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Afghanistan: quell'altro "Grande Gioco" meno conosciuto

di Daniele Scalea - 18/08/2014

Fonte: huffingtonpost


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AFGHANISTAN

L'Afghanistan è un paese che, dal settembre 2011, ha guadagnato una diffusa (ma purtroppo non positiva) notorietà in tutto il mondo. Oggi il lettore medio di un quotidiano ne ha una cognizione di massima, ma sia lui sia probabilmente molti addetti ai lavori sanno poco della storia dell'Afghanistan. Difficilmente conosceranno più d'un paio di episodi: il "Grande Gioco" ottocentesco, quando gli imperi russo e britannico si contesero l'influenza sull'Asia Centrale, e l'invasione sovietica degli anni '80 del secolo scorso. Tra l'accordo anglo-russo del 1907 e l'invasione sovietica del 1979, molti avranno un buco nero nella conoscenza della storia afghana.

A colmare almeno parzialmente questa lacuna interviene, ora che mancano pochi mesi a un momento di svolta per la storia contemporanea afghana (il ritiro dell'ISAF), il nuovo libro di Eugenio Di Rienzo, storico modernista della Sapienza, dal titolo Afghanistan: il Grande Gioco, edito da Salerno.

Contrariamente a ciò che potrebbe far pensare il titolo, l'opera ripercorre in maniera sintetica (150 pagine) ma ampiamente documentata la vicenda dell'Afghanistan nella politica internazionale tra il 1914 e il 1947. È il periodo cruciale tra l'inizio della Prima Guerra Mondiale e l'esaurirsi degli ultimi strascichi della Seconda Guerra Mondiale verso l'alba della Guerra Fredda. È una fase in cui la competizione tra Mosca e Londra per il controllo dell'Afghanistan, malgrado l'accordo del 1907, l'alleanza anti-tedesca nelle due guerre mondiali, il cambio di regime in Russia, è sottotraccia ma lungi dall'essere svanita. La Germania, sia essa retta dal Kaiser, dal parlamento di Weimar o dal Führer, in questo periodo mobilita la sua diplomazia per stringere rapporti amichevoli con Kabul, con l'obiettivo precipuo di uscire dall'isolamento, ingraziarsi le genti musulmane, minare l'impero britannico sull'Asia Meridionale. Anche l'Italia s'interessa al paese centrasiatico, percepito come estensione del Vicino Oriente su cui Roma nutre mire non troppo nascoste. Più tardivamente, anche Giappone e USA s'affacciano sul "Grande Gioco" afghano.

È in tale contesto che deve muoversi la diplomazia dell'Afghanistan tra le due guerre mondiali: stretto tra i famelici imperi russo e britannico, tra i pochi Stati non europei sfuggito al colonialismo, corteggiato dalle potenze mondiali desiderose di sfruttarlo l'una contro l'altra.

Grandi protagonisti afghani di quest'epoca sono Amānullāh Khān e Mohammed Zahir Sha. Assurto al trono nel 1919, Amanullah decide di sfruttare il difficile momento di Mosca (ancora alle prese con la guerra civile) e di Londra (appena uscita vittoriosa ma stremata dalla Grande Guerra) per liberarsi dal protettorato che quest'ultima ha sull'Afghanistan, in virtù del quale Kabul è costretta a passare attraverso i Britannici per i suoi rapporti con l'estero. Con un ardito attacco a sorpresa contro le truppe britanniche in India, Amanullah riesce a riconquistare la piena indipendenza dell'Afghanistan. Avvicinatosi alla Russia sovietica in funzione anti-colonialista, Amanullah lancia il primo grande programma di riforme modernizzatrici in Afghanistan: riforme che, in un'anticipazione di quanto avvenuto anche in epoca più prossima a noi, fanno infuriare i potentati tradizionali - laici e religiosi - del paese suscitando un'estesa rivolta. Nel 1929 Malik (re) Amanullah è infine rovesciato dalle tribù conservatrici guidate da Habibullāh Kalakāni e costretto all'esilio (passato per lo più in Italia).

Il regno del "servo della religione del Profeta di Dio", come si fa chiamare una volta preso il potere, è però effimero. Dopo pochi mesi Habibullāh Kalakāni è rovesciato dal Generale Mohammed Nadir Khān, appoggiato dai Britannici. All'assassinio di Nadir, nel 1933, il trono passa a Mohammed Zahir Sha, il cui regno durerà quarant'anni. Formalmente la politica di Zahir Sha è di equidistanza tra Mosca e Londra, anche se nei fatti si rivela alquanto mutevole, propendendo generalmente a favore della Gran Bretagna (motivo per cui l'Italia appoggia a lungo Amanullah, deciso a contendere il trono al suo nuovo occupante), ma nel corso della guerra si avvicina alla Germania ogni qual volta le sorti belliche sembrano arridere al Reich.

L'equilibrismo diplomatico di Kabul e le manovre delle grandi potenze sono magistralmente narrate nell'opera di Eugenio Di Rienzo segnalata in apertura.