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Il più grande errore della NATO

di Michael E. Brown - 18/05/2014

Fonte: Comedonchisciotte

   
 

nato


Per 20 anni la NATO e la strategia di sicurezza dell’UE sono state guidate da quattro capisaldi strategici. Primo, i leader dell’occidente davano per scontato che la Russia fosse diventata una potenza buona e che le minacce internazionali per la sicurezza europea non fossero più una preoccupazione. Secondo, dato che la missione principale della NATO – la difesa collettiva – non era più una motivazione impellente per mantenerla unita, i leader sostenevano che la NATO dovesse “o uscire dalla sua area o uscire dai giochi”. Terzo, i leader dell’occidente erano sicuri che l’espansione della NATO non avrebbe causato una reazione da parte della Russia. Erano convinti che la loro retorica sulla funzione positiva dell’espansione sarebbe stata condivisa da Mosca. Quarto, credevano di essere in grado di portare a compimento missioni militari di stabilizzazione in territori lontani come Afghanistan, Iraq e Libia.



Nel 2014 gli ufficiali occidentali stanno realizzando i loro errori strategici nella maniera più dura. Sono giunti alla conclusione che la missione della difesa collettiva in Europa è ancora vitale per la NATO, perchè la Russia si sta attivando per modificare i confini internazionali con la forza, che la NATO non avrebbe mai dovuto “uscire dalla sua zona di competenza” per missioni diverse, che il Cremlino non ha inteso l’espansione verso i confini russi come benigna e che le missioni in Afghanistan, Iraq e Libia sono costate ingenti somme di denaro e molte vite, ma non hanno dato risultati convincenti.

Così come gli ufficiali statunitensi ed europei si arrovellano per ideare una risposta coerente, credibile ed efficace all’aggressione Russa in Ucraina, devono anche riconsiderare la loro strategia. L’Europa continua a fronteggiare minacce di sicurezza internazionali, sotto forma di un’aggressione russa. La missione principale della NATO – la difesa collettiva – è ancora vitale. Disincentivazione all’attacco e difesa sono ancora necessarie e, come in tutti i rapporti di forza, la difficoltà consiste nell’ottenere i risultati e rassicurare gli alleati senza creare tensioni.

Per i leader occidentali – e per la NATO – è un ritorno alle origini.

FUORI DALLA PROPRIA AREA, UN PESCE FUOR D’ACQUA

In seguito al collasso del potere sovietico in Europa orientale nel 1989 e la caduta dell’URSS nel 1991 era naturale ed inevitabile che l NATO cercasse un cambio. L’alleanza era stata creata per prevenire – e se necessario difendere contro – un attacco sovietico all’Europa occidentale. Con l’URSS fuori dai giochi, l’equilibrio militare in Europa era cambiato improvvisamente e in modo radicale. La ragion d’esistere della NATO veniva messa in discussione.

Ma la metà degli anni ’90 la credenza comune era che la NATO dovesse“o uscire dalla sua area o uscire dai giochi”. Questa visione era spinta da molti (ma non tutti) gli esperti di sicurezza ed è stata alla fine accolta dalla leadership. Questo ha portato due cambi sostanziali alla politica della NATO.

Primo, l’alleanza è stata estesa da 16 a 28 paesi, introducendo paesi del Patto di Varsavia e dell’ex Unione Sovietica. Nel 1999 la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia si unirono ufficialmente alla NATO. Nel 2004 Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Albania e Croazia nel 2009.

Negli anni 90 alcuni esperti – tra cui io – obiettarono che l’espansione della NATO avrebbe potuto dare ai nazionalisti Russi e agli opportunisti politici un’arma contro la fazioni pro-occidente della scena politica Russa. Nello scenario peggiore, essi avrebbero potuto prendere il potere e adottare politiche aggressive contro l’Europa e gli USA. “La comparsa di una Russia più benevola è da escludersi” scrissi a quei tempi “ma non è negli interessi degli Stati Uniti e dei membri europei della NATO intraprendere azioni che incentivino l’autoritarismo e la belligeranza russi”.

I leader europei e statunitensi  hanno preferito credere che le loro intenzioni fossero buone e che i leader russi avrebbero visto l’espansione NATO nella stessa luce; credevano anche che la loro apertura diplomatica alla Russia – come la creazione di un consiglio permanente NATO-Russia nel 1997 – avrebbe pacificato il Cremlino. Erano false speranze.

In un recente articolo del Washongton Post, Jack F. Matlock, ex ambasciatore a Mosca, ha evidenziato come l’effetto delle azioni della NATO negli anni ’90 – espansione e bombardamento della Serbia nel 1999 senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – sia stato “devastante”. Ha aggiunto che nel 1991, all’interno dell’opinione pubblica russa l’80% dei cittadini aveva un’idea positiva degli Stati Uniti, nel 1999, la stessa percentuale ne aveva un’idea negativa. Nel 2000 Valdimir Putin fu eletto presidente.

Il secondo grande cambio nella politica della NATO, iniziato nel 1990, fu l’intraprendere missioni a carattere globale per giustificare l’esistenza stessa dell’alleanza. La ragione di fondo era che i membri europei avrebbero aiutato Washington con le sue preoccupazioni internazionali per mantenere stretti i rapporti.

Questo ragionamento strategico era basato su svariate valutazioni erronee. Primo, gli interessi internazionali europei e statunitensi non erano (e non sono) allineati. Secondo, l’Europa negli anni ’90 aveva limitate possibilità di intervento ed esse sono diminuite nel corso del tempo. Terzo, i problemi di sicurezza a lungo raggio affrontati – Afghanistan, Iraq, Libia – erano estremamente difficoltosi: un successo, che sarebbe dipeso da alti tassi di volontà politica e impegno materiale protratti nel tempo, sarebbe stato molto complicato da ottenere.

Quando stava per dimettersi da Segretario per la Difesa USA nel giugno 2011, Robert Gates fece una valutazione del percorso intrapreso. In Afghanistan, disse in un discorso nel 2011, “la missione ha posto in evidenza significative mancanze della NATO – in efficienza militare e volontà politica. Nonostante più di 2 milioni di truppe in uniforme – senza contare l’esercito USA – la NATO ha lottato, a volte disperatamente, per fronteggiare un dispiegamento di 25-40.000 militari.” in Libia, ha proseguito, “è diventato dolorosamente evidente che simili inefficienze – in abilità e volontà – hanno il potenziale per compromettere la capacità dell’alleanza di condurre una campagna avio-marittima integrata, efficace e costante...mentre ogni membro dell’alleanza ha votato a favore dell’intervento in Libia, meno della metà vi ha partecipato e meno di un terzo era intenzionato ad intervenire nelle missioni di attacco.”

“Diventare globale” non ha reso la NATO più potente, efficace o credibile. Al contrario, queste operazioni hanno comportato costi tremendi – in termini di vite, denaro, unità politica, e credibilità. Hanno inoltre ridotto la capacità militare Europea, che già era debole ed ora precipitosamente in declino. Le aspettative sono state disattese e la credibilità dell’alleanza messa a repentaglio.

Sfortunatamente, tutto ciò è successo proprio quando la minaccia alla sicurezza europea si è ripresentata, nel modo che appare evidente a tutti. Ironicamente, questa minaccia si è sviluppata in parte a causa delle mosse della NATO stessa.

DIFFICILE MONDO NUOVO (GRAVE NEW WORLD, gioco di parole sul titolo del romanzo Brave New World di Aldous Huxley NdT)

I leader di Europa e USA stanno ora affrontando l’immediato problema posto dall’aggressione russa all’Ucraina, ma devono al contempo intraprendere un cambiamento strategico fondamentale.

Primo, devono prendere atto che l’Europa è ancora vittima di minacce internazionali. Per anni si è creduto che una guerra su territorio europeo fosse impensabile; c’era la credenza in un’Europa “unita, libera ed in pace”. Si credeva che la Russia si sarebbe comportata come fosse un membro del club NATO-UE, nonostante non avesse alcuna possibilità di esservi ammessa in tempi brevi.

Putin ha scelto un altro percorso. L’offensiva russa è reale e potrebbe continuare. Il sostegno a Putin è forte e dovrebbe mantenersi tale a meno che  le sanzioni economiche cambino l’opinione pubblica e delle elite a riguardo. Putin non sta ancora cercando uno “svincolo” per calmare il confronto, al contrario, attualmente dispone di un incentivo politico interno ad un confronto sostenuto con l’occidente.

Come il presidente dell’Estonia Toomas Hendrick Hilves ha affermato di recente: “la base fondamentale della sicurezza in Europa è ormai crollata. Tutto ciò che è accaduto dal 1989 è stato fondato sul concetto che non si cambiano i confini dei paesi con la forza, ma ormai questo è stato gettato da una finestra”. Il generale Philip Breedlove, comandante supremo degli alleati europei ha affermato succintamente “è un cambio totale di scenario”.

Secondo, i leader europei e statunitensi dovranno ideare nuove contromisure per affrontare le nuove e seminascoste aggressioni militari russe. Le campagne in Crimea e Ucraina dell’Est non hanno visto colonne di carri armati muoversi attraverso il confine.  Mosca ha abilmente usato provocazioni programmate, sostenitori locali, forze speciali anonime, attacchi cibernetici e campagne di disinformazione di massa per creare instabilità da utilizzare come pretesto per l’annessione.

Ad oggi le risposte sono state molto modeste e quasi totalmente di stampo tradizionale – sicurezza verbale, alcune ridotte aggiunte di truppe in est Europa e alcune piccole esercitazioni militari addizionali. La NATO ha bisogno di pensare molto e velocemente a come affrontare questa nuova forma di situazione di guerra russa, specialmente i membri che hanno minoranze russe al loro interno, situazione che comporterebbe la necessità di potenziare la sicurezza interna, gli addestramenti, l’intelligence, il livello di guardia, la sicurezza informatica e la diplomazia pubblica: tutte chiavi per disincentivare e difendersi da operazioni di destabilizzazione.

Terzo, va costruito un consenso per contromisure ampie e a lungo termine contro la Russia. Molti Europei si rifiutano ancora e l’Europa è quindi molto divisa. I sistemi di pensiero sono notoriamente difficili da sradicare e l’appeal di un nirvana di sicurezza in Europa era molto forte.

La paralisi dell’Europa è aggravata dalla debolezza economica (molti paesi dipendono dalle esportazioni di energia russa) e da legami commerciali con lo stato sovietico, per questo motivo ci sono diverse opinioni in Europa circa la Russia, a seconda del paese interpellato. I paesi più vicini – Polonia e Repubbliche Baltiche in particolare – temono la Russia e invitano ad una risposta forte. Unire queste differenze all’interno dell’UE non sarà facile.

Per creare consenso va ridotta la dipendenza dalle esportazioni energetiche russe, la quale rende difficile per molti anche solo prendere in considerazione contromisure forti all’aggressione russa. Il ricatto dell’energia rende ancora più probabile la prosecuzione degli attacchi russi. Ridurre la dipendenza energetica e al contempo minare la posizione economica della Russia disincentiverebbe gli attacchi e allo stesso tempo rafforzerebbe la stabilità in Europa.

Quarto, i leader europei e statunitensi devono raddoppiare i loro sforzi per portare a compimento il T-TIP (trattato per la cooperazione e l’investimento transatlantico NdT), un nuovo accordo commerciale USA-UE. L’obiettivo iniziale del T-TIP era di rilanciare le economie occidentali e creare tra loro legami che le aiutassero a fronteggiare quella cinese. Portarlo a compimento ora aggiungerebbe altri benefici – economici, politici e simbolici – nei confronti della Russia. Potrebbe essere difficile che ciò accada prima delle elezioni USA di Novembre 2014, in questo caso la sua stipula dovrebbe essere un priorità del 2015.

Quinto ed ultimo, i leader europei e statunitensi devono continuare a combattere Putin e la Russia. Attualmente pare che Putin abbia un programma espansionistico: portare i russofoni all’interno della Federazione Russa (anche se attualmente vivono in stati sovrani limitrofi); ristabilire una sfera di influenza Russa sull’Europa dell’Est, il Caucaso e l’Asia centrale; ridisegnare i confini internazionali ove possibile, mantenere alto il confronto con l’occidente, che ha rafforzato la sua posizione interna e, forse, distruggere la NATO stessa. Sarebbe un errore sottovalutare le aspirazioni di Putin e la portata della minaccia. L’occidente deve individuare gli obiettivi strategici di Putin ed agire di conseguenza.

Costruire un’Europa “unita, libera ed in pace” è ancora un risultato perseguibile, che necessita di una rinnovata attenzione alla sicurezza europea, messe da parte le illusioni degli ultimi 20 anni.

Michael E. Brown

FONTE: http://www.foreignaffairs.com/

LINK: http://www.foreignaffairs.com/articles/141404/michael-e-brown/natos-biggest-mistake

15.05.2014

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione Fa Ranco