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Capitalismo finanziarizzato contro tutti

di Eugenio Orso - 18/08/2014

Fonte: Pauperclass

 

Questa mattina ho letto sul forum di ComeDonChisciotte un articolo di Guido Viale, tratto da Il Manifesto [http://ilmanifesto.info/], dal titolo suggestivo di Warfare vs. Welfare. Di seguito il link:

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=73716.

Articolo interessante, ben scritto, apparentemente di opposizione, ma ipocrita nella sostanza come tutte le elaborazioni della sinistra postcomunista che ha ingurgitato liberalismo in dosi massicce.  

Indubbiamente, dare i soldi (e quote sempre più grandi del prodotto) al capitale finanziario privato, come scrive Viale, significa alimentare, oltre che le disparità sociali con la sistematica distruzione del welfare, anche i numerosi conflitti armati dell’epoca, di conquista e di dominazione. Le solite tiritere di una sinistra trasformista, fagocitata da un neoliberalismo propagandistico e cialtrone nei suoi apparati culturali e politici, si nascondono neppure troppo bene nell’articolo di Viale. Una sinistra infame, serva del neocapitalismo fino al midollo, adusa al doppio linguaggio, che cerca di far passare tesi come la seguente: << Quella cul­tura e quelle poli­ti­che da ragio­nieri, gestite dalle isti­tu­zioni dell’Unione Euro­pea di cui i Governi degli Stati mem­bri, soprat­tutto nella zona euro, sono meri ese­cu­tori, hanno aperto una vora­gine tra l’ideale dell’Europa unita e la difesa, sem­pre più debole, delle con­di­zioni di vita della mag­gio­ranza dell’elettorato.>>  (G. Viale, nel citato articolo)

Si vuole suggerire subdolamente, turlupinando il popolo bue “mentecattizzato” riducibile in ogni momento a elettorato, che un’altra Europa è possibile (lista Tsipras e affini), che le politiche europoidi contro le popolazioni e le classi dominate si possono correggere, che questa meravigliosa democrazia, ma soprattutto le istituzioni europoidi possono essere mantenute in vita, preservate in secula seculorum scongiurando il “pericoloso” ritorno alla sovranità assoluta degli Stati. Basterebbe cambiare un po’ di cose, senza prendere la Bastiglia con le armi, e naturalmente aumentando le briciole di pil da gettare ai lavoratori, ai pensionati, agli studenti, esattamente come il granone che si lancia ai piccioni (destinati comunque allo spiedo).

La menzogna del riformismo “radicale” (Toni Negri), e quella di un’altra Europa possibile (Alexis Tsipras e Barbara Spinelli come promoters), continuano a imperversare contro ogni evidenza e trovano i loro principali veicoli nell’infame sinistra euroserva. In ciò, gli apostati del comunismo immemori della sostanza della lotta di classe e del vero pensiero di Marx, non sono diversi dalla palude collaborazionista piddina, dichiaratamente liberista (“fiducia” nel mercato e totale sottomissione ideologica), che aderisce in blocco al neoliberalismo. Nel caso di Rienzi, si millanta la possibilità di utilizzare i (risicatissimi) margini di flessibilità che sarebbero già previsti nei trattati europei. Un “miracolo”, questo, (e che tale resterà, senza esiti concreti) da compiersi nel semestre italiano di presidenza del consiglio europide. A livello interno, nel frattempo, c’è stata la super-pubblicizzata elemosina elettorale degli ottanta euro (il granone che si getta ai piccioni, destinati allo spiedo). Nel caso della sinistra alla manifesto e simili (rifondazione, fiom, parte di sel, qualche altro nanetto superstite) il miracoloso rimedio da adottare sarebbe rivedere i trattati, riformarli, cambiarli: << … si mol­ti­pli­cano i ver­tici sui decimi di punto di sfo­ra­mento del defi­cit da con­ce­dere ai governi di paesi ormai al col­lasso per via di vin­coli ben più sostan­ziosi impo­sti da debiti e trat­tati inso­ste­ni­bili che non ven­gono messi in discus­sione (una rie­di­zione del dibat­tito sul sesso degli angeli che impe­gnava i gover­nanti di Bisan­zio men­tre i Tur­chi la sta­vano espu­gnando) …>>  (G. Viale, nel citato articolo)

E’ persino scontato che la “messa in discussione dei trattati europei” è una chimera evocata per ragioni di consenso (e di voto liberaldemocratico), essendo chiarissimo che mantenendo questo impianto di potere sopranazionale europoide – a partire dall’eurozona – non vi potrà mai essere un’inversione di tendenza nei rapporti di forza fra il lavoro e i popoli, da una parte, e il capitale finanziario dall’altra. Infatti, i trattati europidi sono vincolanti e senza una vera flessibilità proprio per operare un gigantesco e (come sperano gli euroglobalisti) irreversibile spostamento di quote di pil dal lavoro al capitale finanziario, da imporre agli stati nazionali firmatari. Se questa è la finalità neocapitalistica dei trattati, non ci sono reali margini di flessibilità al loro interno né può esistere la possibilità concreta di “riformarli”, cioè di “diluirli” e “addolcirli” per far digerire la pillola ai lavoratori e al popolo. L’impianto di potere europoide funziona benissimo così, per gli scopi che persegue, e tutti coloro che lo subiscono possono solo combatterlo e distruggerlo, non certo “sfruttare spazi di flessibilità” nei suoi interstizi o “riformarlo radicalmente”, partendo dai trattati, ma tenendolo comunque in piedi. Queste cose le sanno sia il “sinistro” giullare delle oligarchie del denaro, Matteo Renzi, sia i sinistri “radicali” che millantano opposizione, ma rigorosamente democratica, alle politiche eurounioniste per nascondere (a differenza di Renzi) la loro sostanziale adesione alle logiche del capitalismo finanziarizzato. Logiche che prevedono, fra l’altro, l’affermazione di centri di potere sopranazionali, la distruzione della sovranità degli stati, e su altri versanti il “politicamente corretto”, le “battaglie” per i diritti umani-civili e delle minoranze (ipocrisia tipicamente liberale e libertaria per “distrarre” e idiotizzare le popolazioni).

A parte la riproposizione di temi tanto cari alla cosiddetta sinistra radicale e al manifesto, ricordati di sfuggita in precedenza, l’articolo di Guido Viale lancia come un monito l’allarme della guerra che avanza, ai confini dell’Europa (e già dentro l’Europa, se consideriamo il caso ucraino), prevedendo conseguenze severe anche per noi: <<Le con­se­guenze non tar­de­ranno a farsi sen­tire. Per­ché quei paesi in fiamme hanno molto peso nell’approvvigionamento ener­ge­tico dell’Europa, e la potreb­bero por­tare al col­lasso. Per­ché tutto il con­ti­nente verrà inve­stito sem­pre più da flussi di pro­fu­ghi di dimen­sioni bibli­che: oggi si trova inso­ste­ni­bile l’arrivo di qual­che decina di migliaia di dere­litti, che pagano la loro fuga con un pesan­tis­simo tri­buto di morte, senza ren­dersi conto che i pro­fu­ghi pro­dotti dalle guerre che ormai cir­con­dano l’Europa sono milioni…>>

E’ ovviamente vero che i conflitti intorno all’Europa (e dentro i suoi confini) si ripercuoteranno sull’intero continente con riflessi negativi, e financo drammatici, ma nell’articolo Viale non individua con chiarezza i responsabili di un tale disastro, e cioè la sua sorgente neocapitalistica che determina la stessa ”architettura” unionista europoide, limitandosi a stigmatizzare genericamente l’<<espansionismo della Nato (cioè degli Stati Uniti, verso cui l’Unione Euro­pea mostra sem­pre più la pro­pria sud­di­tanza) …>>. Con il chiaro intento di non mettere in discussione fin dalle fondamenta l’unionismo nuovo-capitalistico, voluto dalla grande finanza che alimenta il warfare in corso, per continuare a sbandierare in salsa radical-riformista, come fa la sinistra ipocritamente, l’”ideale europeo” sopranazionale.

Se la guerra, quella combattuta con le armi, si avvicina a noi, se lo stato di guerra rischia di diventare permanente, allora ci vuole (viva dio!) una revisione culturale e soprattutto dei concetti di democrazia e lavoro, per raggiungere la (mitica, irrealizzabile, ma oggetto di culto peloso per la sinistra) “democrazia integrale”, da estendere, si presume, a tutto il vecchio continente unionista e poi a tutto lo spazio globale. Siamo sempre alla bufala di un’altra Europa possibile, mantenendo in vita gli organismi sopranazionali e l’euro. Scrive infatti G. Viale: <<È solo facen­dosi pro­ta­go­ni­sta di una lotta poli­tica e cul­tu­rale per que­ste forme di demo­cra­zia inte­grale che l’Europa, cioè i suoi popoli, pos­sono offrire al resto del mondo, e innan­zi­tutto a chi abita ai suoi con­fini, una pro­spet­tiva di pace e di soli­da­rietà che ne fac­cia un modello. E che pro­spetti una strada per sot­trarsi a quello stato di guerra per­ma­nente …>>  

Peccato che la “democrazia integrale” non sia che un espediente propagandistico, neppure troppo definito, per non dover mettere in discussione, dalle fondamenta, l’unionismo europide, e di conseguenza i processi neocapitalistici che l’hanno generato e tenuto a battesimo. Come un animale mitologico e immaginario, la chimera della <<democrazia integrale>> (da estendere agli spazi globali dopo aver fatto fuori stati e nazioni sovrane) non esiste in natura. Esiste invece lo sfruttamento integrale del lavoro, difficile ormai da nascondere, come sanno anche i sinistri “radicali”. Al punto che Viale scrive: << Ma demo­cra­zia e lavoro si intrec­ciano ine­stri­ca­bil­mente. Non il lavoro nelle forme coatte in cui esso si eser­cita oggi in tutto il mondo; cioè emar­gi­nando e depri­mendo salute, vita, desi­deri, capa­cità e crea­ti­vità di chi lo svolge …>>

La verità è che oggi il capitalismo finanziarizzato, espressione dei soli interessi privati della classe globale dominante, è all’attacco contro tutti combattendo fino in fondo la sua guerra, senza scrupolo alcuno e senza alcun residuo di umanità. Combatte contro di noi da posizioni di forza (economica e politica), deprimendo i redditi popolari, facendo evaporare il lavoro e distruggendo il sociale. Combatte contro le popolazioni africane e asiatiche e i loro governi, fomentando conflitti distruttivi, di sterminio di  massa, che frantumano gli stati fino al loro “fallimento”, anziché unirli nel cosiddetto spazio globale.

L’esempio che da e che darà l’Europa, prigioniera dell’unione, è quello di un’entità neocapitalistica che si allinea e supporta senza fiatare queste strategie, nonostante le baggianate propagandistiche che ci propina la sinistra euroserva. Perciò, il primo passo per una futura liberazione (oggi più che mai in forse) è quello di distruggere la sinistra euroserva e neoliberista, in tutte le sue molteplici e ingannevoli sfaccettature, in Italia come nel resto d’Europa.