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Donbass 2.0. I primi successi della strategia di Putin

di Massimiliano Greco - 29/06/2014

Fonte: Stato e Potenza

 

4B036A7F-9BF7-458A-A414-A6CF2E00C9D5_w640_r1_sLa situazione nel Donbass è migliorata. Adesso gli aerei e gli elicotteri della Junta atlantista precipitano in fiamme come meteore durante la notte di San Lorenzo. Donesk e Lugansk si sono unite in un’unica repubblica, e hanno promulgato una costituzione. E i mezzi ucraini restano bloccati per la mancanza di carburante. Le diserzioni, nell’esercito di Kiev, hanno ormai assunto carattere endemico, così come le fucilazioni di tutti quei soldati – e sono parecchi – che si rifiutano di sparare sui civili. Tuttavia, la guerra civile continua. I massacri, i bombardamenti indiscriminati, le rappresaglie, gli arresti e le violenze, perpetrate dalle milizie nazialantiste di Right Sektor, su ordine di Washington e di Kiev, non si placano. Nonostante le mistificazioni vergognose della cosiddetta stampa “libera” e dei rappresentanti degli altrettanto “liberi” Paesi occidentali, è ormai evidente a tutti i normodotati che nell’Ucraina orientale si è compiuto un bagno di sangue di proporzioni tali che, in altre circostanze, avrebbe fornito il casus belli per i democratici bombardamenti NATO.

Le nuove guerre
Tienilo sotto pressione e logoralo. Quando il nemico è unito, dividilo. Il segreto per creare le divisioni interne sta nell’arte di suscitare i seguenti cinque contrasti: dissensi tra i cittadini nelle città e nei villaggi; dissensi con gli altri paesi; dissensi all’interno; dissensi che hanno per conseguenza la condanna a morte; e dissensi le cui conseguenze sono i premi e le ricompense. Queste cinque specie di dissensi non sono che rami di uno stesso tronco. (1)”
In queste parole di Sun Tzu c’è tutta l’essenza delle nuove guerre. Ecco Andrew Korybko, citato da Lattanzio:
Le rivoluzioni colorate sono colpi di Stato filo-occidentali eterodiretti. In particolare utilizzano social media e ONG per infiltrare la società, ingrossare i ranghi ed espanderne l’efficienza dopo l’avvio dell’operazione di cambio di regime. In genere manipolando grandi masse si crea l’illusione di un vasto movimento popolare di scontenti che si sollevano contro una dittatura tirannica. Tale percezione fuorviante consente al tentativo di colpo di Stato di avere ampio sostegno e l’accettazione dalla comunità occidentale, denigrando le legittime autorità che cercano di opporsi al rovesciamento illegale. Le masse manipolate sono trascinate per le piazze soprattutto tramite le tattiche di Gene Sharp, che con destrezza cercano di amplificare i movimenti di protesta sociale al massimo possibile. Tale nuovo metodo di guerra è estremamente efficace perché presenta un dilemma sorprendente per la leadership dello Stato interessato, usare la forza contro i manifestanti civili (de facto scudi umani inconsapevoli manipolati politicamente), per colpire il nucleo estremista tipo Pravyj Sektor? E sotto gli occhi dei media occidentali che seguono gli sviluppi, il governo può permettersi d’essere isolato dalla comunità delle nazioni, se si difende legalmente? Così, le rivoluzioni colorate presentano la strategia da Comma-22 al governo preso di mira; non è quindi difficile capire perché si siano diffuse nello spazio post-sovietico e oltre, sostituendo i ‘tradizionale’ colpi di Stato della CIA, divenendo il modus operandi occulto del cambio di regime. (2)”

Azione diretta e azione indiretta. La riscoperta del Softpower da parte dei russi
La vera novità, è la riscoperta, da parte russa, del softpower, campo in cui gli Usa eccellono a partire dall’invasione sovietica dell’Afghanistan. Le forze sovietiche terrestri, durante la Guerra Fredda, erano praticamente invincibili, al punto che, in campo occidentale, si studiò ogni sorta di soluzione, per fermare le “inarrestabili” forze corazzate russe, dall’armare centinaia di migliaia di uomini con armi anticarro, all’uso di armi nucleari tattiche, anche a costo di distruggere mezza Germania. (3)
Putin ha scelto la via del softpower, dicevamo, attirandosi anche molte accuse, da destra e da sinistra, di aver tradito le popolazioni del Donbass. A costoro – fermi alla guerra come mega rissa da taverna (o forse da “caverna”) o come assalto di milioni (miliardi?) di baionette, per l’onore e la gloria (e forse farsi belli davanti alle ragazze, sfoggiando l’uniforme lorda di sangue) –  abbiamo risposto in numerosi articoli (4), per cui passeremo oltre.
Tuttavia, nonostante (o meglio: proprio perché) Putin dichiari pubblicamente che non ci sono forze russe impegnate nel Donbass, è ormai certo che stia supportando concretamente i russi e i filorussi ucraini e che lo farà sempre più. D’altronde, gli aerei e gli elicotteri da guerra della Junta atlantico-banderista, precipitano in fiamme, e non certo per guasti tecnici. Tutto ciò testimonia l’afflusso massiccio di armi atte ad abbatterli, e queste non si trovano al supermercato. Oltre a ciò, se pure è immaginabile che un civile prestato alla guerra possa abbattere un elicottero con un lanciarazzi, magari approfittando della copertura offerta da un palazzo, molto più difficile è pensare che, tale civile, possa trovare la freddezza di distruggere un tank, dato che la portata del cannone è decisamente superiore a quella di un razzo spalleggiabile. Senza conta. È quindi estremamente plausibile che vi sia stato un afflusso di regolari russi, ovviamente camuffati da volontari. Peraltro, questi metodi sono ampiamente utilizzati dagli Usa che, dall’invasione sovietica dell’Afghanistan fino al crollo dell’Urss, ne hanno fatto il metodo principale per conseguire i propri scopi. Come riporta Alessandro Lattanzio (5):
Ubriachi di potere dopo esser usciti vittoriosi dalla guerra fredda, gli Stati Uniti iniziarono un’ondata di interventi militari con la prima guerra del Golfo. Anche se spacciata come operazione multilaterale, gli Stati Uniti furono il maggiore azionista della coalizione bellica. Nel giro di pochi anni gli Stati Uniti bombardarono le posizioni serbe in Bosnia prima di iniziare la guerra unilaterale della NATO nel Kosovo, provincia della Serbia. Fu il bombardamento della Serbia a svegliare i decisori russi sulla necessità di difendere il loro Paese da minacce future, iniziando così l’impegno a modernizzazione la propria industria della Difesa, al fine di scoraggiare un attacco diretto USA/NATO contro gli interessi russi. Tuttavia, ciò non determinò un cambio immediato, e nel frattempo il potere degli Stati Uniti era al culmine. Dopo gli attacchi terroristici del 9/11, gli Stati Uniti intrapresero l’operazione militare e successiva occupazione dell’Afghanistan, un Paese situato dall’altra parte del mondo e vicino all’Heartland dell’Eurasia. Tale massiccia espansione della potenza militare statunitense nel continente fu inedita, ma anche segnò il culmine dell’era post-guerra fredda. L’epitome del momento unipolare fu in realtà la campagna Shock and Awe del 2003 in Iraq. In quel periodo gli Stati Uniti bombardarono massicciamente l’Iraq con una dimostrazione di forza volta sicuramente a ricordarne al resto del mondo lo status di superpotenza. Inoltre distribuirono una quantità incredibile di truppe e armamenti in Medio Oriente. Ironia della sorte, i successivi costi finanziari della guerra e dell’occupazione svolsero un ruolo decisivo nel ridurre la potenza statunitense permettendo ad altri Paesi, come Russia e Cina, di affrontare la sfida e difendere dagli Stati Uniti le proprie sfere d’interesse.”
Proprio per queste ragione, i teorici del “Putin deve inviare migliaia di carri armati, e far crollare la Russia come accadde con l’Urss, altrimenti è un venduto/paralizzato dagli oligarchi/colluso con gli Usa” hanno torto. Sun Tzu e Von Clausewitz – che i lettori superficiali credono essere situati agli antipodi, mentre si limitavano a focalizzarsi sugli aspetti maggiormente aderenti alla realtà, che è sempre consustanziale al “qui-e-ora” – parlavano, rispettivamente, di “attacco diretto e attacco indiretto” e di “decisione e distruzione.” Un autore moderno, Luttwak, parla di “attrito e manovra relativa. (6)” I termini differiscono, ma i concetti sono gli stessi. A livello strategico (di Grande strategia) un esempio di attacco diretto è l’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici. Un esempio di attacco indiretto fu l’addestramento e il foraggiamento, da parte americana, dei talebani che combattevano proprio contro i sovietici. Un esempio tattico potrebbe essere, rispettivamente, l’assalire una postazione ben difesa con un assalto frontale, dispendioso ma privo degli incerti della soluzione successiva, oppure assalirla alle spalle, magari di notte, col rischio però che parte delle forze si smarriscano, che gli ordini vengano fraintesi o eseguiti male, e che quindi il tutto si risolva in una catastrofe. Tale rischio nell’attacco diretto/distruzione/attrito non accade, perché si tratta di una pura operazione matematica, per così dire, e cioè, in assenza di contromosse “indirette” nemiche, si vince essenzialmente (o si perde) per la propria superiorità numerica, materiale e/o qualitativa (o si perde, nel caso opposto).
Tuttavia, sopratutto a livello di Grande strategia, quella che si compenetra con la politica e con la diplomazia, attualmente l’attrito è controproducente, a meno che non si abbia il controllo totale dei media planetari. Gli Usa che in questo campo dominano, hanno comunque subito diverse campagne, interne ed esterne, di opinione, per far cessare le guerre. Guerre che, adesso, si sono moltiplicate, ma che, non essendo condotte col metodo diretto dell’attrito, passano inosservate, oppure addirittura osannate dai pacifisti di ieri. Oltre a ciò, essendo: l’attrito una guerra combattuta secondo metodi industriali, non ci può essere vittoria senza superiorità materiale, e senza pagare un prezzo più o meno elevato. In compenso, salvo il caso in cui si siano sbagliati i calcoli, oppure la manovra relativa del nemico riesca a prevalere, è a rischio zero. Tuttavia, in ciò si innestano le vicende mediatiche, specialmente se a usare l’attrito è un Paese ostile agli Usa, perché allora i media di tutto il mondo, social network compresi, si scateneranno contro “l’aggressore.”
Si badi però di non commettere l’errore di pensare che i due tipi di azione siano opposti, invece che meramente complementari. L’azione di logoramento può essere portata avanti solo da chi sia superiore all’avversario dal punto di vista materiale e numerico, mentre la manovra relativa può essere condotta anche da un avversario più forte, allo scopo di minimizzare le perdite e/o le ricadute mediatiche. Un buon esempio di manovra relativa, o indiretta, in campo politico-strategico, è la guerra per procura. Si armano delle milizie locali/internazionali (es Al Qaeda) le si addestra, si forniscono loro dei “consiglieri militari” (spesso membri di corpi speciali e/o di mercenari) e le si rafforza con dei mercenari, spacciati per volontari. A tal scopo, il reclutamento è facilitato dalla presenza, nei Paesi Nato, di varie reti Stay Behind, stile Gladio, e di partiti/sette religiose fortemente identitari (se di carattere transnazionale) o ipernazionalisti (se solo di carattere nazionale). In quest’ultimo caso, si tratta solo di azionare le leve giuste. Mentre per i mercenari conta solo il denaro, per gli altri è proficuo la scelta sapiente delle parole d’ordine e dei simboli da utilizzare, per spaventare e spronare alla battaglia. Il pericolo rosso è di quelli che non scoloriscono mai, anche a Unione Sovietica defunta. Per cui, dietro l’azione indiretta c’è sempre quella diretta, minacciata o palese. Perché, è ovvio, se gli Usa non avessero delle forze armate, la Russia potrebbe tranquillamente invadere l’Ucraina, e gli Usa non potrebbero fare altro che denunciare la cosa. Senza una potenza militare, non solo le sanzioni, ma anche l’accerchiamento diplomatico della Russia, sarebbero impossibili. È altrettanto chiaro, che gli Usa non potrebbero mantenere la propria egemonia solo con il potere economico-mediatico. Anche perché il primo, senza quello militare, svanirebbe quasi subito.
Tuttavia, non solo la Russia ha (ri)appreso l’arte della manovra relativa, della decisione, del softpower, ma sta superando gli Usa in numerosi ambiti militari, e così la Cina, che per di più l’arte del softpower non l’ha mai messa in soffitta. O l’India. In effetti, gli Usa hanno di fronte a sé tre colossi le cui culture non sono state che parzialmente intaccate dalla “cultura” americana, studiata per corrompere e americanizzare gli altri popoli. Nonostante tutti i piani e gli intrighi, e i tentativi sempre più isterici di spingere la Russia a uno stupidissimo intervento diretto, non solo la Russia resta sulle proprie posizioni, non solo il Donbass infligge perdite spaventose a Kiev, non solo gli Usa appaiono sempre più isolati, ma Putin ha inanellato un successo dietro l’altro anche in altri ambiti. Successi impossibili con una guerra palese ai margini dell’Europa, non solo per i danni mediatici e diplomatici, ma anche per il logoramento a cui sarebbe sottoposta la Russia, visto che le guerre hanno un costo non solo economico.
Ecco i successi di cui parlavamo:
1)  La firma dell’accordo trentennale sul gas tra Russia e Cina
2) La scelta cinese, nordcoreana, argentina, iraniana, e di innumerevoli altri Paesi, di dare il proprio sostegno alla Russia, nella crisi ucraina
3) L’accordo con l’Austria per South Stream
4) La rinuncia della Georgia a entrare nella Nato
5) Al momento l’Ucraina non è entrata né nella Nato né nella Ue
6) Assad sta riducendo a pezzetti gli islamisti filousa, grazie anche all’appoggio russo
7) La Turchia ha dovuto rinunciare a invadere la Siria, dopo che la flotta russa si è schierata davanti alle sue coste
8) Pian piano sempre più persone, Paesi e organizzazioni, stanno aprendo gli occhi sulle vicende ucraine. Un nuovo flop in stile siriano, è dietro l’angolo
9) Le prima spaccature cominciano a emergere all’interno della UE: non tutti sono disposti a suicidare l’Europa in una guerra (economica o peggio) contro la Russia
10) La popolarità di Putin sale, quella di Obama scende
11) L’economia ucraina è al tracollo, nonostante “l’ossigeno” insufflato da Usa, Fmi e UE, ossigeno che ha un costo, che dovranno sobbarcarsi gli europei. Senza contare che, con l’annessione della Crimea alla Russia, e la rivolta della parte orientale, e industriale, del Paese, vengono a mancare sia il gas, che le industrie e i soldi per comprarlo dalla Russia. E, con una citazione fin troppo abusata, “l’inverno sta arrivando.” Presto l’Ucraina tracollerà, piombando al livello dei Paesi dell’Africa sub-sahariana, e non potrà neppure mantenere l’esercito.
Per tanto, a meno di nuove manovre americane impreviste, la situazione non può che migliorare. Certo, i combattenti del Donbass dovranno versare lacrime e sangue, prima di poter gustare il nettare della pace, ma è abbastanza evidente che Kiev non ha la forza militare, politica, economica, e sociale, di schiacciarli, e gli Usa non sono né intenzionati, né tanto meno in grado, di arrischiare un attacco diretto. Prova ne è, che, di fronte alle flotte russa e cinese, schierate in difesa della Siria, dovettero rinunciare all’attacco. Attacco che pure li avrebbe visti meno svantaggiati, rispetto a uno condotto in Ucraina, sia perché si sarebbe trattato di uno scontro navale, l’unico campo in cui gli Usa abbiano la superiorità (e solo se non consideriamo la flotta sottomarina) ma anche per le difficoltà logistiche di Russia e Cina. Vi è una sola base russa nel Mediterraneo, e nessuna cinese. In compenso quelle Usa sono numerosissime. Eppure hanno rinunciato. È immaginabile che possano attaccare l’Ucraina, cosa che li obbligherebbe a un intervento via terra, ai confini con la Russia (linee di rifornimento e di comunicazione più brevi etc)? Ovviamente no. E allora stiano tranquilli sia i tifosi di Putin, che i suoi detrattori: l’inverno (per la Nato) sta arrivando.

1. Sun Tzu – L’arte della Guerra.
2. Brzezinski capovolto
3. Cfr. Luttwak – Strategia: la logica della guerra e della pace
4. Cfr. Ucraina 2.1 e La guerra: la parola contro il sangue e Guerra moderna e guerra asimmetrica
5. Brzezinski capovolto
6. Cfr. Sun Tzu – L’arte della guerra; Von Clausewitz – Della guerra; Luttwak – op. cit.