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La fine della sovranità

di Luigi Tedeschi - 22/05/2014

Fonte: centroitalicum

 

Il nuovo libro di Alain de Benoist, fa seguito a "Sull'orlo del baratro" e ne rappresenta il prosieguo, dato che "La fine della sovranità" altro non è se non l'epilogo di un processo di espansione globale del capitalismo finanziario, che comporta l'esproprio progressivo della sovranità degli stati. Infatti il capitalismo non conosce limiti di ordine etico, sociale e politico: la globalizzazione economica si è potuta realizzare proprio in virtù dell'abbattimento di ogni ostacolo alla circolazione delle merci, dei capitali, delle risorse umane.

Questo processo di mondializzazione economica ha determinato dunque mutamenti sostanziali degli ordinamenti politici degli stati, le cui istituzioni vengono progressivamente espropriate dei loro poteri decisionali in campo economico e sociale, in quanto devoluti ad autorità sovranazionali (ed è il caso della BCE), e della sovranità popolare, soppiantata da oligarchie tecnocratiche, quali organismi non elettivi preposti alla governance dell'economia. La critica all'economicismo mondialista, prende le mosse dalla situazione di crisi prodottasi in Europa con l'avvento dell'euro che, oltre a provocare la crisi sistemica del debito, ha condotto al collasso degli stati, la cui sovranità è stata espropriata di fatto dalla Commissione Europea, che ne determina la politica economica, prescindendo dalla volontà popolare.

L'Europa non si è affatto unificata, anzi la creazione dell'Eurozona ha avuto solo la funzione di esasperare i conflitti e gli egoismi, oltre a portare a compimento quel processo di sradicamento delle identità nazionali imposto da un sistema capitalista a guida americana. Oggi l'Europa si dibatte in una crisi che non è solo economica, ma anche politica e morale. Tuttavia nessuno mette in dubbio i principi fondamentali dell'economicismo liberista e se ne afferma, al di là degli esiti fallimentari sul piano economico, la necessità imprescindibile, quale ineluttabile forma di omologazione al processo di globalizzazione in atto, dinanzi al quale i vecchi ordinamenti statali si rivelerebbero impotenti, perché ormai sconfitti dalla storia.

In questo libro quindi vengono messe in risalto le evoluzioni prossime future di questo processo storico di omologazione all'occidente atlantico. Infatti, in vista delle elezioni europee, è stata del tutto silenziata la problematica inerente al Partenariato transatlantico sul commercio e sugli investimenti (TTIP), che comporterebbe la creazione di un unico mercato transatlantico tra Europa e USA. Accordi in tal senso erano stati siglati già negli anni '90, ma il progetto ha subito un'accelerazione nel 2013, proprio in coincidenza di una crisi economica europea che pregiudica le esportazioni americane ed un apprezzamento dell'euro sul dollaro che ha fatto convergere dall'area dollaro all'area dell'euro ingenti capitali provenienti dai paesi emergenti in crisi di crescita. L'integrazione europea nell'area transatlantica condurrebbe all'abbattimento di tutte le barriere commerciali, normative, territoriali che possano rappresentare un ostacolo al libero mercato di merci e capitali. Tale prospettiva è esplicativa di una imminente integrazione / omologazione dell'Europa agli USA e mai il contrario. Oltre all'abbattimento delle barriere doganali a protezione dell'economia europea e al problema di una eccessiva quotazione dell'euro sul dollaro che pregiudicherebbe la competitività dell'economia europea, l'aspetto più preoccupante di questa integrazione è rappresentato dalle "barriere non tariffarie". Trattasi infatti dell'abrogazione di tutto quel corpo normativo in vigore negli stati europei, posto a salvaguardia della salute, dell'ambiente, della tutela sociale dei lavoratori, di quei meccanismi normativi che hanno posto sostanziali barriere in Europa all'avvento del capitalismo assoluto di stampo anglosassone. L' "armonizzazione delle normative" rappresenterebbe allora l'adesione totale europea al modello sociale, economico, politico americano. Si perverrebbe in tal modo al definitivo annientamento di una identità civile e politica, che costituisce il retaggio storico di una civiltà millenaria. Non è un caso che di questa futuribile prospettiva di definitivo tramonto della civiltà europea i cittadini / elettori europei siano stati tenuti preudentemente all'oscuro.

Il sistema capitalista impone i suoi equilibri di mercato e con essi i propri modelli sociali e culturali, che si riflettono nella ideologia mondialista del nostro presente storico. Alain de Benoist delinea i contenuti e le conseguenze della penetrazione pervasiva di tale ideologia, che può identificarsi con l'autoreferenza dell'economia rispetto alla politica, con la omologazione dei valori umani nella "forma merce". L'autore si rifà alla problematica dei diritti umani già svolta in altre sue opere. La creazione di un modello unico mondiale di matrice liberale ha come fondamento l'ideologia dei diritti umani, cioè dell'individualismo assoluto, che concepisce l'uomo sradicato dai propri legami comunitari, sociali, identitari. La libertà dell'individuo coincide con la libertà di un mercato in cui l'uomo assume il solo ruolo di consumatore / produttore. Questa ideologia annulla le dimensioni esistenziali dell'uomo legate al tempo e allo spazio. L'autore si ispira a problematiche filosofiche già svolte da Costanzo Preve che, riferendosi all'empirismo inglese, delinea la scomparsa del tempo storico in un mondo in cui, in virtù del progresso tecnologico, il tempo è scandito dall'immediatezza delle informazioni e dalle transazioni commerciali e finanziarie. Pertanto, la dimensione temporale dell'esistenza umana viene compressa in un "eterno presente", ormai avulso dalla storia e privo di prospettive future, che non consistano nella riproduzione illimitata dell'eterno presente. La stessa dimensione dello spazio viene ad essere annullata in uno scorrimento infinito di flussi, poiché l'abbattimento dei confini tra gli stati determina una extraterritorialità della finanza che è "ovunque e in nessun luogo". Non esiste dunque né centro né periferia in un mondo globalizzato. E opportunamente l'autore in altra parte del libro pone una distinzione tra i concetti di mondializzazione e globalizzazione. La prima infatti presuppone una internazionalizzazione dell'economia, della politica, della cultura e consiste quindi in un processo che si svolge tra una pluralità di soggetti, in un tempo e in uno spazio, mentre la globalizzazione comporta l'annullamento di ogni spazio esterno, è quindi un sistema totalizzante che coinvolge tutta la sfera sociale alle sue radici, perché "non c'è più un altrove".

Ma la mondializzazione incide soprattutto nel campo politico. Il capitalismo è ideologicamente orientato, sin dalle origini, alla creazione di un mondo cosmopolita unificato dalla espansione dei marcati su scala globale. L'abbattimento delle sovranità statali conduce necessariamente al dominio di un capitale ormai emancipato dal politico. Infatti in un mondo cosmopolita unificato non è concepibile lo status di cittadinanza di un individuo che può essere soggetto di diritti e di doveri solo nell'ambito di una entità politica comunitaria in un determinato ambito territoriale. Nel contesto di uno stato è possibile la democrazia, non certo in una dimensione mondiale indeterminata. In un mondo in cui tutti i rapporti umani sono omologati alla forma merce, gli stessi valori etici divengono flessibili e plasmabili. La mondializzazione non solo aliena la natura sociale dell'uomo nella forma merce, ma fa venir meno la stessa dimensione politica della comunità umana: conduce dunque ad un mutamento antropologico sostanziale. Queste considerazioni critiche di Alain de Benoist, circa il mutamento antropologico in atto, sono oggi facilmente verificabili: il dominio incontrastato del capitalismo infatti sussiste in quanto la prospettiva di una fuoriuscita dal capitalismo stesso è oggi da quasi tutti ritenuta impensabile, come se l'economia fosse geneticamente l'unico ed imprescindibile destino dell'uomo.

Alain de Benoist, si pone inoltre il problema se mondializzazione coincida con l'americanizzazione, dato il dominio geopolitico statunitense affermatosi nel XXI° secolo. Che i processi di mondializzazione economica abbiano avuto origine negli USA è indubbio, come è altrettanto certo che l'imperialismo americano coincida con l'imposizione ovunque nel mondo del sistema capitalista, cui fa seguito la diffusione dell'americanizzazione dei costumi, delle mode, della cultura. Tuttavia l'americanismo non coincide con la mondializzazione, dato che essa si impone anche in una contingenza storica come quella attuale, in cui la leadership americana nel mondo appare in decadenza. La mondializzazione sussiste e si sviluppa anche nei paesi emergenti anch'essi inseriti in un sistema capitalista globale. Vogliamo inoltre aggiungere che la conflittualità geopolitica tra gli USA e paesi come la Russia, la Cina e l'India, si svolge tra soggetti di un unico sistema: il mondo globalizzato non si compone di potenze rivali antagoniste in quanto portatrici di modelli politici ed ideologici diversi ed antitetici, ma tra soggetti economico - politici in aperta concorrenza nell'ambito di un unico mercato. La mondializzazione, secondo l'autore, sarebbe semmai sinonimo di occidentalizzazione, perché tale concetto include modelli liberisti non necessariamente americani.

Un altro aspetto importante del libro di Alain de Benoist, è costituito da un tema quanto mai attuale, che è la sfiducia diffusa nei popoli europei. I popoli non credono più nella funzione rappresentativa delle classi politiche che, oltre a dimostrarsi incapaci e corrotte, non sono più espressione del consenso democratico, ma portavoce degli interessi delle oligarchie che governano l'Europa. Questa assenza di speranza però potrebbe tramutarsi in ribellione e questa prospettiva potrebbe non essere lontana. L'autore in proposito cita Lenin, secondo il quale "le rivoluzioni avvengono quando alla base non si vuole più e alla testa non si può più". Quando dunque si accenderà "la scintilla per appiccare fuoco alla pianura"? In proposito manifestiamo scetticismo. Ci troviamo dinanzi a masse deprivate della loro identità ideologica e culturale, che in larga parte non hanno preso coscienza del carattere strutturale di questa crisi e della forza antagonista che i lavoratori / produttori potrebbero opporre alla global class dominante. Oggi le masse sono alienate nella condizione del lavoro - merce ed il malcontento attuale è dovuto per lo più alla perdita di uno status sociale che garantiva livelli di reddito e consumo ormai impensabili. Se nei giovani disoccupati è presente la coscienza della loro emarginazione sociale e dell'assenza di prospettive future, nessuno si chiede se tale coscienza della crisi permanga in coloro che riescono ad inserirsi in questo sistema. Se cioè, coloro che abbiano trovato una occupazione soddisfacente, nella mutata condizione sociale, non assumano una coscienza omologata ed integrata nel sistema capitalista. In realtà prospettive rivoluzionarie sono possibili, a nostro avviso, solo in presenza di quel "riorientamento gestaltico" auspicato da Costanzo Preve. Dall'assunzione cioè di una autocoscienza di un uomo che riscopra la sua natura sociale e comunitaria, e con essa, il proprio ruolo nel divenire storico. Una coscienza che presuppone il rifiuto della forma merce, quale fondamento della società umana.

Questo libro affronta il tema della fine della sovranità degli stati e pertanto, dalle problematiche in esso esposte, emerge chiaramente che non si può perseguire la causa della sovranità se non con il contemporaneo rifiuto del capitalismo, di per sé antitetico al concetto di sovranità, né è possibile alcuna soluzione compromissoria tra concetti tra loro incompatibili, quali il comunitarismo ed il capitalismo. Infatti l'autore dedica la parte finale del suo libro alla fine dell' "altermondismo": sotto tale sigla vengono ricomprese tutte quelle teorie che, pur accettando la prospettiva cosmopolita - liberale del declino degli stati, della legittimità dell'estensione planetaria dei diritti umani, rifiutano l'azione devastante del dominio della finanza globale. Nell'altermondismo confluiscono varie ideologie e movimenti politici tra loro assai diversi, quali gli economisti keynesiani, i conservatori liberali, i radicali liberal, gli anarchici libertari, i pacifisti, i marxisti più o meno eretici. L'impotenza e la contraddittorietà di tali tesi è evidente: non mettendo in dubbio i fondamenti dell'ideologia liberale, non solo non hanno impedito le catastrofi del globalismo finanziario,  ma hanno attivamente contribuito alla diffusione della mondializzazione ideologica, hanno assunto, in buona o mala fede, la funzione di fiancheggiatori culturali della mondializzazione stessa.

Nella parte conclusiva del libro, l'autore espone la fondamentale natura contraddittoria dell'universalismo mondialista. La mondializzazione vuole realizzare una unificazione mondiale attraverso l'annientamento della sovranità degli stati e delle identità dei popoli. Ma essa ha generato come reazione la frammentazione degli stati stessi, dilaniati dalla nascita di tante piccole patrie localiste, oltre che, sul piano religioso, la riviviscenza di identità contrapposte, quali il radicalismo islamico. L'universalismo mondialista si traduce nel suo contrario, nella frammentazione sociale e politica del mondo. Pertanto, la mondializzazione determina il declino dell'universale nel relativismo etico e nel particolarismo etnico. E' questo l'esito finale di una mondializzazione assunta a falso universalismo, perché fondata sull'individualismo assoluto, che ha generato la cultura della forma merce, esaltando il relativismo individualista che ha prodotto la "culturizzazione della merce e la mercificazione della cultura". A nostro avviso la sovranità degli stati può sussistere come momento storico - dialettico di un principio universale in cui le singole comunità statuali trovano la loro legittimazione etica.

Alain de Benoist mette in guardia più volte il lettore dall'identificare l'Europa con la UE. Allora ci si chiede se un'altra Europa è possibile, se cioè possa realizzarsi quella Europa delle patrie contrapposta al modello finanziario della UE. Ma al riguardo ci sembra impossibile formulare oggi risposte credibili.