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Superare le divisioni amiche del sistema

di Fabrizio Fratus - 22/05/2014

Fonte: patriae


   

Destra e sinistra sono parole chiave del nostro linguaggio politico. Non a caso, infatti, la scena politica di gran parte del mondo occidentale – e quella italiana in particolare – è dominata dall’idea di una polarizzazione dello scontro tra due schieramenti contrapposti, che lottano accanitamente l’uno contro l’altro per conquistare la supremazia.
Ma destra e sinistra esistono ancora?
E se esistono ancora hanno ragione di esistere?
E che significato hanno?
Sono tra coloro che hanno sempre ipotizzato l’assoluta inutilità per il popolo della dicotomia destra e sinistra e ora vi illustrerò perché e sotto quali profili.
Diciamo subito che destra e sinistra non sono categorie assolute, destra e sinistra si definiscono l'una in ragione dell'altra. In poche parole, “comprendiamo cosa significa per te destra e poi verifichiamo da ciò quanto sei di sinistra” .
Ad esempio Lenin, per il suo realismo, il pragmatismo politico e il suo modo di fare scelte di azione politica è stato considerato di destra. Lo Stesso Stalin ricorse al richiamo del concetto di Patria per stimolare i soldati russi contro l’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale. Al contrario Roosevelt venne definito anche di sinistra, perché dopo la Grande Depressione ha provato a introdurre regole  per impedire che il sistema capitalista producesse troppi squilibri..
Mai come oggi, però, la tradizionale distinzione del campo politico viene da più parti contestata, in quanto contrapposizione che avrebbe ormai fatto il suo tempo e che non avrebbe più alcun senso.
Al fine di comprendere meglio quanto sto affermando, sintetizziamo un attimo il percorso di queste due etichette che rappresentano comunque la storia degli ultimi due secoli minimo. Le due espressioni le si fanno risalire alla rivoluzione francese, da una parte a sinistra si sedettero i rivoluzionari, coloro che volevano al sovversione del precedente sistema di gestione del potere; mentre a destra si andarono a sedere coloro che chiameremo conservatori, cioè i monarchici.
 
Questa tipica rappresentazione della situazione, che diede origine al concetto distintivo di uomo di destra e uomo di sinistra, è stato ritenuto valido sino a pochi decenni or sono; il senso della destra come della sinistra, infatti, si è esaurito esponenzialmente con il passare degli ultimi anni. Nello specifico ritengo che siano decisamente terminati con la caduta del muro di Berlino e quindi la fine del comunismo.
 Vi è ancora, però, chi li ritiene validi oggi (anche se da attualizzare sotto alcune valide considerazioni come il fatto che molte idee di una o dell’altra parte sono comunque per la maggioranza dei diversi rappresentanti condivise).
Destra e sinistra, allora, sono etichette superate che ieri come oggi sono servite per dividere…
Dividere per cosa? Questa è la domanda che nasce spontanea se ci si ferma e si pensa un attimo.
 
La nostra società, nata tanto dalla rivoluzione industriale, per quanto riguarda la produzione e la materialità della vita, come dalla rivoluzione francese ,per quanto invece riguarda la visione ideologica e culturale, ha necessariamente bisogno di divisioni, di contrapposizioni, di contrasti. Si pensi, in tal senso, a Noberto Bobbio, che ha sempre difeso la differenza tra destra e sinistra. E’ sempre stato, ovviamente, un filosofo figlio dell’illuminismo e, quindi, il suo modello - su cui poggia la base teorica della divisione -  è di tipo:
 
sinistra = egualitarismo
destra = diseguaglianza
 
L’essenza più intima della distinzione  tra destra e sinistra, per Bobbio, consiste, infatti, nel diverso atteggiamento che le due parti – il popolo di destra e il popolo di sinistra – sistematicamente mostrano nei confronti dell’idea di eguaglianza.
Viene naturale comprendere che la diversificazione proposta da Bobbio rientri in una schematizzazione per cui da una parte vi è il “bene” e dall’altra il “male”…
A ben vedere, la sostanza, nella sua schematizzazione, è ben differente e non va a comprendere una sostanziale visione della vita, che, infatti, non rientra nei concetti di destra e sinistra.
Per capirci, non è vero che chi è di sinistra è per l’uguaglianza e viceversa;  ma è vero che se ai termini non si specifica la “meta comunicazione” intrinseca, si è portati ad avere diverse interpretazioni, e questo è una delle metodologie usate da quello che è identificabile come sistema o più semplicemente il “potere”.
 
Eguaglianza e diseguaglianza diventano concetti, allora, relativi: né la sinistra pensa che gli uomini siano in tutto eguali, né la destra pensa che essi siano in tutto diseguali. Coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare necessariamente la soppressione.
Approfondiamo, quindi, come destra e sinistra siano solo strumenti di potere e di divisione, la cui sostanza è - e resta - la legittimità del sistema democratico.
 
Vi chiederete come mai stia parlando della democrazia, anche perché (erroneamente) si è soliti vederla come un valore e non certo come uno strumento. Chiediamoci subito, allora, come funzioni e si regga un sistema democratico e quali siano i meccanismi su cui poggia la legittimità della democrazia? 
Per potersi legittimare, la democrazia ha bisogno, due pilastri.
 
>Il primo è costituito da categorie giuridiche astratte attorno alle quali fa convergere tutti e tre i poteri dello Stato, esecutivo, legislativo e giudiziario. Questi poteri,  essendo impersonali, hanno totalmente deresponsabilizzato chi li detiene. Pertanto, grazie a questo sistema, non è nemmeno più facilmente individuabile chi effettivamente eserciti il potere in un dato periodo.
>Il secondo, poichè democrazia significa “potere al popolo” è identificabile nel diritto di voto dei cittadini. In realtà  il Voto rappresenta l'autentico coup de maître in quanto continua a fornire al popolo l'illusione di esercitare il potere attraverso l'elezione dei "rappresentanti" istituzionali, i quali, però, essendo svincolati da ogni vincolo di mandato, eserciteranno il potere a proprio uso e consumo, e non per conto del proprio elettorato. Sappiamo, infatti,  che l’eletto ha tutto il diritto di fare quanto vuole una volta giunto al potere. Fateci caso, vi è mai qualcuno che ha responsabilità per le scelte fatte?
 
Ecco allora che si comprende il perché della dicotomia destra e sinistra. Serve a legittimare il rito del voto! Proprio per questo devono essere necessariamente alternative una all’altra in un rapporto di gestione delle redini del potere democratico a cui sono strumentali. Dividendo, infatti, il popolo in astratte ed inutili divisioni concettuali, il potere ha trasformato l'esercizio del voto in un'inutile sfida circense dove, le passioni dei singoli e le volontà di cambiamento vengono incanalate e disinnescate, lasciando al popolo solo l'illusione d'aver contribuito al bene comune, estromettendolo da qualsiasi possibilità di agire.
 
Ci si chiederà ora per quale fine sia stato creato tutto questo?
La risposta è immediata: per indebolire e infine togliere la sovranità alle nazioni. Infatti, è attraverso le istituzioni democratiche che il potere sovranazionale è legittimato a decretare le regole agli stati, esercitando un potere che è sempre più lontano dalla diretta volontà popolare. Non a caso è proprio grazie a questo processo che è stata possibile l'alchimia speculativa e finanziaria dell'Euro che impone in Italia e in Europa politiche punitive verso la popolazione a favore del capitale.
 
Destra e sinistra, quindi, divengono concetti assolutamente interscambiabili ove uno (alternativamente) serve per catturare i consensi dell'onda di pensiero dominante nella società mentre l'altro quella dell'onda dl pensiero relativo e cioè degli scontenti. Il tutto anche grazie alla fine delle ideologie che ha reso rilevanti solo le differenze marginali (non a caso quelle più ossessivamente presenti nel dibattito politico) mentre i temi fondamentali (per esempio quello dell'Euro, dell'unione europea etc...) non vengono realmente affrontati e risolti...
 
Inoltre lasciare spazio all’istituzionalismo dell’apparato burocratico moderno sta distruggendo sempre più il senso di appartenenza di un popolo alla nazione, al fine di creare un mondo indifferenziato in cui i cittadini siano individui senza appartenenza specifica ma figli del mondo, persone e soprattutto (oggi) consumatori!
Mi vengono in mente alcune frasi tratte dal testo “massa e potere” di Elias Canetti, (considerato l'ultima grande figura della cultura mitteleuropea, autore di  origine ebraica) in cui si può meglio comprendere la logica su cui si basano le democrazie. Infatti, nel testo si comprende bene l’importanza della massa per una democrazia. La Massa segue il pensiero unico dominante nel suo contesto senza porsi domande, senza avere, ad esempio quel senso di identità e appartenenza reale che si creava con la monarchia, capace di unire realmente le popolazioni sotto una corona. Non sono minimamente monarchico ma mi rendo conto di come in passato vi fosse un forte senso appartenenza e di comunità rappresentato dal re. Oggi ci scandalizziamo quando vediamo uomini e popoli pronti a tutto per difendere la loro terra, la loro cultura la propria appartenenza ad una cultura, mentre noi occidentali avendo perso quel senso di legame che ci dovrebbe unire utilizziamo eserciti professionisti per imporre la nostra visione del mondo, la nostra civiltà… il nostro strumento dei gestione del potere: la democrazia. 
 
Non sono un nazionalista (e non lo sono mai stato) ma certo comprendo bene la motivazione della sua origine, la sua veste romantica e rivoluzionaria nel contesto in cui nacque nell’800. Comprendo bene che fu un tentativo per mantenere quell'appartenenza alle proprie origini andata perduta dopo la rivoluzione francese... purtropp abbiamo visto come la "soluzione" di tipo nazionalista abbia contribuito a divisioni e guerre tra il popolo europeo.
Sono un patriota e come tale resto ancorato alla logica dei padri che tramandano cultura e tradizioni e quindi ho una visione per cui la responsabilità debba essere sempre individuabile. Per questo vedo nella democrazia un male al servizio del potere.
Ho parlato di molti concetti differenti e forse ho dato troppe idee per scontate… Vorrei, allora, chiudere ricordando alcune considerazioni fatte da un ultimo autorevole studioso.
 
Mi riferisco a Zeev Sternhell, uno dei massimi studiosi del fascismo a livello mondiale, nonché professore universitario in Israele e militante marxista.  Nei suoi libri ha ben specificato l’origine e lo sviluppo del fascismo, spiegando che non è etichettabile con la logica di essere di destra o sinistra… ecco allora spiegato perché è divenuto il male assoluto su cui creare il nemico… Venire tacciati di essere fascisti, ancora oggi, significa essere persone sgradite (per essere gentili), di non avere legittimità politica e di essere un nemico… da qui, ogni qualvolta si deve creare un pericoloso avversario, ecco che la persona come il partito verrà definito fascista… è il male per tutte le occasioni…
Ancora oggi questo espediente per dividere la popolazione è funzionale al potere in tutti i sistemi democratici dell’occidente. Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dei due blocchi contrapposti la nuova dicotomia in Italia è divenuta destra pro Berlusconi e sinistra antiberlusconi… insomma, si è subito trovato come dividere nuovamente la popolazione.
IL NEMICO, QUINDI, È LA DIVISIONE. E’ NELLO STEREOTIPO DENOMINATO DAI CONCETTI DESTRA E SINISTRA.
Credo sia facilmente dimostrabile il fatto per cui coloro che rientrano e difendono questa divisione siano solamente strumenti del sistema, del potere, cioè, quindi, nemici del popolo, della collaborazione, della difesa delle identità, della vita … sono nemici del comunitarismo, unica e reale risposta al sistema basato sulla dicotomia destra e sinistra.