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Europa e guerre

di Francesco Mario Agnoli - 18/08/2014

    Non è una partita di calcio. Non si tratta di fare il tifo per Israele o per Hamas. Si tratta invece della mattanza di civili innocenti, fra questi un altissimo numero di donne e di bambini, cagionati dalle bombe che Israele fa piovere sui palestinesi dal cielo, dalla terra e dal mare. Bombe che non pretendono nemmeno più di essere intelligenti (quanto meno si può dire: bando alle ipocrisie umanitarie) e centrano indiscriminatamente case di civile abitazione, ospedali, ambulanze e scuole, comprese quelle gestite direttamente dall'ONU.

   Per questo, non perché tifano per Hamas, Papa Francesco e Ban Ki-Moon hanno chiesto l'immediata sospensione dei bombardamenti.  L'Italia e l' Unione europea si associano a parole, ma non hanno nemmeno il coraggio di dare un segnale concreto, per quanto modesto, richiamando i propri ambasciatori in Israele, come invece ha fatto il Brasile. Di sanzioni economiche o di qualche provvedimento a carico dei collaboratori più stretti di Netanyhau nemmeno a parlarne.

     Si obietterà che in politica estera la prudenza non è mai troppa e che le sanzioni a carico di Israele e dei suoi generali potrebbero passare per una presa di posizione a favore di Hamas. Potrebbe anche essere giusto se non fosse che nell'affare del Boeing malese abbattuto in Ucraina ci si è comportati all'opposto. Gli europei, uniti e compatti come un sol uomo agli ordini di Obama, non hanno avuto esitazioni e hanno votato sanzioni a carico della Russia e di molti dei principali collaboratori di Putin nonostante non si sappia ancora nulla di certo sulle responsabilità dell'abbattimento, che potrebbe essere benissimo dei militari di Kiev (secondo molti osservatori indipendenti  è l'ipotesi più verosimile - e comunque, dopo tutte le ormai conclamate menzogne e le mai trovate  “pistole fumanti” degli ultimi decenni, la credibilità degli USA dovrebbe stare a zero -).

     D'accordo. Per Israele molti singolari comportamenti vanno attribuiti alla cattiva coscienza degli occidentali (che però i propri peccati li fanno scontare ad altri) e quanto alla Russia si tratta pur sempre del maggiore (con la Cina) concorrente e rivale degli Usa e si può comprendere che questi (non gli europei) approfittino di ogni occasione per metterla in difficoltà. Vi sono però situazioni di cui  gli Usa e gli europei sono gli esclusivi responsabili senza  una Russia o altri colpevoli immaginari su cui scaricare le proprie colpe. La guerra in Iraq è stata voluta e condotta dagli Usa col pretesto di eliminare il pericoloso terrorista Saddam e le sue presunte armi chimiche.  La cosiddetta primavera araba siriana, tuttora in corso, è stata appoggiata e finanziata dagli stessi  Usa e dagli europei. A chi obiettava, lamentando le centinaia di migliaia di morti e i milioni di profughi, si è risposto con la minaccia del terrorismo e l'onnipresente, minacciosa ombra di Al-Qaida. Il risultato è stata l'instaurazione, in un vasto e ricco territorio fra Iraq e Siria, dei super-terroristi di un cosiddetto califfato, che, ciliegina sulla torta,  ha  dato inizio ad una feroce persecuzione dei cristiani e dei musulmani eretici (sciti e simili).

   Anche in Libia la Russia non c'entra nulla. Qui la liberazione del popolo dal tiranno Gheddafi è stata voluta dal francese Sarkozy e dall'inglese Cameron, col compiacente, indispensabile nulla osta di Obama (Berlusconi in seconda fila, troppo debole e compromesso per opporsi, come avrebbero voluto gli interessi dell'Italia, e perfino per rifiutare il ruolo di complice). Adesso la Libia è in fiamme (non solo in senso figurato, perché saltano e bruciano le raffinerie e i depositi di petrolio) ed è l'ennesimo paese di quell'area in preda ad una furibonda guerra civile, che costringe americani ed europei ad una precipitosa fuga dal paese al quale dicevano di volere assicurare i benefici della democrazia e della libertà.

     Un mondo in fiamme, che riversa sulle coste dell'Europa centinaia di migliaia di profughi.

   Visti i risultati e riducendo ai minissimi termini del pollaio italo-europeo un problema che ha invece, anche se in negativo, le grandiose dimensioni dei fenomeni epocali, suscettibili di cambiare il corso della storia, vale davvero la pena che Renzi si dia tanto da fare per avere la Mogherini ministro degli esteri dell'Europa? La Mogherini sarà anche bravissima (nessuno ne sa nulla, meno di tutti quelli che non la vogliono dicendola amica del Cremlino e di Putin), ma è il ruolo che non conta un fico secco (a meno di non tenerci a qualche telefonata, se non proprio di Obama, di Kerry) e l'esperienza insegna che quando conta è per il peggio.