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Considerazioni su “Mare Nostrum”

di Gabriele Cruciata - 22/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Ormai da qualche tempo ci si domanda con frequenza- tra i social, i talk show e le aree di dibattito- se un’operazione tanto ingente e costosa sia davvero utile, o se essa sia piuttosto uno spreco (imponente) di denaro pubblico.

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173 milioni di euro. A tanto ammontano i costi dell’operazione Mare Nostrum, avviata il 18 ottobre 2013 dal Governo Letta. L’operazione militare ed umanitaria è iniziata all’indomani della tragedia che il 3 ottobre dello stesso anno vide morire oltre 300 migranti a ridosso delle coste italiane. Ormai da qualche tempo ci si domanda con frequenza- tra i social, i talk show e le aree di dibattito- se un’operazione tanto ingente e costosa sia davvero utile, o se essa sia piuttosto uno spreco (imponente) di denaro pubblico.

La risposta- così come del resto la domanda- è complessa, certo, ma si può probabilmente affermare che sì, l’operazione Mare Nostrum è utile. Certo non va a risolvere il problema: per quello occorrerebbe piuttosto una collaborazione tra Unione Europea e governi interessati al fenomeno dell’emigrazione (Nord dell’ Africa, Palestina, Siria, Bangladesh, Iran..); collaborazione che purtroppo stenta ad essere ricercata. Ma se è vero che è un’operazione che non risolve il problema alla radice, è vero anche che è significativo il numero di migranti salvato dai militari italiani. Più di 76mila persone in meno di un anno, secondo i dati della Marina Militare. 76mila potenziali vittime del mare (e dell’incredibile organizzazione malavitosa che lucra sul traffico di esseri umani) messe in salvo grazi ai fondi stanziati dal Governo. Mare Nostrum è dunque un’operazione efficace da un punto di vista umanitario, e lo è forse anche dal punto di vista giuridico. Non risolve il problema (e del resto mai ha avuto questa pretesa), ma certamente consente di assicurare alla giustizia numerosi scafisti, i quali- si badi bene- non sono altro che la punta di diamante di un sistema molto più complesso, intorno al quale ruotano interessi milionari. Ma rimane comunque un ottimo risultato.

È un’operazione che si avvale dell’utilizzo non solo di imbarcazioni- cinque in tutto- capaci di trasportare decine di persone al proprio interno, ma anche di droni grazie ai quali è possibile conoscere in anticipo gli spostamenti dei barconi, così da poterli intercettare in tempi molto più brevi. Rimane però un unico, grande problema, costituito dall’Unione Europea. Non mentono i politici e i giornalisti che nei giorni scorsi hanno denunciato una carenza di sussidi europei. Come scrive Fabrizio Gatti in un suo recente articolo per L’Espresso, l’Unione sembra aver abbandonato l’Italia a se stessa di fronte all’esercito di migranti che quotidianamente approda sulle nostre coste. Ad un’analisi un poco approfondita risulta immediatamente chiaro che l’Italia non è il punto di arrivo dei migranti, i quali sono per lo pià propensi ad utilizzare il nostro paese come un intercapedine tra il proprio Paese e quello di destinazione effettiva.

L’immigrazione italiana- come fa notare un autorevole saggio di Colombo e Sciortino, “Gli immigrati in Italia”- è più un’immigrazione passeggera che non stanziale. Ciò determina l’assoluta necessità di un intervento economico dell’Europa che fino ad oggi è stato a dir poco esiguo. Anche perché, se non si può (ma in realtà si può, come detto sopra) intervenire sull’arrivo dei migranti, si ha il dovere- morale, quantomeno- di intervenire sulla loro accoglienza e sulla loro salvaguardia. Ma questo non può certo gravare sulle tasche di un Paese che, in primo luogo,  merita un sostegno economico adeguato in tema di assistenza umanitaria in quanto membro di un’Unione teoricamente solidale, e che in secondo luogo non gode dei vantaggi di un’immigrazione stanziale, che sembra piuttosto caratterizzare Paesi quali la Francia o la Germania, i quali tuttavia percepiscono anch’essi fondi europei per la gestione degli immigrati