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Il dilagare dell’ipocrisia britannica, da Gerry Adams e l’Irlanda del Nord alla Siria

di Robert Fisk - 12/05/2014

Fonte: Arianna editrice

 

 

 

 

La legge è la legge è la legge, così mi hanno insegnato da bambino. Ma sono tutte stupidaggini. Prendiamo il caso di Gerry Adams, “arrestato” e quindi rilasciato dopo una chiaccheratina con la polizia dell’Irlanda del Nord – noto che i poliziotti non hanno usato con lui il vecchio cliché della “persona informata sui fatti” – riguardo alle sevizie, all’omicidio e alla “scomparsa” di Jean McConville. Il che si tratta, per dirla con Fintan O’Toole, vecchia volpe della filosofia irlandese, di “un’atrocità che reclama a gran voce dei responsabili” – in cui Adams ha negato categoricamente ogni coinvolgimento.  Lo Sinn Fein ha annunciato che “l’arresto” di Adams è stato politico, dichiarazione accolta con la solita disapprovazione da parte degli Unionisti così come dagli inglesi.

Ma, ahimè, Theresa Villiers, l’ultima delle miriadi di segretari di Stato dell’Irlanda del Nord a essere imposta come castigo su Belfast, ha anche annunciato, un pochettino prima del suddetto “arresto” di Adams, che non vi sarebbe stata alcuna inchiesta indipendente sull’assassinio di undici civili disarmati a Ballymurphy nell’agosto del 1971 da parte dei soldati del Reggimento Paracadutisti, la più indisciplinata unità militare inviata in provincia, e che in seguito uccise altri quattordici civili a Derry nella “Bloody Sunday”. Nella sparatoria di Ballymurphy, gli inglesi riuscirono ad assassinare un prete cattolico che brandiva un’improvvisata bandiera bianca e una donna, madre di otto figli, recatasi a soccorrere un ragazzo ferito. Le morti di Padre Hugh Mullan e della signora Joan Connolly sono altrettante morti che “reclamano a gran voce dei responsabili”. Ma, com’è ovvio, non ve ne sarà alcuno. Di questo se n’è occupata la signora Villiers.

 

La quale si è inoltre assicurata che non vi sia alcuna inchiesta sull’attentato incendiario all’hotel La Mon dove l’IRA ha bruciato vive dodici persone. I famigliari delle vittime sospettano che le trascrizioni degli interrogatori della polizia con gli indiziati dell’IRA riguardo a tale crimine siano stati rimossi dagli archivi per proteggere personaggi importanti coinvolti nel “processo di pace” in Irlanda del Nord. Nessuna lagnanza in merito, ça va sans dire, da parte dell’IRA. Ma il problema è evidente: se arrestare Adams poco prima delle elezioni europee non è stato un atto politico, allora senz’altro il rifiuto da parte degli inglesi d’indagare sulla strage di Ballymurphy – ammesso e non concesso che i soldati coinvolti non siano morti di vecchiaia – è stato politico. In fin dei conti, gli inglesi sanno chi sono questi soldati, conoscono i loro nomi, la loro età e il loro grado. Hanno in mano molto di più delle dichiarazioni di due sostenitori dell’IRA deceduti – la “prova” contro Adams – da cui partire.

 

Ora, si potrebbe obiettare che l’inchiesta Saville sulla “Bloody Sunday” sia costata fin troppi milioni per garantire un’altra indagine sulle morti di Ballymurphy. Ma a quel punto ci si può anche domandare perché ai soldati che hanno fornito prove per l’inchiesta originaria sia stato concesso l’anonimato. Cosa che invece non è stata concessa a Gerry Adams – e che, visti la ricaduta politica favorevole, è probabile che lui non abbia chiesto. Ma sarebbe anche cosa gradita se gli inglesi che sanno qualcosa degli attentati di Dublino e di Monaghan durante i giorni più bui della guerra irlandese potessero fare un salto a Dublino per fornire qualche piccola prova riguardo a questa particolare atrocità. Neanche a parlarne, ovviamente.

 

E non dobbiamo per forza restare in Irlanda per avere ulteriore prove di ipocrisia legittimata. Prendiamo la decisione del nostro beneamato Segretario agli Interni di requisire il passaporto britannico agli immigrati nel caso in cui si rechino in Siria a combattere il regime di Assad. A parte il fatto che William Hague, il Segretario agli Esteri, e i suoi amici hanno originariamente sostenuto l’opposizione armata siriana, c’è qualche problema con la storia del passaporto. Molti sostenitori inglesi di Israele, per esempio, hanno combattuto a fianco di Israele in divisa di Israele nelle guerre di quel paese. Ma se avessero prestato servizio nelle unità israeliane note per aver commesso crimini di guerra in Libano o a Gaza? O magari nell’aeronautica israeliana, che ha promiscuamente assassinato dei civili in guerra? Saranno anche loro privati del passaporto se non sono nati nel Regno Unito? Ovviamente no. Una legge per i musulmani, un’altra per i non musulmani – in maniera non dissimile dall’offerta di passaporto da parte della Spagna a coloro che venivano cacciati dalle loro case nel Quindicesimo secolo, atto generoso guastato leggermente dal fatto che potrebbero averne beneficiato i soli ebrei (non musulmani).

 

Non ci arrovelleremo su tutte le altre ipocrisie del Medio Oriente – l’indignazione riguardo a qualsivoglia interesse iraniano all’acquisizione di armi nucleari, per esempio, quando poi un altro paese della regione ha un sacco e una sporta di armi nucleari; o la collera statunitense riguardo all’annessione russa della Crimea ma neanche una piega per quanto concerne l’annessione del Golan o il furto dei territori arabi in Cisgiordania, due azioni altrettanto illecite secondo la legislazione internazionale. È su tali basi che si fonda l’aggressione: l’invasione illegale dell’Iraq, per esempio.

 

Rifletto su tutto ciò per via di una ricerchina che ho intrapreso riguardo a un certo colonnello dell’aeronautica marocchina. Nel 1972, questi cercò di attuare un colpo di stato contro il brutale re Hassan che, a proposito, era anche un esperto di “sparizioni”. Mohamed Amekrane raggiunse in aereo Gibilterra rimettendosi all’equivoca clemenza di Sua Maestà Britannica. Implorò asilo politico (in fin dei conti il colpo di stato era fallito) ma noi lo rispedimmo armi e bagagli in Egitto poiché, mentre la Convenzione Europea sui Diritti Umani concede a chiunque il diritto di lasciare il proprio paese, non vi è alcun trattato internazionale che obblighi un paese a concedergli asilo. Così Amekrane tornò all’ovile – e, ovviamente, fu messo a morte. La sua vedova ottenne poi 37.500 sterline dal governo britannico – ex gratia, va da sé, come gesto di benevolenza e non dettato dal senso di colpa, voi capirete – e il colonnello Amekrane è stato a quel punto cancellato dalla storia. Interessante vedere cosa succederà agli ex-cittadini britannici che perdono il passaporto per andare in Siria – e devono tornare nel loro paese natale. Potrebbero sfangarla meglio – e avere vita più lunga – se andassero a combattere in un’altra jihad.

 

VITTIME LEVANTINE DELLA GRANDE GUERRA CADUTE NELL’OBLIO

 

Orrori della Grande Guerra di cui non leggerete da nessuna parte quest’anno: fra le vittime vi furono altri milioni di morti, gli uomini, le donne e i bambini della Mezzaluna Ottomana – l’odierno territorio compreso fra Libano e Siria – che morirono per carestia, vittime sia dell’embargo alleato sulla costa orientale del Mediterraneo (ragion per cui ignoriamo questi poveretti in particolare) e la confisca da parte dell’esercito turco di ogni genere alimentare e del bestiame ai civili: il tutto in aggiunta al milione e mezzo di armeni trucidati nel 1915. Molti libanesi ricordano i genitori mangiare le ortiche per sopravvivere, esattamente come fecero gli irlandesi durante la carestia. Possiedo un libro di Padre Antoine Yammine, pubblicato al Cairo nel 1922, illustrato con fotografie di bambini scheletriti e di un prete in abito talare che giace senza vita su una strada di Beirut, un’altra di un bambino che succhia il seno della madre morta davanti alla porta della loro casa.

“E altri ve ne sono che non hanno lasciato un ricordo; che sono morti come se non fossero mai esistiti…” (Ecclesiaste 44:9, ndt)

  – The Independent – Domenica 11 maggio 2014

TRADUZIONE DALL'INGLESE DI MARCO ZONETTI