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L’altra Europa

di Giovanni Pucci - 30/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Qui si parla, per usare le parole del filosofo-poeta di una 'patria dei figli'. Di un'Europa mai vista, che va dalle sponde iberiche bagnate dall'Oceano (che venne sfidato da un europeo alla ricerca di un Nuovo Mondo, sull'eterno esempio di Odisseo, di Enea, di Marco Polo) fino alle steppe siberiane, abitata da cento popoli fieri delle proprie identità e consapevoli di vivere in una grande casa comune.

Eurozone Debt Crisis - General Imagery

All’orizzonte politico attuale si va delineando con nitidezza sempre maggiore un concetto; quello dell’identità. Un’identità che viene urlata contro i ‘burocrati di Bruxelles’, che viene invocata contro l’onnipresenza dello Stato, sbandierata come panacea ai mali della globalizzazione. Quasi sempre tutti questi atteggiamenti non vanno oltre posizionamenti di facciata e non incidono sul nocciolo della questione. Che è quello di capire, formarsi e provare ad inverare nel concreto e nel vissuto gli assiomi che appartengono all’identità che diciamo nostra. E già troviamo il primo intoppo: quale sarebbe la nostra identità? La domanda è mal posta, direbbe qualcuno. Il corretto quesito da porsi è: quale deve essere la nostra identità? La distinzione non è peregrina. Si tratta infatti di una precisa scelta cosciente, tra le molteplici possibilità, in funzione del progetto futuro che si vuole realizzare. Strano? No, nient’affatto. Cosi come nella vita di ciascuno di noi ci sono state occasioni in cui ci siamo comportati con coraggio ed altre vigliaccamente, volte nelle quali siamo stati onesti e generosi e altre nelle quali ci siamo comportati in modo abietto ed anche in funzione di queste esperienze passate calibriamo il nostro comportamento futuro, così in un progetto, che sarà così preminentemente politico, la volontà discegliere (ed è questo il verbo fatale) a cosa rifarsi costituirà il tratto distintivo dell’identità futura, tutta da costruirsi.

Così come non ci si può bagnare due volte nelle stesse acque di un fiume, ma allo stesso tempo il fiume rimane sempre lo stesso, ciò che s’invererà non potrà mai essere una mera fotocopia del passato (cosa impossibile e non auspicabile) ma sarà una creazione del tutto nuova, che edificherà nel presente con le pietre ideali estratte nel passato che facciamo nostro. In mondo globale, connesso 24 ore su 24, con spostamenti di merci, uomini e capitali in tempo zero, con un processo di continentalizzazione ogni giorno più marcato, dove non c’è una cultura che soppianta le altre ma semplicemente una non-cultura che le distrugge tutte, ed impone dal Polo Nord al Sahara Mc Donalds, basic english, liberalismo e parlamentarismo, va creato l’unico antidoto possibile a tutto ciò. Un farmaco antico quanto la parola stessa: Europa.

Una parola che attualmente, specialmente negli ambienti antagonisti, gode oggi di ben poca simpatia. Non importa, anzi. Ovviamente non si sta qui parlando di quella istituzione che sta sotto la sigla Ue. Qui si parla, per usare le parole del filosofo-poeta di una ‘patria dei figli’. Di un’Europa mai vista, che va dalle sponde iberiche bagnate dall’Oceano (che venne sfidato da un europeo alla ricerca di un Nuovo Mondo, sull’eterno esempio di Odisseo, di Enea, di Marco Polo) fino alle steppe siberiane, abitata da cento popoli fieri delle proprie identità e consapevoli di vivere in una grande casa comune. Un’Europa solcata nelle nebbie della notte dei tempi, dai nostri progenitori indoeuropei che usciti dalle brume dell’ultima glaciazione arrivarono sino alla valle dell’Indo, costruendo l’ossatura dell’organizzazione umana che per alcuni tratti dura ancora adesso. Un’Europa abitata dagli incessanti navigatori greci che distinguevano tra ‘vivi, morti e quelli che vanno per mare’, da Romolo che non si accontenta di essere un pastore in un villaggio di pastori e fonda una Città che governerà tutto il mondo conosciuto, da Alessandro il Grande che si trascina dietro interi popoli, fondando nuove città, fino ai confini dell’India animato solo dalla sete di vedere ‘cosa c’è dopo’. Un’Europa conscia dell’operato del legislatore romano e della necessaria riforma autoritaria di Cesare prima della pax augustea, un’Europa rinata sotto il segno dell’aquila imperiale che portava ordine e tutela dei particolarismi all’interno dell’armonia dell’Impero, un’Europa attraversata dagli eserciti napoleonici, dove ufficiali poco più che ventenni seguivano un uomo che aveva già immaginato questo sogno, un’Europa febbricitante per la passione dei socialismi e dei Risorgimenti, un’Europa delle Rivoluzioni Nazionali che proverà ad alzare ancora la sua insegna prima di schiantarsi nel fuoco del secondo conflitto mondiale. Stiamo parlando di un progetto che dovrà articolarsi in decenni ed incontrerà infinite resistenze, dentro e fuori il territorio sul quale dovrà inverarsi. Una visione immensa ed ai limiti dell’irrealizzabile.