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Isis ovvero Occidente contro Occidente

di Antonio Caiazzo - 08/09/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


E se invece, come ci ricordano A.Margalit e I.Buruma nel loro saggio “Occidentalismo”, non si trattasse tanto di una semplice storia manichea di una civiltà contro l’altra quanto piuttosto: «Di una contaminazione incrociata di cattive idee»? E se «il quadro disumanizzato dell’Occidente che tratteggiano i suoi nemici» che prende appunto il nome di “occidentalismo” abbia la propria origine nel seno stesso cultura occidentale? Non sarebbe giunto quindi, il momento, per l’intero Occidente di guardasi allo specchio senza indulgenze e di assumersi le proprie responsabilità?

occidente-oriente

La nascita di Al-Quaeda prima, di Isis poi, è letta da parte dei media e dalla cultura di massa occidentale come storico «scontro di civiltà»: tra l’orda dei barbari sanguinari che attendono gaudenti l’ora del sacrificio estremo alla “frontiera dell’impero” e “la santa alleanza” (America, Inghilterra, Europa) civilizzatrice esportatrice di pane, democrazia e uguaglianza. Siamo sicuri che si tratti realmente di ciò? E se invece, come ci ricordano A.Margalit e I.Buruma nel loro saggio “Occidentalismo”, non si trattasse tanto di una semplice storia manichea di una civiltà contro l’altra quanto piuttosto: «Di una contaminazione incrociata di cattive idee»?  E se «il quadro disumanizzato dell’Occidente che tratteggiano i suoi nemici» che prende appunto il nome di “occidentalismo” abbia la propria origine nel seno stesso cultura occidentale? Non sarebbe giunto quindi, il momento, per l’intero Occidente di guardasi allo specchio senza indulgenze e di assumersi le proprie responsabilità?

                       

Genesi dell’Occidentalismo.

Margalit e Buruma, focalizzano l’attenzione in modo particolare su due eventi fondamentali della cultura e della storia europea: l’Illuminismo e il Romanticismo, quest’ultimo è inteso come rivolta intellettuale ai valori razionalistici portatori di progresso ispiratori della rivoluzione francese, attraverso la nostalgica riesumazione di nozioni religiose come l’innocenza, la caduta, la redenzione, il restauro cioè di un passato perduto a causa dell’intossicazione civilizzatrice. L’occidentalismo nasce quindi nello stesso Occidente, dalla “mente occidentale”, in particolar modo nella Germania di Herder e Schelling passando per Jünger e Spengler fino al nazismo, in Russia con gli slavofili e in seguito con Tolstoj: «Credo che il popolo russo, il meno civilizzato di altri, ovvero il meno corrotto intellettualmente […] sopratutto i contadini, capiranno infine quali siano i mezzi per ottenere la salvezza» e Dostoevskij: «Ciò che è veramente nostro è estraneo all’Europa». La cosa interessante però, è come nel loro saggio i due scrittori non si limitino a mettere in luce il contrasto Illuminismo-Romanticismo, ma spieghino come la particolare commistione di questi due movimenti abbia sviluppato a una vera e propria “intossicazione da Occidente” che si è diffusa in tutto il Medio-Oriente e nell’Asia, e che non si concretizza semplicemente in un netto rifiuto della modernità a favore della tradizione (solo gli ingenui fautori dello scontro di civiltà come Huntington possono credere), bensì in una sorta di rivisitazione, in un vero e proprio aufhebung, un superamento che abolisce, ma allo stesso tempo conserva la modernità (es. Isis è contro la civilizzazione occidentale, ma e gira e diffonde video via internet in cui decapita i prigionieri, bin Laden era un ingegnere civile, Mohamed Atta si era laureato al Cairo in architettura prima di scrivere la sua tesi al politecnico di Amburgo) sviluppando così tutta una seria di figure ibride come quella del martire suicida (la tradizione musulmana giustifica la guerra di religione per la difesa dello stato islamico, ma non prevede la glorificazione della morte fine a se stessa, il martire musulmano o shahid  deve avere motivazione pure per lui non c’è gloria né paradiso nell’uccisione di civili innocenti) e prima ancora nel Giappone della seconda guerra mondiale il  kamikaze o Tokkotai, (che nulla a che fare con il rituale del suicidio del samurai). In entrambi i casi si tratta di un capovolgimento dell’Occidente contro l’Occidente, nello specifico si possono individuare alcuni punti chiave dell’ideologia occidentalista.

  ̶  La città occidentale. Si sono spesi fiumi d’inchiostro per spiegare le ragioni dell’attacco al World Trade Center, ma la verità è sempre più semplice di quel che si crede, in questo caso tremendamente più semplice: «Le torri gemelle rappresentavano il simbolo del potere e della viltà degli stati uniti, del dominio imperiale globale e capitalista, di New York City, la nostra Babilonia […] l’antico mito della distruzione della città del vizio». (Margalit, Buruma) Anche quest’idea ha origini nel nostro emisfero, il rifiuto del secolarismo, del capitalismo, dell’individualismo più sfrenato, del culto del denaro, era già presente nelle satire di Giovenale sull’antica Roma, la metropoli occidentale vista come crogiolo peccaminoso di cupidigia, ateismo, cosmopolitismo riecheggia anche nelle poesie di Eliot, Lev Trockij definì la storia del capitalismo: «Come vittoria della città sulla campagna». Non è un caso quindi che: «Il primo gesto simbolico, e orribilmente reale, di violenza, dopo la caduta di Kabul, fu la tortura dell’ex-presidente Najibullah […] I talebani gli tagliarono i testicoli trascinarono il suo corpo martoriato con una jeep. Dopo averlo ucciso appesero il cadavere a un lampione stradale e, a riprova della sua perversa corruzione cittadina gli riempirono le tasche di monete». (Margalit)

̶  Eroi e mercanti/La mente occidentale. Il moderno culto della morte e la vuota retorica dell’eroico sacrificio di sé ossessivamente ripetuta nei video di Al-Quaeda e di Isis, hanno origini nello stesso illuminismo tedesco, il filosofo Thomas Abbat durante la guerra dei sette anni nel saggio Morire per la terra natia scriveva: «Il piacere della morte che richiama la nostra anima come una regina dalla prigione e infine dona il sangue delle nostre vene alla patria sofferente, la quale bevendolo può vivere ancora». L’esaltazione del gesto eroico, non era altro che: «La risposta tedesca alla superiorità dell’esercito napoleonico e alle pretese universalistiche della civiltà francese» (Margalit). La superiorità della Kultur tedesca si esprimeva appunto nella disciplina marziale, sacrificio di sé, eroismo. Tuttavia è solo durante il primo conflitto mondiale che si consolida la dicotomia occidentalista mercante/eroe, il sociologo W. Sombart sosteneva in un suo saggio intitolato: Mercanti ed eroi(Händler und Helden) che la Germania era il paese degli eroi pronti al martirio per una causa nobile opponendo tale Kulturkampf alle idee definite “occidentali” proprio per rilevarne la distanza dallo spirito tedesco. La mentalità occidentale è mentalità mercantile cioè una Weltanschauung piccolo-borghese attaccata in modo patetico alla vita, al Komfortismus. E che dire del filosofo/eroe di guerra E. Jünger il quale  nel saggio Avvicinamenti: droghe ed ebrezza sosteneva: «Ogni piacere esiste grazie alla mente, e ogni avventura grazie alla morte che le volteggia attorno». I libri di Jünger, Spengelr e di altri intellettuali tedeschi ebbero una forte influenza sui circoli musulmani (AL-e Ahmed eminente intellettuale iraniano fu uno dei suoi più grandi traduttori). In Giappone la maggior parte dei Tokkotai non erano militaristi convinti bensì studenti di dipartimenti umanistici: «Fra i filosofi tedeschi preferivano Nietzsche, Hegel, Fichtie […] fra gli scrittori Mann, Schiller, Goethe, Hesse […] Questi giovani erano patrioti e idealisti, spesso diffidavano della propaganda militarista. Beninteso, il capitalismo occidentale e l’imperialismo erano visti come nemici, ma per articolare e motivare il loro sacrificio e il loro idealismo ricorrevano a idee occidentali».(Margalit, Buruma) È perciò pura casualità che bin Laden affermasse: «Il problema degli americani è costringere i soldati a combattere, mentre il nostro problema è trattenerli […] la morte è verità, destino ultimo, la vita finisce comunque», non direi.   

 Occidentalismo e Nichilismo.

Da quando detto si può intuire come sia, l’occidentalismo (es. Isis) sia “il colonialismo civilizzatore”                   (es. USA) rappresentino in realtà due facce della stessa medaglia: in altre parole l’intossicazione da Nichilismo che pervade globalmente e in maniera capillare il pianeta. Isis con il suo fanatismo religioso, in realtà è l’incarnazione vivente di quello che Nietzsche definisce “nichilismo incompleto”, il quale distrugge i vecchi valori, ma pensa ancora i nuovi valori in termini fideistici-metafisici (es. la retorica del paradiso come premio per il martire) e che dal punto strettamente politico si realizza nel nazionalismo (es. Israele o la Nord Korea). L’Occidente, in particolar modo l’America invece incarna perfettamente “il nichilismo completo” o “nichilismo della forza” il quale si esercita come forma violenta di distruzione, cioè distrugge tutti i valori vigenti, in nome dei propri, in questo caso il valore assoluto della forma merce e la santificazione delle leggi di mercato.  L’Occidentalismo quindi rappresenta un vero e proprio stato patologico, una “malattia mortale” che attanaglia e mostra i suoi effetti più virulenti all’interno delle stesse società occidentali: alienazione, frustrazione, disinteresse per la sfera pubblica, chiusura nella sfera della vita privata, nel Komfortismus, indifferenza, ecc… sono soltanto sintomi di una vita che viene sempre più percepita come banale, grigia, priva di scopo e che aspetta solo la possibilità di diventare tristemente “eccezionale”. Per concludere con le parole di A. Sofri: «L’inadeguatezza penosa che noi stessi, individui occidentali moderni, ci trasciniamo dentro a confronto dello spettacolo pubblico di liberazione e oltranzismo e trasgressione sessuale, è la radice di quell’epidemia di omicidi-suicidi di mogli, fidanzate, figlioletti, prostitute, che sono, da noi, il fenomeno più prossimo al terrorismo kamikaze islamista. Quando aggiungeremo alla nostra chiusa frustrazione la consapevolezza che possiamo fare più rumore, passeremo anche noi forse agli autobus e alle discoteche, forse l’abbiamo già fatto […] Sempre più spesso, i favorevoli alla modernità sono moderni e tristi. I nemici della modernità sono moderni e invasati. I primi a volte commettono delitti privati, a volte i secondi scatenano guerre sante».