di Lorenzo Parolin - 01/05/2014

Fonte: Arianna editrice

 


 

Fino a trecento anni fa era comune che il sovrano riunisse in sé tutti i poteri: quello di emettere leggi, di amministrare la giustizia, di governare, di riscuotere le tasse, di fare le guerre, di stampare moneta ecc. C’erano poi i sudditi, tenuti a sottostare al potere assoluto, e c’erano, dentro o fuori dello Stato, le banche private che prestavano soldi con cautela ai sovrani, perché questi avevano la propensione ad indebitarsi e a stampare cartamoneta senza avere oro in deposito.

Il risultato finale era che il popolo se la prendeva col sovrano, perché troppo indebitato, e quindi esoso, e pure le banche se la prendevano con lui, perché insolvente. Seguirono due eventi epocali:

1- il rafforzamento del popolo con il conseguente trasferimento della sovranità ad esso: l’avvento della democrazia;

2- la cessione della sovranità in materia monetaria alle banche centrali, conseguenza del rafforzamento dei banchieri.

Ovviamente, chi prima gestiva la sovranità non si è lasciato scalzare completamente: è rimasto sulla scena come rappresentante del popolo e come socio dei banchieri.

Conseguenza di questa grande rivoluzione?

Certamente i banchieri fecero un grossissimo affare: acquisirono il privilegio di battere moneta e di prestarla, senza alcun controllo da parte del potere politico.

Anche ai sovrani decaduti non andò male. Da un lato ad essi rimase la facoltà, sia pure da esercitare in nome del popolo, di legiferare, di amministrare la giustizia, di governare, di raccogliere le tasse e di destinarle al bene comune, ricevendo per questo servizio un lauto mensile e godendo di non pochi privilegi; dall’altro si trovarono a spartire il bottino che i banchieri ricavavano dal maneggio di tanti denari. Da allora, infatti, quando la classe politico-dirigenziale fa spese di rappresentanza per aumentare la potenza e l’agiatezza degli apparati governativi, o anche per opere pubbliche, indebita lo Stato, ossia il popolo, verso le banche. Grazie a questa grande rivoluzione i sovrani moderni non solo fanno le guerre senza più indebitare sé stessi, ma possono fare i propri interessi a spese del popolo. Paradossalmente, più grande è il debito pubblico maggiori sono i loro guadagni.

Può persino accadere che i governanti-banchieri (magari tecnici), siano in affari con gruppi stranieri ed abbiano interesse a portare al fallimento la propria nazione per accumulare profitti altrove.

E quando il Parlamento, eletto dal popolo in sua rappresentanza, approva la legge finanziaria, che autorizza il governo a contrarre debito pubblico e a esigere tasse per pagarne capitale e interessi, l’elettorato è indotto a credere che la cosa sia fatta nel suo proprio interesse dai suoi propri rappresentanti. Si tratta invece di una pura truffa ai suoi danni e a vantaggio di una oligarchia che non appare sulla scena e che tiene nascosti i suoi veri interessi. Qui sta l’utilità psicologica del sistema parlamentare rappresentativo.

E la funzione del diritto di voto non è di consentire al popolo di scegliere chi lo governa, ma di farlo sentire responsabile delle scelte del potere e tenuto ad accettarle nell’interesse collettivo.

Il popolo è caduto in una signora trappola! Ha acquisito una sovranità formale, ma in sostanza ha acquisito il potere di pagare più tasse di prima. [Tratto da L6/657]

L’apparato governativo si mantiene con le tasse. Quello finanziario gestendo il debito pubblico, emettendo moneta e prestandola ad usura.

[rif. www.lorenzoparolin.it S3/60]