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Un ulivo non muore mai

di Simone Torresani - 12/05/2014

Fonte: Il giornale del Ribelle

 


 

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Sono stato recentemente a trovare la mia fidanzata che vive in provincia di Brindisi. Scrivo questo non a titolo autoreferenziale (il nostro blog ha l' abito scuro, quello buono, della domenica) quanto per introdurre il lettore nell' argomento dell' articolo.

Durante il viaggio per tornare in aeroporto ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con il conducente dell' auto pubblica: gira e rigira, si è finiti sul leitmotiv, sul refrain degli ultimi tempi: la crisi.

Intorno a noi, la campagna e i paesi pugliesi: paesaggio salentino, pregno di testimonianze storiche, dai Messapi al Borbone.

Allorchè ho domandato gli effetti della crisi nel Brindisino, quel buon uomo è scoppiato in un risata genuina, di cuore, e mi ha fatto un lungo discorso, del quale ora io scriverò il succo essenziale.

Figlio mio, mi ha risposto, tu devi sapere che il Mezzogiorno non è in crisi dal 2008 ma da secoli: la nostra è una crisi secolare, che si tramanda di generazione in generazione. Ci siamo abituati, come all' alternarsi delle stagioni. E l' abitudine, alla fine, ti insegna l' arte dell' arrangiarsi nella quale siam maestri.

Con una sostanziale differenza rispetto al passato: un tempo esisteva il latifondo, poi la riforma agraria ha permesso a qualsiasi famiglia di possedere anche uno straccio di terreno: abbiamo 65 milioni di soli ulivi censiti ufficialmente in Puglia e non esiste, come da voi al Nord, la città diffusa: qui la campagna è ancora estesa e non troverai una famiglia senza un poco di terra, fosse anche qualche metro e un paio d'ulivi.

E dalla terra, si mangia: si producono frutta e verdura, buon olio, molto ricercato anche all' estero, ottimi vini da taglio. Ci si associa in cooperative, magari, insomma, si guadagna sempre qualcosa e si vivacchia. Poi il turismo permette a molti di integrare i guadagni durante il corso dell' estate. Con un solo stipendio modesto si riesce a campare.

E voi del Nord? Avete devastato la campagna, facendola diventare una sola città, avete innalzato fabbriche come funghi, capannoni, banche, finanza, assicurazioni..senza pensare che il ferro, l' acciaio, la benzina raffinata, non solo non si mangiano ma oggi si possono produrre in un luogo e domani, se conviene maggiormente, da un' altra parte. E restano solo gli scheletri. Idem per i soldi: oggi conviene più metterli nel posto X, domani in quello Y: tutto precario, transitorio, che non lascia nulla di solido e concreto.

La terra, invece, non è mai precaria. Gli ulivi vivono secoli e secoli, alcuni di essi risalgono alla fine dell' Impero Romano. E si dice che un ulivo non muoia mai, perché appena muore spunta subito, sulle spoglie, la pianta nuova.

Puoi dire lo stesso per le fabbriche?

Certo, i giovani se ne vanno all' estero o in altre regioni, ma solo per inseguire il mito del benessere, perchè al contrario dei loro avi schifano la terra.

Si può vivere anche modestamente e con poco: una vita senza fronzoli, certo, ma che per lo meno permette di essere sicuri che il mangiare e l' essenziale ci sarà sempre.

Mi rivolgo ora ai miei conterranei settentrionali: pensate ancora di essere "superiori" dinnanzi ad un meridionale, dopo aver sentito questa fantastica lezione di vita?