Il merito delle accuse è irrilevante, conta il clamore mediatico, dunque l’enfasi con cui lo “scandalo” viene presentato al pubblico al fine di spezzare l’aura vincente di Farage, far sorgere il dubbio che non sia il politico nuovo e fuori dagli schemi ma, sotto sotto, un politico come gli altri.

Non è detto che ci riescano. Farage è riuscito a trionfare nonostante sia stato accusato in modo del tutto improprio di razzismo ed è possibile che riesca a superare queste e altre probabili insinuazioni. Ma il metodo è lo stesso usato in Italia contro Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Beppe Grillo, in genere contro tutti i pericolosi “populisti”.

Grillo finora l’ha sfangata, pur avendo subito pesanti insinuazioni. Berlusconi è stato vittima di più di un complotto come ha dimostrato addirittura l’ex ministro del Tesoro Geithner. Bossi è crollato quando, anche a causa della malattia, ha consegnato il partito a moglie, figlio e accoliti i quali si sono fatti cogliere con le mani nel sacco su episodi marginali ma moralmente indegni. In un Paese dove c’è chi ruba centinaia di milioni di euro nell’indifferenza generale, l’opinione pubblica si indigna per la Porsche del Trota o i diamanti, dal valore di poche decine di migliaia di euro, passati da una cassa all’altra. Scandali mediaticamente fenomenali. Non esigono spiegazioni, parlano da sè.

Ora tocca a Farage; l’impressione è che – come con Grillo – i suoi nemici non abbiano solidi argomenti contro di lui. Ma Farage “vale” molto più di Bossi, Berlusconi o Grillo. Perché sta diventando il simbolo europeo della lotta all’establishment. Affascina anche fuori dai confini. E per questo va fermato e la sua immagine distrutta. Non finisce qui, temo.

Marcello Foa