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Israele, terrorista "democratico"

di Michele Paris - 22/07/2014

Fonte: Altrenotizie

ISRAELE: IL TERRORISTA "DEMOCRATICO"

In un’intervista rilasciata nel fine settimana al network arabo Al Jazeera, il medico norvegese Mads Gilbert operante presso l’ospedale di Shifa, a Gaza City, si è chiesto “come sia possibile che il mondo permetta che gli israeliani possano prendere di mira la popolazione civile in un’area completamente isolata” dal resto del pianeta. Nella striscia di Gaza, prosegue il medico, “non esistono rifugi o sirene” e “la popolazione è fondamentalmente indifesa di fronte all’enorme potenza della macchina militare israeliana”.
Queste parole descrivono in maniera sommaria ma efficace lo svolgersi dell’ennesimo colossale crimine di guerra in maniera pressoché indisturbata da parte di un governo, come quello di Israele, composto in gran parte da fanatici sionisti con chiare tendenze fascistoidi e razziste e grazie al sostanziale appoggio dei governi occidentali e la connivenza o l’inerzia dei regimi arabi “moderati”.
I bombardamenti indiscriminati contro obiettivi civili avvenuti quotidianamente negli ultimi quattordici giorni e la distruzione seguita all’invasione di terra iniziata giovedì scorso nella striscia di Gaza sono infatti difficilmente descrivibili in maniera differente. Alle operazioni di guerra contro una popolazione inerme si deve aggiungere ora l’impossibilità per circa metà degli oltre 1,7 milioni di abitanti di Gaza di avere accesso ad acqua non contaminata, le lunghissime interruzioni di energia elettrica e la scarsità di carburante e medicinali in una situazione di gravissima emergenza umanitaria.
Proprio mentre il bilancio delle vittime palestinesi superava quota 500, il principale responsabile del massacro in corso, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, era impegnato su varie reti televisive occidentali a gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Ribaltando la realtà dei fatti e chiedendo in definitiva di non credere a ciò che le immagini dal Medio Oriente stanno mostrando al mondo intero, Netanyahu ha ribadito che la responsabilità per la morte dei civili a Gaza è esclusivamente di Hamas e degli altri gruppi islamisti che da qualche settimana lanciano razzi rudimentali contro Israele, senza avere peraltro causato danni significativi.
La condotta criminale israeliana e le menzogne di Netanyahu continuano a incontrare il consenso degli Stati Uniti e dei loro alleati. In una telefonata avvenuta nella serata di domenica, ad esempio, al termine della giornata finora più cruenta dall’inizio delle ostilità, il presidente Obama non avrebbe trovato nulla di più opportuno da comunciare al premier israeliano se non l’appoggio alla sua condotta e la condanna del lancio di razzi da parte di Hamas.
Lo stesso segretario di Stato, John Kerry, prima di volare in Egitto per lavorare a una tregua, sui network americani non si è discostato dalla posizione ufficiale dell’amministrazione Obama, descrivendo poi la strage nei territori palestinesi come una delle “cose che accadono durante una guerra”. Poco prima di un’intervista su FoxNews, però, la duplicità di Kerry e del governo USA è stata smascherata in un fuori onda nel quale l’ex senatore democratico, mentre parlava delle incursioni israeliane al telefono con un membro del suo staff, ha affermato: “Altro che operazione di precisione”, suggerendo che quella in corso non è altro che una strage deliberata di civili.
Ricorrendo alla consueta retorica orwelliana, anche il governo britannico ha dipinto Israele come vittima degli eventi. Il primo ministro David Cameron ha parlato cioè del “diritto di Israele a intraprendere azioni proporzionate per difendersi” dai missili provenienti da Gaza. Vista la realtà degli eventi in Medio Oriente, le affermazioni del premier conservatore e di molti altri leader occidentali potrebbero apparire comiche se non si innestassero su una situazione più che tragica come quella in corso.
Nessuno in buona fede, infatti, potrebbe nemmeno lontanamente equiparare una massiccia campagna di morte e distruzione messa in atto da una macchina militare appoggiata e finanziata dalla prima potenza del pianeta in un territorio isolato e impoverito al lancio di qualche centinaia di missili tutt’altro che sofisticati.
Tanto più, oltretutto, che l’azione di Hamas risulta di natura difensiva di fronte ad un assedio che rappresenta il culmine di decenni di violenze, abusi e prevaricazioni da parte di Israele. Nel caso specifico, inoltre, l’operazione “Margine Protettivo” in atto intenderebbe contrastare un lancio di missili da Gaza ripreso qualche settimana fa proprio come risposta disperata alla repressione israeliana nei confronti dei membri di Hamas dopo il rapimento e l’uccisione lo scorso mese di giugno di tre giovani israeliani, la cui responsabilità non è stata però ancora accertata.
L’impunità garantita ai criminali nelle forze armate e nel governo di Tel Aviv, nonché il contributo di giornali e televisioni ufficiali che fanno di tutto per nascondere le responsabilità di Israele, non possono comunque arrestare il progressivo e inevitabile isolamento internazionale dell’unica presunta democrazia mediorientale, quanto meno agli occhi dell’opinione pubblica se non di una classe politica occidetale in gran parte complice del massacro.
L’operazione militare in corso, poi, oltre a spiegarsi con motivi di natura politica - come il desiderio di scardinare il recente accordo tra Hamas e l’Autorità Palestinese per la creazione di un governo di unità nazionale - e strategica - l’appropriazione delle ingenti riserve di gas naturale al largo delle coste di Gaza - rivela soprattutto la crisi terminale del progetto sionista.
L’ennesima strage indiscriminata di civili palestinesi sull’onda dell’agitazione di politici e movimenti di estrema destra in Israele segna infatti il nuovo punto più basso toccato da un’élite senza più nemmeno un barlume di senso morale né di scrupoli democratici dopo decenni trascorsi a costruire uno stato fondato su violenza, occupazioni illegali, apartheid e punizioni di massa al limite del genocidio.
A Gaza, intanto, la cronaca ha registrato le prime vittime tra i militari israeliani nella giornata di domenica, quando 13 soldati sono caduti durante gli scontri con le forze di Hamas. La nuova giustificazione per l’offensiva in corso sarebbe ora quella di distruggere i tunnel che Hamas ha costruito al confine tra Gaza e Israele per effettuare incursioni nel territorio di quest’ultimo paese. Solo lunedì, i vertici delle forze armate israeliane hanno ucciso una decina di militanti della resistenza che stavano operando un blitz attraverso uno di questi tunnel.
L’inizio della settimana si è aperto poi con nuovi bagni di sangue tra i palestinesi innocenti. Nella città meridionale di Khan Younis si è verificato il singolo episodio più grave dall’inizio della guerra, con la morte di 26 palestinesi dopo il bombardamento di un solo edificio. A Rafah, località di confine con l’Egitto, sono stati invece 11 membri della stessa famiglia, inclusi 3 bambini, a perdere la vita sotto il fuoco israeliano.
Altro materiale per un’incriminazione per crimini di guerra dei vertici politici e militari a Tel Aviv si è accumulato sempre lunedì, dopo che l’artiglieria israeliana ha colpito l’ospedale Martiri di Al-Aqsa facendo almeno 4 vittime e una settantita di feriti, tra cui alcuni membri del personale medico.
Nel frattempo, domenica alle Nazioni Unite il Consiglio di Sicurezza aveva espresso “seria preoccupazione” per il rapido aumentare del numero di morti tra i civili a Gaza, chiedendo inoltre un cessate il fuoco immediato ma senza mettere assieme una vera e propria risoluzione. Una riunione di emergenza del Consiglio è prevista per mercoledì dietro richiesta di Egitto, Palestina e altri paesi arabi.
Da parte sua, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, aveva avuto parole insolitamente dure per il governo israeliano, definendo “atroce” l’operazione di domenica nella località di Shejaiya, a Gaza City, dove le vittime sono state più di 60 sulle 120 totali della giornata, tra cui decine di donne e bambini.
Lo stesso Ban si trova in Medio Oriente per cercare di negoziare assieme a Kerry una tregua dopo che quella proposta settimana scorsa dall’Egitto era stata inevitabilmente respinta da Hamas. In quell’occasione, il regime del presidente Sisi - responsabile anch’egli del massacro di oltre mille sostenitori dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è la versione palestinese - aveva preparato una proposta di tregua con Israele e il cosiddetto “inviato speciale” del Quartetto per il Medio Oriente, il criminale di guerra ed ex premier britannico Tony Blair, senza consultare né prendere in considerazione nessuna delle legittime richieste di Hamas.
Come aveva rivelato l’immediata accettazione della tregua da parte di Netanyahu, l’iniziativa non era nient’altro che un inganno, dal momento che serviva unicamente a provocare il rifiuto di Hamas e a legittimare la successiva escalation militare israeliana.