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Las Vegas, la città degli sprechi

di Fabrizio Maggi - 15/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


La vicenda di Las Vegas ha il grande merito di stimolare due riflessioni riguardo all’acqua, specie in relazione al rapporto di sostanziale indifferenza che abbiamo nei suoi confronti: come ha scritto Benjamin Franklin, è solo quando troviamo il pozzo asciutto che ci rendiamo conto della preziosità dell’acqua.

Bellagio Hotel opening fireworks. 10/18/98


 

E’ l’incarnazione dell’ ”american dream”, lusso e sfrenatezza in un paesaggio che simboleggia la vittoria dell’uomo sugli agenti naturali. Con i suoi 36 milioni di visitatori l’anno, Las Vegas rappresenta uno dei poli turistici più importanti degli Stati Uniti.
Se volete navigare su una gondola nei finti canali del Venetian, farvi fotografare davanti alla Statua della Libertà che con la sua torcia illumina la Tropicana Avenue, ammirare il vulcano che erutta tutte le sere davanti al Mirage, questo è il posto giusto. Come ammoniva il buon vecchio Hammond in Jurassic Park, qui non si bada a spese.
Ma anche le stratosferiche fortune dei miliardari costruttori di casinò, tra cui spicca Steve Wynn, si sono scontrate con la crescente scarsità di una risorsa fondamentale per una città che sorge in mezzo al deserto: l’acqua. Da una parte attrazioni acquatiche note in tutto il mondo, come la fontana del Bellagio, inserita in un lago artificiale di 3 ettari, che lancia in aria ad ogni getto quasi 65.000 litri d’acqua sino a 120 metri d’altezza; dall’altra, gli aridi numeri offerti da Madre Natura: nel deserto del Mojave, all’interno del quale sorge Las Vegas, piove solo 19 giorni all’anno e nei mesi estivi la temperatura scende raramente sotto i 37 gradi.

L’unica fonte di approvvigionamento per la città è costituita dal lago Mead, l’imponente riserva d’acqua artificiale creata lungo il fiume Colorado dalla diga di Hoover, che si insinua nei canyon desertici per 176 chilometri. La quota destinata agli abitanti della capitale del Nevada è inderogabilmente fissata a 31 milioni di metri cubi all’anno, il resto spetta ad Arizona e California. In compenso dal 1999 al 2009 sono stati 685.000 i nuovi residenti; la miscela esplosiva dell’aumento di consumi domestici e delle ingenti quantità d’acqua utilizzata dalle strutture turistiche ha conosciuto l’arrivo di un ulteriore elemento critico: il sovrasfruttamento e le piogge ancora più scarse del solito hanno lasciato il lago Mead nel 2010 al 41% della sua capacità. Il bacino era vuoto per metà, con il livello dell’acqua di 36 metri inferiore rispetto a quello medio.
A togliere le castagne dal fuoco, è proprio il caso di dirlo, ci ha pensato Patricia Mulroy, brillante manager dell’acqua responsabile della Las Vegas Valley Water Authority.
L’operazione messa in atto ha avuto sia risvolti tecnici che culturali. Cambiare la mentalità degli imprenditori, degli agricoltori e dei comuni cittadini è stato tutt’altro che semplice. Si limitavano tutti a considerare l’acqua un bene come gli altri e si aspettavano di essere premiati con tariffe agevolate all’aumentare dei volumi consumati, come un acquirente del supermercato in attesa del 3×2 sul prodotto desiderato.
Il primo passo è stato rimodulare le tariffe mantenendo un canone mensile fisso e aumentando le tariffazione volumetriche. Si è poi passati ad una guerra di astuzia per diminuire gli sprechi nelle migliaia di fontane e getti d’acqua che affollano la città in ogni angolo dei centri commerciali, degli studi medici e delle attrazioni turistiche: di fronte alle resistenze degli esercenti, la Mulroy ha concesso il mantenimento delle fontane a patto che l’acqua utilizzata provenisse da impianti di depurazione dei reflui o da pozzi sotterranei non gestiti dalle autorità. La spinta iniziale ha portato la quasi totalità degli esercizi commerciali a dotarsi di impianti di depurazione dell’acqua che, attraverso sistemi di filtraggio, sterilizzano i liquidi immessi facendoli tornare potabili. Oggi più del 90% dell’acqua usata all’interno degli edifici viene recuperata e riciclata.

Per quanto riguarda le autorità amministrative, la creazione di un nuovo ente, la Southern Nevada Water Authority, ha assicurato la presenza di un gestore unico dell’acqua di tutta la zona che gestisce e pianifica le scorte.
Un sistema di incentivazione fiscale ha indotto i possessori di campi da golf, vere e proprie idrovore, a ridurre la superficie coperta da erba, facendo ricorso a pavimentazioni che richiamano il paesaggio desertico. Inoltre, si sono adottati una serie di provvedimenti piccoli ma significativi: per lavare l’auto in giardino bisogna munirsi di un ugello a molla per la chiusura automatica del tubo dell’acqua; ad ogni abitazione di Las Vegas viene assegnato un calendario con orari prestabiliti per innaffiare (una sola volta a settimana in inverno, 3 giorni alla settimana in primavera e autunno, tutti i giorni in estate ma non tra le 11 e le 19);  per le nuove case, il prato sul davanti è vietato e nel giardino sul retro solo la metà può essere seminata ad erba; a chi diminuisce di 4000 metri quadri il suo giardino, viene erogato un contributo pubblico di 40.000 dollari. A far rispettare le prescrizioni ci sono “guardie dell’acqua” in carne ed ossa, pronte a segnalare le eventuali infrazioni.

I risultati ottenuti sono soddisfacenti. Nel 1989 gli abitanti di Las Vegas usavano 1500 litri d’acqua a testa, nel 2009 il dato era sceso a 912. Oggi la città attinge mediamente 46 milioni di metri cubi all’anno dal lago Mead ma ne restituisce 21,5 di acque depurate; vengono rese alla fonte il 40% delle acque prelevate.
Ancora molto rimane da fare sul versante dell’acqua utilizzata all’esterno delle abitazioni e nelle strade ma nella città degli sprechi sono già stati fatti grandi passi avanti.
La vicenda di Las Vegas ha il grande merito di stimolare due riflessioni riguardo all’acqua, specie in relazione al rapporto di sostanziale indifferenza che abbiamo nei suoi confronti: come ha scritto Benjamin Franklin, è solo quando troviamo il pozzo asciutto che ci rendiamo conto della preziosità dell’acqua.

Primo, è facile intuire che la quantità d’acqua presente sulla superficie, nei ghiacciai e sottoterra è una quantità definita e fissata, non passibile di variazioni. E’ sempre la stessa vecchia acqua. La stessa acqua in cui è nata la vita. La stessa acqua che hanno bevuto i Tyrannosaurus Rex, che hanno sorseggiato gli ominidi nostri progenitori, la stessa acqua che ha dissetato Traiano e le sue truppe mentre invadevano la Dacia nel 101 a.C.
Secondo, l’importanza dell’acqua è strettamente legata alla sua insostituibilità per la nostra sopravvivenza fisica e per lo sviluppo della nostra economia. Ciò che rende l’acqua un bene scarso è la velocità con cui l’uomo la utilizza a differenza della capacità che il sistema ha di rimetterla in circolo, superando il limite di sostenibilità.
Oltre lo spreco, urge una presa di coscienza sulla reale importanza dell’acqua per il mantenimento della vita sulla terra.